venerdì 21 Febbraio 2025

Sprechi tessili e alimentari, l’UE trova l’accordo per misure vincolanti

L’Unione Europea ha compiuto significativi passi avanti per la riduzione dello spreco alimentare e dei rifiuti tessili entro il 2030. È stato infatti raggiunto l’accordo tra Parlamento e Consiglio dell’UE per modificare la direttiva quadro sui rifiuti, con l’obiettivo di tagliare del 10% i rifiuti provenienti dalla trasformazione e produzione alimentare e del 30% quelli generati nella vendita al dettaglio, nei ristoranti, nei servizi alimentari e nelle famiglie. L’accordo sancisce anche la responsabilità estesa dei produttori tessili, che dovranno pagare una tassa per contribuire alla raccolta e al trattamento dei rifiuti. Ad oggi, i Paesi membri producono ogni anno 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari e 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili.

L’accordo, che stabilisce i primi obiettivi vincolanti per la riduzione dei rifiuti alimentari a livello comunitario, prevede anche misure per facilitare la donazione volontaria di cibo invenduto ma ancora sicuro per il consumo, con la finalità di ridurre gli sprechi alimentari senza gravare inutilmente sulle imprese. Il testo si pone dunque come un tentativo di arginare questa problematica, con l’obiettivo di avvicinarsi agli impegni assunti dall’UE nell’ambito degli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Parallelamente alla riduzione dei rifiuti alimentari, il nuovo quadro normativo introduce la responsabilità estesa del produttore (EPR) per il settore tessile. I produttori e i marchi di moda saranno chiamati a pagare una tassa per contribuire al finanziamento della raccolta, dello smistamento e del riciclaggio dei rifiuti tessili. Il costo della tariffa dipenderà dal grado di sostenibilità e circolarità del design del prodotto.

Attualmente, l’UE produce 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno, di cui 5,2 milioni derivano da abbigliamento e calzature, pari a 12 kg di rifiuti tessili per persona. La revisione della direttiva punta a contrastare la fast fashion, una pratica sempre più diffusa che incoraggia il consumo rapido e l’obsolescenza precoce dei capi di abbigliamento. L’accordo prevede anche strumenti per limitare la sovrapproduzione e l’eliminazione precoce dei prodotti tessili. Gli Stati membri potranno modulare le tariffe pagate dai produttori in base alla durata di utilizzo dei prodotti tessili, incentivando la produzione di capi più durevoli e scoraggiando la moda usa e getta. Inoltre, saranno promosse politiche per incentivare il mercato dell’usato e la riparazione dei capi, evitando di imporre tasse aggiuntive ai negozi dell’usato.

Sebbene il Parlamento europeo avesse richiesto obiettivi di riduzione più ambiziosi (20% nella produzione e trasformazione alimentare e 40% per il commercio al dettaglio e le famiglie), nei negoziati ha dovuto cedere alla posizione degli Stati membri. Per questo motivo, gruppi di attivisti per la sostenibilità ambientale, come l’organizzazione Zero Waste Europe, hanno lamentato che le misure adottate non siano sufficientemente incisive, evidenziando anche l’assenza di provvedimenti per la riduzione dei rifiuti a livello di produzione. Le statistiche dell’UE, infatti, attestano che circa l’11% del cibo viene sprecato prima ancora che lasci l’azienda agricola. L’intesa provvisoria dovrà ora essere formalmente approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo prima di diventare legge. Una volta adottato il testo, gli Stati membri avranno fino a 20 mesi per aggiornare la propria legislazione nazionale. Le nuove regole sulla responsabilità estesa dei produttori tessili entreranno in vigore 30 mesi dopo l’adozione della direttiva, con una proroga di un anno per le microimprese.

Ogni anno nell’UE vengono generate circa 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, con una perdita pari a circa 132 miliardi di euro all’anno. Come dimostrano i dati elaborati dall’Osservatorio Waste Watcher, solo in Italia la media dello spreco giornaliero di cibo di ciascun cittadino nel 2025 è pari a 88,2 grammi, che si trasformano in oltre 600 grammi alla settimana. Moltiplicato per 60 milioni circa di italiani, i numeri diventano impressionanti. Ancor di più se a queste si aggiungono gli sprechi dell’intera filiera alimentare, che raggiunge 4,513 milioni di tonnellate ogni anno. Insieme ad essi c’è poi la perdita economica: 130,71 euro pro capite ogni anno, o 14,1 miliardi di euro complessivamente, 8,42 miliardi provenienti solamente dalle nostre case.

[di Stefano Baudino]

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