È stata una giornata all’insegna di attacchi e violazioni israeliane quella di ieri, domenica 24 febbraio. Per la prima volta in vent’anni, l’esercito dello Stato ebraico è entrato con i carri armati a Jenin, nella Cisgiordania occupata, nel segno di un ampliamento della cosiddetta “operazione Muro di Ferro” che dovrebbe portare a un’invasione militare di almeno un anno. Nel frattempo, a Gaza, Hamas ha consegnato gli ultimi sei israeliani nelle proprie mani, portando a termine gli oneri previsti dalla fase 1 dell’accordo di cessate il fuoco e ricevendo in cambio il mancato rilascio di 620 prigionieri palestinesi, motivato dalle presunte «umilianti cerimonie» che il gruppo palestinese riserverebbe ai propri ostaggi. Non contenta, l’aviazione israeliana ha bombardato il sud del Libano, violando così l’accordo di cessate il fuoco anche con Hezbollah; l’attacco avrebbe preso di mira un sito di stoccaggio di armi ed è avvenuto in concomitanza con la celebrazione dei funerali del defunto leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ucciso lo scorso settembre dallo Stato ebraico.
L’intensificazione degli attacchi in Cisgiordania è stata annunciata dal governo israeliano. Il quotidiano israeliano Times of Israel riporta che il ministro della Difesa di Tel Aviv, Israel Katz, ha detto di aver incaricato l’IDF di rimanere nei campi profughi della regione per un anno, ripulendoli dai «terroristi» e non permettendo a nessuno di tornare nelle proprie abitazioni. Altri media israeliani, inoltre, citano fonti vicine al primo ministro secondo cui l’esercito intenderebbe creare ampi corridoi a Tulkarem e Jenin per consentire la libera circolazione delle proprie forze e per velocizzare lo schieramento di mezzi pesanti. Il politico palestinese Mustafa Barghouthi ha affermato che, dopo la giornata di ieri, Israele ha dato avvio alla più vasta operazione militare su territorio cisgiordano dal 2002. Per ora, sembrerebbe che i carri armati siano entrati solo nella città di Jenin, anche se i media israeliani scrivono che presto potrebbero essere schierati altrove. Nella stessa Jenin pare che i soldati israeliani abbiano bloccato gli ingressi alla città con cumuli di terra. A Qabatiya, a sud di Jenin, è stato imposto un coprifuoco, e la stessa città è stata oggetto di raid della fanteria israeliana, che è arrivata anche nelle adiacenti al-Yamoun e Burqin.
In generale, dal lancio dell’operazione “Muro di Ferro” lo scorso gennaio, gli attacchi israeliani proseguono in tutta la Cisgiordania. Le città più colpite sono Jenin e Tulkarem, in cui Israele ha portato avanti un piano di demolizione con mezzi pesanti, come bulldozer, causando uno sfollamento di massa dei palestinesi. Ad oggi, il numero di sfollati si aggira attorno ai 40.000 residenti, provenienti dai campi profughi di Jenin, Tulkarem, Nur Shams e Far’a. Dal lancio dell’operazione “Muro di Ferro”, Israele ha ucciso almeno 70 palestinesi, ma le ultime stime risalgono all’inizio di febbraio e rischiano di nascondere numeri molto più alti. Stando agli ultimi dati, oltre 150 case sono state completamente distrutte nel campo di Jenin e nei suoi dintorni, diverse strade e infrastrutture sono state danneggiate, quattro ospedali sono rimasti senz’acqua e la città si trova ad affrontare una grave crisi umanitaria a causa di un blocco dei rifornimenti: l’ANP riporta che il 50% di Jenin risulta senza acqua, cibo ed elettricità.
Mentre a Jenin l’esercito israeliano dispiegava carri armati, a Gaza la tregua è entrata in una fase di stallo. Dopo il mancato scambio, infatti, il leader di Hamas, Mahmoud Mardawi, ha annunciato che il gruppo palestinese non si impegnerà in ulteriori discussioni sul cessate il fuoco finché Israele non rilascerà i 620 palestinesi che avrebbero dovuto essere liberati sabato. Il portavoce di Hamas ha affermato che il gruppo mantiene aperti i canali con i mediatori egiziani e qatarioti, mentre oggi gli alti funzionari dell’Unione Europea incontreranno il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar nella capitale belga, Bruxelles. Parallelamente, proseguono le violazioni degli accordi anche in Libano. Ieri, in occasione dei funerali del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, tenutisi a Beirut, l’aviazione israeliana ha lanciato un bombardamento nel sud del Libano, dove, in teoria, dovrebbe essere ristabilita l’area demilitarizzata. Nella stessa Beirut, Israele ha inviato una squadra di aerei da combattimento che hanno sorvolato la capitale libanese. «Non c’è limite al fondo», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, accusando Israele di aver violato la sovranità libanese.
[di Dario Lucisano]