Oltre 230 organizzazioni, tra cui Amnesty International, hanno chiesto con una lettera congiunta ai governi coinvolti nel programma Joint Strike Fighter di interrompere immediatamente il trasferimento di armi a Israele, inclusi i caccia F-35. Nonostante l’obbligo legale di fermare le esportazioni, molti governi continuano infatti a consentire il trasferimento di componenti attraverso gli USA o partner terzi. Per questo, la società civile globale ha avviato azioni legali contro i propri governi. Negli ultimi mesi, le forze armate israeliane hanno usato gli F-35 per attaccare Gaza. Tra gli episodi più noti c’è quello del luglio 2024, quando un F-35 è stato utilizzato per bombardare la “zona sicura” di Al-Mawasi, a Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi.
La richiesta di fermare l’invio di caccia a Israele è stata inviata ieri, lunedì 18 febbraio. Ad esclusione degli Stati Uniti, sottolinea la nota, il programma Joint Strike Fighter è sottoscritto solo da Stati firmatari del Trattato sul commercio di armi (ATT), che prevede l’interruzione del commercio diretto e indiretto di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti e componenti, «qualora vi sia il rischio concreto che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto umanitario internazionale o del diritto internazionale dei diritti umani». Oltre a ciò, l’invio di caccia F-35 viola la Convenzione di Ginevra, il diritto umanitario internazionale consuetudinario e varie leggi nazionali. La lettera delle organizzazioni, inoltre, ricorda le ultime sentenze della Corte Internazionale di Giustizia: in una di esse, l’organo sancisce che, essendoci il rischio concreto che Israele stia commettendo un genocidio, Israele e gli Stati membri devono attuare misure per prevenire che venga commesso; nell’altra, la CIG definisce illegali gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e obbliga Israele a cessare l’occupazione e tutti gli Stati a non aiutarla o assisterla nella sua occupazione illegale del territorio palestinese occupato.
L’invio di armamenti verso Israele, insomma, è illegale. E per quanto riguarda gli F-35, continua la lettera, questi sono stati utilizzati diverse volte proprio per commettere crimini contro l’umanità a Gaza, che gli Stati che collaborano con Israele dovrebbero impedire che vengano commessi. Malgrado i Paesi dicano di aver fermato l’invio di armamenti verso Tel Aviv, sottolineano le organizzazioni, i Paesi partner dell’F-35 «hanno presentato una serie di posizioni incoerenti che consentono di continuare a esportare parti e componenti dell’F-35 verso Israele», finendo per consentire «i trasferimenti nell’ambito delle licenze esistenti o la fornitura “indiretta” attraverso gli Stati Uniti o altri partner dell’F-35». Per fermare il programma e l’export di armi, sono state avviate cause legali in Australia, Canada, Danimarca, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti, che in due casi – Australia e Paesi Bassi – sono culminate in processi che hanno ordinato la cessazione dell’esportazione di armamenti da parte dei governi. In Italia, la lettera è stata inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani e al ministro della Difesa Guido Crosetto. Il Paese risulta partner di secondo livello nel programma Joint Strike Fighter ed è l’unico Stato in Europa a ospitare sul proprio territorio un impianto di assemblaggio finale del caccia F-35.
[di Dario Lucisano]