Nei giorni scorsi è uscito un rapporto dai contenuti allarmanti: in Italia ci sarebbe un aumento esponenziale dell’antisemitismo. Solo nel 2024 sono stati contati 877 atti di odio contro gli ebrei, praticamente il doppio dei 455 dell’anno precedente. La situazione appare inquietante, almeno a leggere i titoli di tutti i principali quotidiani. Solo alcuni esempi: Antisemitismo in Italia: aumento mai visto di insulti, minacce e vandalismi (La Repubblica); Allarme: mai così tanto antisemitismo in Italia dal dopoguerra (Avvenire); L’antisemitismo è una vera emergenza: i dati choc (Il Giornale). All’interno degli articoli si riportano acriticamente le conclusioni del documento: «Oggi siamo di fronte a una crescita di antisemitismo mai misurata prima in Italia dalla fine della guerra». Come l’etica del lavoro giornalistico prevede, in un esercizio che nessun collega pare aver avuto voglia di fare, mi sono preso un po’ di tempo per andare a verificare un campione di questi 877 atti di odio antiebraico che certificherebbero la poderosa crescita dell’antisemitismo in Italia: non c’è voluto molto per capire che si tratta di un rapporto spazzatura.
Il rapporto in questione è stato pubblicato dalla Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), il cui consiglio di amministrazione è nominato direttamente dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ossia la principale organizzazione in difesa degli interessi israeliani in Italia. Non certo una garanzia di imparzialità. D’altra parte, la stessa introduzione al rapporto fa una certa confusione, scrivendo che in Italia si è diffusa «la demonizzazione e la delegittimazione dell’esistenza di Israele, accusata di rispondere in modo asimmetrico all’atroce massacro di civili». Non sarà che anche questo rapporto sia parte del solito esercizio intellettualmente scorretto di confondere volutamente antisionismo e antisemitismo per criminalizzare le critiche contro il genocidio commesso da Israele a Gaza?
Gli 877 casi sono tutti catalogati sul sito internet della CDEC. Dentro c’è di tutto e sono catalogati come atti antisemiti, ad esempio: un murales con la scritta «Palestina libera»; un adesivo dove l’acronimo RAI è storpiato in Radio Televisione Israeliana; una scritta fuori da una scuola elementare che dice «In Palestina i coetanei di tuo figlio muoiono sotto le bombe»; altri adesivi che invitano a boicottare i prodotti israeliani e la scritta «AS Roma = Israele» vergata con la bomboletta su un muro del litorale romano, evidentemente da un tifoso laziale. Secondo il rapporto rappresentano casi di antisemitismo anche lo striscione “Intifada studentesca” degli studenti dell’Università di Torino, nonché il rifiuto da parte del Consiglio comunale di Pinerolo di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. Casi come questi rappresentano la gran parte degli 877 «atti antisemiti» e gli unici episodi che dimostrano reale odio contro gli ebrei sono limitati al commento solitario di qualche mentecatto trovato a caso su Facebook e a un manipolo di scritte sui muri (cose del tipo «ebrei crimi nali») firmate con svastiche o croci celtiche. Azioni propriamente dette, violenze o minacce dirette all’interno del centinaio di casi che ho controllato? Nessuna.
Non è finita qui. Il 19 febbraio scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato la nuova Strategia nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, che prevede strumenti di monitoraggio, contrasto ed educazione nelle scuole per contrastare quella che viene definita la «difficile fase di riesplosione del fenomeno» che l’Italia sta attraversando. All’interno delle 34 pagine del piano, l’unica fonte che si utilizza per giustificare la necessità della misura è proprio la relazione del CDEC, citata come un autorevole rapporto che certifica gli 877 atti di antisemitismo che hanno colpito l’Italia nel 2024.
Viviamo in una strana democrazia, dove un rapporto del genere non solo viene ripreso senza nessuna verifica da tutti i mezzi d’informazione ma addirittura è diventato la fonte per una nuova legge. E così, mentre ogni voce critica viene passata al setaccio e bollata come disinformazione, un rapporto falso diventa dogma e la narrazione di regime diviene norma. E in questo gioco di illusioni, l’uso politico di quella che George Orwell definiva la post-verità ci trascina dritti nell’era della post-democrazia.
[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]
Come detto in altri siti, ormai siamo oltre la vergogna 😞