I cibi ultra-processati sono alimenti industriali altamente lavorati e trattati con sostanze e additivi come conservanti, emulsionanti, coloranti, aromi, zuccheri e sali. Si tratta di alimenti relativamente economici, molto appetibili e, soprattutto, già pronti per essere consumati o cucinati. Li scegliamo spesso quando desideriamo “qualcosa di buono” che ci faccia sentire meglio. Tuttavia, non si tratta solo di dolciumi e snack: questi cibi includono anche alcuni alimenti che oggi costituiscono la base della dieta standard in quasi tutti i Paesi occidentali e industrializzati. Essi contribuiscono a creare un modello alimentare che gli studiosi considerano responsabile di una dieta povera, ossia priva di nutrienti e sostanze fondamentali per il benessere dell’organismo. Le diete povere di nutrienti e basate sui cibi ultra-processati sono oggi la causa primaria di morte prematura per gli esseri umani. La mole di ricerche scientifiche su questo tema è assolutamente solida: più cibi ultra-processati si consumano, maggiore è il rischio di morte prematura, cancro, infarto, ictus, malattie infiammatorie come il morbo di Crohn, diabete di tipo 2, patologie mentali come ansia e depressione, e infine demenza e malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.
La lavorazione eccessiva dei cibi industriali riduce drasticamente i micronutrienti (vitamine, minerali, antiossidanti, fibre), al punto che le diete moderne, pur favorendo l’insorgenza di sovrappeso e obesità, possono anche causare malnutrizione. Questo problema non riguarda soltanto i Paesi a basso reddito. Nel Regno Unito, ad esempio, i bambini di 5 anni non solo sono tra i più obesi d’Europa, ma risultano anche significativamente più bassi rispetto ai loro coetanei danesi e olandesi: oltre cinque centimetri di differenza. I bambini danesi e olandesi, inoltre, vantano uno dei più bassi tassi di obesità tra le nazioni sviluppate.
Cibi ultra-processati e tumori
Tra le patologie più strettamente correlate a una dieta basata su cibi ultra-processati rientrano quelle tumorali. Un recente studio scientifico accusa pesantemente questi prodotti industriali ricchi di additivi e conservanti: aumentano il rischio di sviluppo di tumori e il tasso di mortalità correlata, in particolare per quanto riguarda il tumore delle ovaie, della mammella e del cervello. Questi risultati provengono da una ricerca condotta da un gruppo di studiosi dell’Imperial College di Londra e pubblicata il 31 gennaio 2023 sulla rivista scientifica eClinical Medicine.
Lo studio ha coinvolto un campione di oltre 500.000 partecipanti del Regno Unito (di età compresa tra i 40 e i 69 anni), monitorati per le loro abitudini alimentari tra il 2009 e il 2012 in modo dettagliato, e seguiti fino al 31 gennaio 2021 per valutare l’andamento del loro stato di salute, con particolare attenzione allo sviluppo di tumori e ai decessi correlati. I prodotti alimentari consumati sono stati classificati in base al grado di lavorazione, da semplici e poco lavorati (ad esempio, pomodoro crudo) a mediamente o ultra-processati (ad esempio, salse di pomodoro, pizza surgelata).

Come avviene in questo tipo di studi, i dati e i risultati sono stati aggiustati per tenere conto delle caratteristiche socio-demografiche di base, dell’abitudine al fumo, dell’attività fisica, dell’indice di massa corporea, del consumo di alcol e dell’apporto energetico totale. In altre parole, i risultati finali sono stati calcolati escludendo l’influenza di fattori cosiddetti “confondenti”, standardizzati per garantire una maggiore omogeneità all’interno del gruppo di studio.
Il consumo medio di alimenti ultra-processati rappresentava il 22,9% della dieta totale. Durante un periodo medio di monitoraggio di circa 10 anni, 15.921 individui hanno sviluppato il cancro e sono stati registrati 4009 decessi correlati alla malattia.
I ricercatori affermano che «vi sono crescenti preoccupazioni per i potenziali effetti nocivi sulla salute degli alimenti ultra-trasformati, alimenti che sono formulazioni industriali realizzate assemblando sostanze alimentari di derivazione industriale e additivi alimentari attraverso una sequenza di processi industriali estensivi. Gli alimenti ultra-processati contengono poco o niente del cibo intero di origine e sono spesso densi di energia, ricchi di sale, zucchero e grassi nocivi, poveri di fibre e soggetti a un consumo eccessivo. Sono commercializzati in modo aggressivo con marchi forti per promuovere il consumo e stanno gradualmente sostituendo i modelli dietetici tradizionali basati su alimenti freschi e minimamente trasformati. Oltre alla loro composizione nutrizionale più povera, gli alimenti ultra-processati possono inoltre aumentare il rischio di cancro attraverso contaminanti potenzialmente cancerogeni che si generano durante la lavorazione industriale, attraverso l’uso di alcuni additivi alimentari controversi e alcuni materiali di imballaggio caratterizzati dall’avere proprietà cancerogene e/o di interferenza con gli ormoni del corpo umano».
