mercoledì 12 Marzo 2025

Torino: 39 attivisti indagati per aver difeso il parco del Meisino dalle ruspe

A Torino 39 attivisti sono indagati con l’accusa di violenza privata aggravata e danneggiamento per avere difeso il parco del Meisino dalla distruzione. Nello specifico, la Procura indaga su un totale di quattordici episodi in cui i dimostranti, persone di età compresa tra i 23 e i 79 anni, hanno danneggiato le recinzioni dei cantieri per entrare nei siti di costruzione e impedire il lavoro di operai, ruspe e camion. «I 39 indagati sono stati selezionati nel mucchio» scrive il Comitato “Salviamo il Meisino”, evidenziando il tempismo con cui è arrivata la denuncia, giunta alla vigilia della distruzione di una parte di parco che sarà sostituita dalla passerella ciclopedonale.

La protesta è nata dalla ferma opposizione dei comitati ambientalisti al progetto finanziato con 11,5 milioni di euro del PNRR. Secondo il Comune, la struttura offrirà spazi dedicati alla formazione ambientale e alle attività sportive, con 20 impianti immersi nel verde. Gli attivisti, invece, denunciano il rischio di una cementificazione selvaggia che comprometterebbe uno dei polmoni verdi più importanti della città. Il nodo del contendere è l’abbattimento di circa 50 alberi, tra salici, pioppi, carpini, aceri e robinie, che secondo il comitato ‘Salviamo il Meisino’ è avvenuto senza un’adeguata condivisione con la cittadinanza. Nei giorni scorsi gli attivisti avevano chiesto una sospensione dei lavori almeno fino al 18 marzo, data in cui era attesa l’udienza sul ricorso presentato contro il progetto. Tuttavia, i lavori sono proseguiti senza attendere il giudizio del tribunale.

Gli attivisti non arretrano di un passo e denunciano quella che definiscono una «criminalizzazione del dissenso». In una nota, il Comitato ha scritto che, dovendo affibbiare alla condotta degli attivisti un articolo del Codice Penale, «paradossalmente è stato scelto il 610, violenza privata, quando sono loro e il resto della cittadinanza a essere vittime di violenza pubblica continuata: in questo progetto si è opportunamente schivata ogni fase di partecipazione, il suo iter è disseminato di irregolarità, l’esecuzione non rispetta le norme di sicurezza e devasta irrimediabilmente la riserva naturale protetta del Meisino, un bene comune». Inoltre, aggiunge il Comitato, «questa violenza si perpetra sprecando fondi pubblici del PNRR da restituire con interessi, cui si aggiungono i costi delle Forze dell’Ordine schierate a fare da guardie giurate dei cantieri».

Sul fronte politico, è arrivata la solidarietà del Movimento 5 Stelle, che ha criticato aspramente la gestione della vicenda da parte della giunta comunale. «Questo progetto è stato avviato senza alcuna condivisione con la cittadinanza e senza trasparenza sui reali impatti ecologici», dichiarano i consiglieri pentastellati Andrea Russi, Dorotea Castiglione e Valentina Sganga. «Non si trattava solo di abbattere una ventina di alberi, come dichiarato inizialmente, ma di radere al suolo un boschetto con una cinquantina di piante sane e vitali. Non è così che si fa educazione ambientale». Anche Sinistra Ecologista critica il ricorso al diritto penale per gestire il dissenso. «Non si può reprimere la protesta con le denunce», affermano i consiglieri Sara Diena ed Emanuele Busconi. «Sin dall’inizio avevamo chiesto un confronto più ampio, per evitare uno scontro che ora appare insanabile».

Per gli attivisti, il caso Meisino non è un’eccezione, ma l’ennesima dimostrazione di come a Torino venga sistematicamente repressa la protesta sociale, mentre non si arresta la spinta alla cementificazione. Dallo sgombero dell’Asilo Occupato ai processi ai militanti No Tav, fino alle recenti mobilitazioni sui temi ambientali, si evidenzia come la città sia diventata un laboratorio di criminalizzazione del dissenso. «Si parla di educazione ambientale, ma si abbattono alberi senza ascoltare chi quella natura la vive e la tutela», denunciano gli ambientalisti. «Si vuole forse far passare il messaggio che il green è accettabile solo quando conviene a chi governa?». Nel frattempo, mentre i 39 indagati attendono di conoscere il loro destino a livello processuale, le ruspe continuano a scavare e gli alberi a cadere. Intanto, i membri del Comitato hanno convocato una conferenza stampa nel cortile del Campus Luigi Einaudi per lunedì 17 marzo al fine di far sentire la propria voce sulla questione di fronte ai giornalisti e all’opinione pubblica.

[di Stefano Baudino]

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