Il governo Meloni ha impugnato la legge della Regione Toscana sugli affitti brevi, che permette ai Comuni con più di 50 mila abitanti e a maggiore densità turistica di adottare delle limitazioni agli affitti brevi al fine di tutelare il diritto alla casa per tutti e frenare la crescita dei prezzi per gli affitti residenziali. La legge regionale era stata approvata al culmine di un compromesso bipartisan. Secondo Palazzo Chigi, la norma toscana si pone «in contrasto con la normativa statale ed europea in materia di libertà di impresa, concorrenza, ordinamento civile e penale, tutela del patrimonio culturale e professioni» e violerebbe quindi diversi articoli della Costituzione. L’esecutivo, inoltre, contesta un’altra misura regionale, che impedisce ai proprietari di immobili con destinazione d’uso residenziale a usare tali attività con fini ricettivi. Ora dovrà la Corte Costituzionale è chiamata a esprimersi.
L’impugnazione della legge toscana sul turismo è arrivata venerdì 7 marzo, ma era nell’aria da tempo. In particolare, Palazzo Chigi ha rimesso alla consulta due norme regionali: una riguarda le attività di affittacamere, bed and breakfast, case vacanze e residenze d’epoca e stabilisce che possano essere utilizzati a tale scopo solo immobili che hanno destinazione d’uso turistico-ricettiva, escludendo dunque dalla pratica tutti quelli con destinazione residenziale. Questa legge, secondo il governo, violerebbe gli articoli 3, 41, 42 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, che garantiscono la libertà dell’iniziativa economica privata e il riconoscimento della proprietà privata, e stabiliscono le materie e i compiti della Repubblica in materia di promozione dell’ordine economico e sociale. La seconda norma contestata permette alle amministrazioni locali la limitazione degli affitti brevi in zone o quartieri a rischio di overtourism: tra le misure che il Comune ha la facoltà di adottare vi sono l’imposizione di un tetto massimo di giorni in cui un immobile può essere destinato all’affitto turistico, ma anche divieti generalizzati. Il governo sostiene che tale norma sarebbe in contrasto con gli stessi articoli della Costituzione citati precedentemente, e che violerebbe ulteriori misure dell’articolo 117 sulle competenze dello Stato.
La decisione del governo ha suscitato stupore nel governatore Eugenio Giani, che l’ha definita «clamorosa»: «L’approccio della legge regionale è stato quello del buonsenso», ha detto Giani. «Siamo convinti del testo approvato, quindi seguiremo l’iter giuridico istituzionale fornendo le nostre motivazioni». Positiva, invece, la ricezione dai parlamentari toscani vicini all’esecutivo: «Si tratta di un atto doveroso contro l’ennesimo tentativo velleitario di farsi le leggi da soli», ha dichiarato il senatore di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi. Esulta anche Confedilizia, associazione che rappresenta gli interessi di immobiliari e palazzinari, che parla di una «impugnazione sacrosanta». La palla è passata ora alla Corte costituzionale.
Con le norme approvate e ora impugnate dal governo, la Regione Toscana era diventata la prima regione italiana ad approvare una legge per regolamentare gli affitti brevi e contrastare il turismo di massa, un fenomeno che negli ultimi anni ha messo sotto pressione molte città d’arte e località turistiche. Secondo i comitati cittadini, in città come Firenze e Siena, l’afflusso continuo di visitatori avrebbe portato a un aumento dei prezzi degli affitti a lungo termine, costringendo molti cittadini a lasciare il centro storico. Proprio a Firenze, il dibattito è stato particolarmente acceso. Lo scorso novembre, il collettivo “Salviamo Firenze” ha inscenato una protesta simbolica contro gli affitti brevi, coprendo con adesivi rossi circa 500 key box utilizzate dai proprietari per l’accesso agli appartamenti. Gli adesivi riportavano la scritta “Salviamo Firenze X Viverci”, un messaggio diretto contro la speculazione immobiliare che, secondo i manifestanti, sta trasformando il centro storico in un luogo sempre meno abitabile per i residenti. Proteste simili si sono verificate anche in altre città italiane, come a Roma, dove gruppi locali hanno sabotato key box in segno di protesta.
[di Dario Lucisano]