Affermano inoltre che in letteratura medico-scientifica si stanno accumulando prove sul forte potenziale di promozione – da parte degli alimenti ultra-processati – di obesità e diabete di tipo 2, ed entrambe queste condizioni sono a loro volta fattori di rischio per molti tumori, compresi quelli dell’apparato digerente e di alcuni tumori correlati agli ormoni nelle donne.
Sebbene un nesso di causalità netto e incontrovertibile non possa essere stabilito, a causa della natura osservazionale dello studio, e degli studi di questo tipo in generale, questi risultati sottolineano comunque l’importanza di considerare il grado di trasformazione degli alimenti nella dieta. Suggeriscono, inoltre, che sarebbe sempre opportuno, a scopo precauzionale, evitare di seguire diete e regimi alimentari basati in larga misura sul consumo di cibi industriali altamente lavorati. Come sempre, la chiave risiede nell’equilibrio: il consumo occasionale e sporadico di cibi ultra-lavorati può essere accettabile, ma deve rimanere l’eccezione all’interno di una dieta composta il più possibile da alimenti naturali, di stagione e minimamente processati.
Come riconoscerli
La prima cosa che ci viene in mente pensando a questi cibi sono le porzioni ipercaloriche in formato XXL tipiche delle catene di fast food americani, che rappresentano un perfetto prototipo di cibo ultra-processato, oltre a costituire una vera enciclopedia di additivi. Negli Stati Uniti, ad esempio, le patatine del McDonald’s contengono ben 19 ingredienti, mentre in Italia “solo” 9 (si fa per dire: restano comunque un alimento ultra-processato, per evitare fraintendimenti). Anche il classico panino del McDonald’s contiene circa 20 ingredienti.
Ma i cibi ultra-processati non si limitano solo a questi esempi. Purtroppo, sono molto più diffusi di quanto si pensi, anche nella dieta media degli italiani. Alcuni di questi alimenti si trovano persino nelle dispense di persone che si considerano salutiste e attente all’alimentazione. Partiamo da un dato di base: sono considerati cibi ultra-processati tutti gli alimenti confezionati che hanno subìto molteplici processi di trasformazione industriale. Questi processi industriali modificano i cibi essenzialmente in tre modi:
- Sottrazione di sostanze: privano gli alimenti di nutrienti fondamentali, come nel caso dei cereali raffinati o dei cibi pastorizzati.
- Aggiunta di sostanze: includono additivi, conservanti, coloranti, aromi, esaltatori di sapidità, sale, zuccheri e altre sostanze artificiali.
- Modifica della struttura chimica dell’alimento: alterano la composizione chimica attraverso processi come cottura, estrusione, idrogenazione, modifica chimica dell’amido e alterazione delle proteine.
Inoltre, a causa di queste modifiche e trattamenti industriali, tali cibi possono creare dipendenza, in modo simile a sostanze come il tabacco o l’alcol. Questo fenomeno è stato dimostrato da una ricerca pubblicata sul British Medical Journal.
Rientrano nella categoria dei cibi ultra-processati alcuni prodotti notoriamente poco salutari, tra cui:
- Patatine;
- Merendine confezionate;
- Caramelle gommose e cioccolatini industriali;
- Biscotti e dolci industriali;
- Bevande energetiche;
- Bevande zuccherate;
- Molti prodotti da fast food;
- Pesce e carne trasformati come polpette, wurstel, spinacine, cordon bleu o bastoncini di pesce;
- Salse e condimenti industriali come maionese, maionese vegana, ketchup, salsa barbecue;
- Pizze surgelate;
- Creme spalmabili incluse quelle vegane o plant-based;
- Noodles e cibi pronti in barattolo da scaldare con l’aggiunta di acqua calda.
Sono processati e ultra-processati anche alimenti insospettabili, spesso consigliati dai nutrizionisti nelle diete o pubblicizzati in TV e sulle riviste come sani e naturali. Sebbene siano alimenti con poche calorie, rimangono comunque poco salutari, poiché hanno subìto lunghe e ripetute lavorazioni industriali. Ecco alcuni esempi:
- Gallette di riso o di altri cereali ;
- Fette biscottate;
- Crackers
- Cereali in fiocchi per la colazione come i cornflakes;
- Barrette ai cereali e barrette sostitutive dei pasti:
- Fiocchi di mais glassati e cereali zuccherati per la colazione;
- Pane in cassetta confezionato anche nella versione integrale;
- Yogurt alla frutta zuccherati e aromatizzati in particolare quelli magri o light;
- Purè di patate istantaneo;
- Polenta istantanea;
- Sughi pronti salvo rare eccezioni;
- Chips di legumi;
- Zuppe o minestre istantanee;
- Succhi di frutta industriali e confezionati;
- Vegan burger o prodotti simili;
- Omogeneizzati e merende per neonati;
Imparare a leggere l’etichetta
Quando si fa la spesa, bisognerebbe tenere a mente una regola fondamentale: meno ingredienti sono presenti sull’etichetta, più è probabile che il prodotto sia salutare. Al contrario, quando ingredienti e additivi si moltiplicano, aumenta la probabilità che si tratti di un cibo nocivo. Esistono inoltre sostanze, additivi e ingredienti specifici che caratterizzano in modo inequivocabile i prodotti ultra-processati. La loro presenza in etichetta è un chiaro indizio del fatto che ci si trovi di fronte a un alimento ultra-processato.
