A tre anni dall’inserimento della tutela degli animali nella Costituzione italiana, il bilancio legislativo attuale è tutt’altro che in linea con i nuovi principi fondamentali. Legambiente ha analizzato l’attività legislativa tra il 2022 e il 2024, evidenziando che solo 91 atti su 617 approvati hanno riguardato gli animali. Di questi, quasi l’80% non ha rispettato il principio costituzionale. Per gli animali d’affezione, un terzo delle leggi approvate (33,33%) ha portato miglioramenti. Per gli animali da reddito, solo il 18,82% delle leggi approvate è stato positivo, mentre il 71,79% non ha preso in considerazione la nuova normativa costituzionale e il 15,38% ha peggiorato la tutela. Ancora peggio per gli animali selvatici, con solo il 16,67% degli atti legislativi che ha migliorato la loro protezione, mentre il 69,44% è rimasto neutrale e il 13,89% ha avuto effetti negativi.
L’analisi di Legambiente analizza la produzione legislativa relativa agli animali, dopo tre anni dall’inserimento della tutela della biodiversità tra i principi fondamentali della Costituzione nell’articolo 9. Il problema che evidenzia Legambiente, è che, oltre alla scarsa produzione legislativa sulla questione («appena il 14,75%», scrive l’associazione), la quasi totalità dei già pochi atti approvati non rispetta il nuovo principio costituzionale introdotto nel 2022. In particolare, sostiene l’associazione ambientalista, il 67,12% degli atti legislativi non avrebbe tenuto conto di questa novità costituzionale e il 12,33% sarebbe «andato addirittura contro» i suoi principi, peggiorando la tutela per gli animali». La percentuale di provvedimenti approvati che vanno nella direzione indicata dall’art. 9 della Costituzione è del 20,55%. Il fatto, continua Legambiente, è che quasi tutte le proposte e i disegni di legge figurano in stallo, specialmente quelli migliorativi.
«Con questa analisi, Legambiente vuole lanciare un chiaro invito a Governo e Parlamento per il rispetto del principio costituzionale in fatto di tutela degli animali, superando i ritardi accumulati in questi tre anni per la sua concreta attuazione e sbloccando l’iter delle diverse proposte di legge migliorative in stallo alla Camera e al Senato», si legge nel comunicato. In particolare, Legambiente chiede che vengano approvate tre misure legislative fondamentali: in primo luogo l’associazione chiede che venga inserito il delitto di bracconaggio nel Codice penale, con pene da tre a sei anni di reclusione, «estendendo la sanzioni anche ai traffici di specie protette, come previsto dalla direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente»; successivamente, chiede che i prodotti di origine animale che provengono da allevamenti più rispettosi del benessere degli animali possano dotarsi dell’etichetta «Cage Free»; infine, chiede che le cure veterinarie vengano rese accessibili a tutti, «attraverso un Piano nazionale, approvato in Conferenza Stato-Regioni, per l’assunzione di veterinari pubblici».
[di Dario Lucisano]