sabato 1 Marzo 2025

Turchia e curdi aprono alla pace: il PKK conferma la tregua, Erdogan parla di occasione storica

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha annunciato che «rispetterà pienamente l’appello del leader Öcalan» e ha dichiarato il cessate il fuoco a partire da oggi, 1° marzo. Per quanto riguarda la richiesta di dissoluzione, il PKK ha chiesto alla Turchia garanzie di sicurezza e ha lanciato un congresso da svolgersi sotto la guida dello stesso Öcalan, di cui ha chiesto la scarcerazione. Il partito curdo era l’ultima delle parti chiamate direttamente o indirettamente in causa a dover rilasciare una dichiarazione sulle parole di Öcalan. Le forze curde del Rojava (il cosiddetto “Kurdistan siriano”) hanno accolto positivamente l’appello del leader del PKK, sottolineando comunque che esso «non è rivolto a noi», mentre il presidente turco Erdoğan ha definito quella fornita da Öcalan una «opportunità storica» per costruire una Turchia più «inclusiva». Con l’annuncio del PKK, sembra aprirsi la strada per il più grande tentativo di riconciliazione di sempre in quella che è una delle più longeve lotte per la liberazione degli ultimi decenni.

L’annuncio del PKK è arrivato questa mattina. Da oggi, si legge nel comunicato, le forze curde affiliate al partito non attaccheranno se non in risposta a un’offesa. Il gruppo ha anche accettato la convocazione di un congresso per la dissoluzione, ma a solo a condizione che Öcalan, definito l’unico in grado di guidare la regione verso la pace, venga scarcerato. Affinché il processo finale di integrazione abbia successo, invece, il PKK chiede garanzie di sicurezza, di «politiche democratiche», e «giuridiche». La risposta del partito curdo segue l’apertura dei dialoghi politici tra le varie fazioni turche. Erdoğan ha accolto positivamente l’accordo, sostenendo che «un Paese senza terrorismo» sarebbe una vittoria per tutti i suoi abitanti, «turchi, curdi, arabi, alauiti o sunniti» che siano. Ha poi affermato che «non perdonerà» chiunque conduca questo nuovo processo di pace «verso un vicolo cieco», minacciando una dura risposta. Il portavoce del partito di Erdoğan, Ömer Çelik, invece, è sembrato più scettico circa la possibilità di trattare con i «terroristi» e ha chiesto che «indipendentemente dal nome PKK, YPG, YPJ, SDF, tutti gli elementi e le estensioni dell’organizzazione terroristica in Iraq e Siria dovrebbero deporre le armi e dissolversi».

Le stesse Forze Democratiche Siriane (SDF), alleanza che comprende le forze curde attive nel Rojava (YPG e YPJ), hanno accolto positivamente l’appello di Öcalan. Il leader delle SDF, il curdo Mazloum Abdi, ha detto che le parole del leader del PKK aprono a una prospettiva di «pace e sicurezza per tutta la regione», ma ha chiarito che la richiesta di deporre le armi «è rivolta al PKK e non a noi». In questo momento, le SDF sono in aperta trattativa con il nuovo governo siriano e sembrano avere trovato un accordo per entrare a far parte dell’esercito del Paese. La notizia è stata confermata da diversi media curdi, ma manca ancora la conferma dal leader del nuovo governo siriano, Al-Jolani. Non sono noti i dettagli degli accordi.

L’annuncio del cessate il fuoco unilaterale del PKK rischia di segnare una svolta storica in quello che risulta essere uno dei conflitti interni più lunghi degli ultimi anni. Il conflitto tra Turchia e popolo curdo va avanti da 40 anni e ha causato circa 55.000 morti. Esso ha ampie ripercussioni sull’intera regione mediorientale, e in particolare sulla Siria, dove dodici anni fa è iniziata la rivoluzione del Rojava con la rivolta della città di Kobane. Il Kurdistan è infatti una regione montuosa compresa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. I curdi costituiscono il più vasto popolo senza nazione al mondo (sono circa 30 milioni) e non sono riconosciuti dalla Turchia, che fino agli anni ’90 li chiamava “turchi di montagna“. In questo, le stesse parole di Erdoğan, che ha parlato esplicitamente di “curdi”, segnano un simbolico passo avanti verso il riconoscimento della maggiore minoranza etnica al mondo. Resta comunque da vedere quali saranno i risvolti pratici delle dichiarazioni turche, e se il presidente non si limiterà alle sole parole: l’ultima volta che si era andati così vicini a una pace è stata nel 2013, quando Öcalan aveva annunciato il cessate il fuoco con la Turchia e il ritiro dei guerriglieri del PKK dal territorio turco. In seguito a tale annuncio vennero avviate delle trattative di pace, poi arenatesi nel 2015, evento che portò all’isolamento dello stesso Öcalan e a una nuova chiusura da parte turca, con il rilancio della repressione del popolo curdo.

[di Dario Lucisano]

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