Migliaia di persone sono scese ieri in piazza per protestare contro l’ormai noto disegno di legge 1660. La mobilitazione, chiamata dalla Rete No DDL Sicurezza – A Pieno Regime e condivisa da decine di realtà locali e nazionali, ha coinvolto il Paese da nord a sud con presidi e cortei. «Zone rosse, sgomberi e sfratti, daspo e guerra ai poveri. Nelle nostre città e nelle nostre periferie il ddl Sicurezza è già operativo, con la repressione del dissenso e la persecuzione delle classi popolari trasformate in classi pericolose», si legge nel comunicato della Rete. Decreto Caivano, complicità col genocidio in Palestina, deportazioni in Albania, caso Almasri sono gli altri temi che hanno accompagnato la critica al governo Meloni. Il corteo capitolino ha unito la contestazione all’esecutivo al ricordo di Valerio Verbano, il diciottenne ucciso nel 1980 da un gruppo di neofascisti romani.
A Venezia gli attivisti della Rete No DDL Sicurezza – A Pieno Regime sono saliti sul tetto della stazione S. Lucia, una delle zone rosse istituite per il periodo di Carnevale, e srotolato uno striscione eloquente: «Diamo il DASPO a questo governo». A Milano, dove ha sfilato uno dei cortei più numerosi della giornata, non sono mancati i cori per la Palestina e in memoria di Ramy Elgaml. Il serpentone napoletano ha attraversato il cuore della città e nei pressi della sede di Fratelli d’Italia è stata mostrata un’immagine ritraente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni col criminale Najeem Osema Almasri Habish, con su scritto «complici di tortura».
Il disegno di legge 1660 è stato approvato dalla Camera a settembre scorso e trasmesso al Senato, dove è stato ribattezzato ddl 1236. La sostanza – quella di una misura altamente repressiva – non cambia. Tra gli articoli più controversi figurano l’articolo 11, che trasforma in reato (da illecito amministrativo) il blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo, punibile con un mese di carcere. La pena aumenta a un periodo tra sei mesi e due anni se il blocco è commesso da più persone riunite. Un assalto ai picchetti operai che negli ultimi mesi, soprattutto nel settore della logistica, stanno scaldando piazze e luoghi di lavoro per tutelare i propri diritti. Un esempio è la mobilitazione organizzata dai Cobas nei magazzini GLS campani. Nel mirino dell’articolo 11 finiscono anche i blocchi stradali operati dai movimenti ecologisti.
Non solo operai e ambientalisti. Il ddl Sicurezza – ribattezzato ddl Paura dalla Rete A pieno regime – colpisce anche chi manifesta contro le grandi opere, come il Tav o il Ponte sullo Stretto. L’articolo 19 introduce infatti un’aggravante al reato di ostruzione della realizzazione di opere pubbliche o infrastrutture, aumentando le pene di due terzi quando “violenza o minaccia” vengono utilizzate per impedire la realizzazione di opere pubbliche o infrastrutture strategiche. A essere presi di mira dal disegno di legge non sono solo i movimenti sociali organizzati, ma anche migranti, detenuti e persone accusate di reato, per una misura che criminalizza e discrimina, spacciando agli elettori la repressione per sicurezza.
[di Salvatore Toscano]