Nelle scorse settimane, il Tribunale di Roma ha respinto la class action di 104 cittadini contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, dichiarandola inammissibile e imponendo ai ricorrenti il pagamento di oltre 340mila euro di spese legali: per questo motivo, gli attivisti No Ponte hanno lanciato una raccolta fondi, appellandosi alla solidarietà e al sostegno della società civile. Nella class action, i cittadini contestavano alla Società Stretto di Messina la violazione di diligenza, correttezza e buona fede nel portare avanti il progetto, ritenuto privo di interesse strategico e non fattibile a livello ambientale, strutturale ed economico. I giudici hanno stabilito che l’azione non è giustificata, poiché non esisterebbero danni ambientali evidenti e la società starebbe agendo secondo la legge. A suscitare indignazione non è stato solo il rigetto del ricorso, ma in particolare l’entità delle spese imposte ai ricorrenti. Gli attivisti hanno infatti denunciano l’assenza di una chiara spiegazione su come sia stata calcolata la cifra, sottolineando come una condanna di questa portata sia senza precedenti nella giurisprudenza italiana.
Nello specifico, l’obiettivo dei comitati è quello di alleviare il peso economico sui ricorrenti, incamerando risorse per continuare a difendere il territorio. Il ricorso degli attivisti mirava a bloccare la realizzazione del Ponte e a chiedere l’annullamento del decreto con cui il governo ha rilanciato il progetto. «Per essersi opposte a tutto questo 104 persone, parte la grande comunità del movimento no ponte di Calabria e Sicilia, sono state condannate a pagare 340 mila euro alla Società Stretto di Messina Spa. La stessa Società che, da quando è stata fondata nel 1981 ad oggi, è già costata a tutte e tutti noi oltre €300 milioni di euro – si legge nel testo della petizione che accompagna la raccolta fondi, pubblicata sul portale online Produzioni dal basso. Mentre il nostro territorio è minacciato da cantieri infiniti, le risorse destinate a opere essenziali, come quelle del Fondo di Coesione e Sviluppo, vengono dirottate per finanziare questa follia, ci troviamo di fronte a un tentativo evidente di colpire chi si mobilita per difendere lo Stretto». Al momento, la somma raccolta è ancora distante dall’obiettivo, ma l’iniziativa mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a garantire il diritto alla giustizia per tutti, senza discriminazioni economiche. Nel frattempo, gli attivisti hanno impugnato la sentenza e il 30 giugno la Corte d’Appello delle Imprese di Roma sarà chiamata a discutere il caso. Nel frattempo, il verdetto resta esecutivo e i 340mila euro devono essere versati.
Il progetto del Ponte sullo Stretto continua a dividere. I sostenitori lo vedono come un volano per lo sviluppo del Mezzogiorno e il potenziamento delle infrastrutture nazionali. Gli oppositori sollevano invece dubbi sulla sostenibilità economica e ambientale dell’opera, definendola una priorità mal posta rispetto a problemi infrastrutturali più urgenti, come il miglioramento della rete ferroviaria. A metà gennaio, era arrivato un nuovo ostacolo per il progetto, con l’accoglimento da parte del TAR del Lazio del ricorso dei comuni di Reggio Calabria e Villa San Giovanni – che avevano contestato che i loro pareri non fossero stati considerati nel processo decisionale – contro l’ok del Ministero dell’Ambiente all’opera. Ai Comuni è stato infatti consentito di presentare nuovi documenti sui possibili impatti ambientali del Ponte. Il Ministero dei Trasporti e la società Stretto di Messina avevano chiesto l’inammissibilità del ricorso, ma il TAR ha deciso di esaminarlo nel merito.
[di Stefano Baudino]
non pagate niente a ste m***e, fate ricorso