Solo sei chilometri di acqua salata separano la superficie dell’oceano dalle profondità note come “zona adale”. Eppure, nonostante la precisione con cui studiamo e classifichiamo le forme di vita al di sopra di tale quota, in quelle fredde oscurità potrebbero celarsi migliaia di esseri viventi a noi ancora sconosciuti, un vero e proprio nuovo mondo: è quanto si evince dal lavoro di una squadra di ricercatori cinesi guidati da scienziati della Shanghai Jiao Tong University, i quali hanno dettagliato i loro risultati all’interno di un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Cell. Grazie a 33 immersioni effettuate tramite sommergibili con equipaggio, sono stati analizzati diversi campioni di sedimenti e acqua, portando all’identificazione di 7.564 specie di microbi di cui quasi il 90% mai documentato prima. Si tratta di forme di vita che mettono in luce strategie di sopravvivenza estreme e adattamenti a pressioni e temperature da record secondo gli autori, i quali aggiungono inoltre che tutti i dati ed i risultati ottenuti sono stati resi disponibili online, permettendo alla comunità scientifica mondiale di accedervi e di sfruttarli per i loro studi.
La zona adale rappresenta il 45% della profondità verticale dell’oceano ma copre solo l’1-2% del fondale, rendendola una delle aree meno esplorate del pianeta. La vita in questa regione si confronta con pressioni equivalenti al peso di un SUV su un’unghia, un’oscurità assoluta e risorse alimentari estremamente limitate. Eppure, lo studio appena pubblicato, condotto dal progetto Mariana Trench Environment and Ecology Research (MEER) – che si concentra sulle questioni scientifiche fondamentali delle fosse adonali tra cui la loro formazione ed evoluzione – e promosso da istituzioni cinesi come la Shanghai Jiao Tong University e l’Institute of Deep-sea Science and Engineering, ha rivelato un’inaspettata biodiversità. Per ottenere questi risultati, i ricercatori hanno effettuato 33 immersioni con sommergibili con equipaggio, raccogliendo campioni di acqua e sedimenti dal fondale marino. Successivamente, le analisi genomiche hanno permesso di identificare le specie microbiche presenti, evidenziando migliaia di genomi mai documentati prima. L’indagine ha portato anche alla scoperta di adattamenti sorprendenti in specie di anfipodi e pesci di acque profonde, smentendo l’ipotesi che la concentrazione di trimetilammina-N-ossido (TMAO) – un composto che stabilizza le proteine sotto alta pressione – aumenti costantemente con la profondità.
«Il nostro studio si concentra su un obiettivo di lunga data nell’ecologia microbica: chiarire in che modo gli ambienti modellano le comunità microbiche, soprattutto in condizioni estreme. Sono stati osservati livelli straordinariamente elevati di novità, diversità ed eterogeneità nel microbioma adale, in particolare tra procarioti e virus, che sono influenzati sia dal contesto più ampio di condizioni ambientali estreme sia dalla delicata topografia della zona adale», commentano i ricercatori, spiegando che i microbi tendono anche a trovare angoli e fessure adatti nelle profondità dell’oceano e ad attaccarsi a essi, visto che ciascuno dei siti campione visitati dai ricercatori presentava il proprio particolare mix di microbi, con poche sovrapposizioni tra loro. A profondità inferiori, invece, la cooperazione sembra essere più importante per la sopravvivenza, poiché tali piccoli organismi condividono i nutrienti e mostrano comportamenti che apportano benefici alla comunità nel suo insieme. «Il nostro studio non solo ridefinisce la nostra comprensione dei limiti della vita nelle profondità marine, ma svela anche un “manuale di sopravvivenza estrema” scritto attraverso centinaia di milioni di anni di evoluzione», concludono i ricercatori, sottolineando che tutti i dati genomici sono stati resi liberamente accessibili online.
[di Roberto Demaio]