Dopo la manifestazione contro il DDL 1660 svoltasi domenica scorsa, che ha coinvolto varie piazze in tutta Italia, a Terni un giovane militante del partito Potere al Popolo è stato fermato, identificato e perquisito dopo che è stata trovata in suo possesso una bandiera della Palestina. A denunciare quanto avvenuto è il partito stesso, che riporta come, dopo che il giovane è stato condotto negli uffici della PolFer perchè gli fosse ispezionato lo zaino, è stato anche denunciato per resistenza a pubblico ufficiale, che tuttavia non sarebbe mai avvenuta. «Questo episodio inaccettabile conferma il clima repressivo che si respira in tutto il Paese», denuncia il partito in un comunicato.
Il giovane si trovava alla stazione per rientrare a casa propria, a Perugia, dopo aver preso parte alla manifestazione contro il DDL 1660 a Terni, «determinata ma festosa e pacifica». Come riportato sul verbale, è stato denunciato per reati di cui all’art. 337, ovvero resistenza a pubblico ufficiale, che tuttavia non si sarebbe mai verificata, stando a quanto scritto da Potere al Popolo. Se quanto accaduto venisse confermato non si tratterebbe del primo caso di repressione in relazione a proteste e rivendicazioni a favore della Palestina: a partire dal 7 ottobre 2023, infatti, a fronte del moltiplicarsi delle iniziative di protesta contro il genocidio a Gaza e la complicità del governo italiano con quello israeliano, sono stati numerosi i tentativi di impedire le manifestazioni di dissenso. Uno tra tutti è stato il divieto del Viminale di scendere in piazza in vista dell’anniversario dell’aggressione israeliana in Palestina, lo scorso anno – prontamente ignorato da comitati e studenti.
La manifestazione di domenica 23 febbraio si è svolta nell’ambito della mobilitazione chiamata dalla Rete No DDL Sicurezza – A Pieno Regime e condivisa da decine di realtà locali e nazionali. Al centro della protesta vi era il cosiddetto DDL Sicurezza, in discussione ora in Parlamento, che introduce una lunga serie di misure volte a soffocare il dissenso. Tra gli articoli più controversi vi è, per esempio, l’art. 11, che trasforma in reato (da illecito amministrativo) il blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo, punibile con un mese di carcere, e aggrava la pena se il blocco è commesso da più persone riunite – una misura volta a colpire in particolare i picchetti operai, moltiplicatisi negli ultimi mesi, e i blocchi stradali operati dai movimenti ecologisti. Il decreto colpisce anche chi manifesta contro le grandi opere, come il TAV o il Ponte sullo Stretto (art. 19), oltre ad aumentare i poteri dei servizi segreti, criminalizzare l’intera filiera di produzione della canapa e molto altro.
Oltre al decreto Sicurezza, al centro delle proteste di domenica scorsa vi erano anche il decreto Caivano, la complicità del governo col genocidio in Palestina, le deportazioni in Albania e il caso Almasri. «Come abbiamo ribadito alla manifestazione, se qualcuno pensa di poter limitare il nostro diritto a manifestare con atti di intimidazione e repressione poliziesca ha capito male. Torneremo presto a riempire le strade della nostra città con le nostre bandiere, le nostre grida e la nostra determinazione» commenta Potere al Popolo.
[di Valeria Casolaro]
Se un governo appoggia altri governi che sono fascisti, per la regola transitiva…