Tra questi i più comuni sono: aromi, amido modificato, emulsionanti come carragenina (E407) o mono e digliceridi degli acidi grassi (E471), fosfati (fosfato di calcio, difosfato di sodio), estratto di lievito, estratto di malto d’orzo, dolcificanti, zucchero e succhi concentrati d’uva o di mela, glutine, destrosio, sciroppo di glucosio, fruttosio, conservanti come nitriti e nitrati, amido di frumento o di mais, coloranti, gomma di Gellano e gomma di Xantan.
Particolare attenzione merita l’amido modificato, spesso presente in alimenti considerati sani e leggeri, come yogurt light alla frutta, maionesi vegane, yogurt probiotici e salmone vegano. Gli amidi modificati sono utilizzati dall’industria alimentare per garantire una maggiore conservazione dei prodotti e migliorarne densità e cremosità, grazie al loro effetto addensante. Risultano preferiti rispetto agli amidi naturali, come quello di riso o di patata, poiché offrono una maggiore resistenza al calore, trattengono meglio l’acqua e si adattano meglio ai processi di produzione degli alimenti trasformati.
Con il termine “amido modificato” si identificano ben 12 additivi diversi, spesso indicati in etichetta con le seguenti sigle: E1404, E1410, E1412, E1413, E1414, E1420, E1422, E1440, E1442, E1450, E1451, E1452.

Alcuni tipi di amido modificato non sono autorizzati negli alimenti per l’infanzia, poiché possono contenere residui di una sostanza chiamata PCM (propilene cloroidrina), nota per essere mutagena, ossia capace di modificare il DNA e causare danni. È il caso, ad esempio, dell’E1442, che tuttavia si trova in alcuni yogurt da supermercato, i quali potrebbero essere consumati inconsapevolmente anche dai bambini.
Infine, l’aggiunta di amidi modificati aumenta inutilmente il contenuto calorico degli alimenti e ne riduce la genuinità e il valore nutritivo. Questo accade perché, essendo un amido, contiene molecole di glucosio. Tutti gli amidi, infatti, sono costituiti da agglomerati di molecole di glucosio, ovvero zucchero. Questo principio vale sia per gli amidi naturali, presenti nel riso, nelle patate o nel grano, sia per quelli chimicamente modificati dall’industria.
Come l’amido naturale, anche quello modificato contiene molte calorie, ma è privo dei fattori nutrizionali – come vitamine, proteine e minerali – che sarebbero invece presenti nella materia prima che va a sostituire. L’industria alimentare utilizza amidi modificati principalmente per il loro effetto addensante, nei casi in cui i prodotti risultano poco densi per la rimozione di alcune materie prime o perché si decide di non utilizzarle (ad esempio burro o panna). Per esempio, l’aggiunta di amido modificato allo yogurt alla frutta consente di ridurre i grassi del latte di partenza, diminuendo così il contenuto di vitamine e minerali normalmente presenti nel grasso del latte.
Non a caso, gli amidi modificati sono spesso aggiunti agli alimenti light per mantenere le qualità organolettiche – come sapore e con sistenza cremosa – nonostante la riduzione dei nutrienti. Questo crea nel consumatore l’illusione di acquistare un prodotto più leggero e salutare, etichettato come light, ma che in realtà contiene un numero di calorie simile a quello dello yogurt da latte intero. Con l’aggravante, però, di aver perso tutte le vitamine liposolubili presenti nel grasso del latte, quali A, D, E e K.

Un’altra categoria di prodotti in cui viene impiegato l’amido modificato è quella dei noodles istantanei, ormai molto diffusi e apprezzati specie dai più giovani. Tuttavia, non si può certo affermare che si tratti di un alimento di qualità, data la presenza di numerosi additivi, tra cui olio di palma, glutammato, maltodestrine, aromi, zucchero e persino coloranti. L’amido modificato viene largamente utilizzato dall’industria alimentare anche per la produzione di salse e maionese, come il ketchup e altri tipi di condimenti industriali. Questo additivo è spesso presente anche nei sughi pronti da supermercato, nei budini e nella pasticceria industriale di bassa qualità, soprattutto nella preparazione di creme.
Infine, l’amido modificato non viene utilizzato nella produzione di alimenti biologici. In questi prodotti si preferisce impiegare esclusivamente amidi naturali (come quelli di riso o mais) o addensanti naturali, quali la fecola di patate e simili. Gli amidi modificati ottenuti da mais OGM o altri alimenti geneticamente modificati sono espressamente vietati nelle produzioni bio.
[di Gian Paolo Usai]
Grazie per la conferma di quanto da anni pratico nella mia “nutrizione”