lunedì 17 Marzo 2025

L’industria musicale intensifica la lotta contro l’archivio di internet

Internet Archive (AI) è nota per i suoi preziosi progetti di conservazione del web, tuttavia i suoi interventi si estendono a tutto ciò che è digitale: dagli ebook alla sfera discografica, l’organizzazione non-profit si prefigge l’obiettivo di creare un archivio multimediale che possa resistere al trascorrere del tempo. Proprio un suo progetto musicale è però al centro di una disputa legale, con le principali lobby discografiche che chiedono un risarcimento che diventa ogni giorno sempre più salato e, potenzialmente, letale.

La causa in questione è stata avviata nell’agosto del 2023 per volontà di UMG Recordings, Capitol Records, Concord Bicycle Assets, CMGI, Sony Music Entertainment e Arista Music, ovvero le più potenti e influenti etichette discografiche del mondo. Soggetto del loro scontento è il Great 78 Project, un programma che Internet Archive aveva lanciato nel 2006 al fine di digitalizzare 3 milioni di tracce musicali reperite da vinili da 78 giri commercializzati tra il 1898 e gli anni Cinquanta. 

Secondo l’accusa, l’organizzazione starebbe violando le leggi sul copyright, danneggiando i profitti della vendita delle licenze ai servizi di streaming e promuovendo la diffusione gratuita di brani musicali nella speranza di ricevere un maggior flusso di donazioni. Dal canto suo, IA sostiene che il suo operato sia funzionale alla conservazione di sonorità che andrebbero altrimenti perse e che il pubblico di riferimento del suo progetto non coincida col consumatore occasionale che frequenta Spotify e affini.

La disputa sembra ancora lontana dal giungere a conclusione. Anzi, le case discografiche stanno aumentando la pressione su Internet Archive: Ars Technica evidenzia che, giovedì 6 marzo 2025, l’accusa avrebbe chiesto al giudice di aggiornare la lista delle canzoni considerate trafugate, facendo lievitare i costi di risarcimento richiesti all’accusato. Se la richiesta venisse accolta, il valore della riparazione finirebbe con l’ammontare a circa 700 milioni di dollari. Una somma che molti sospettano potrebbe mandare in bancarotta la non-profit.

Nel 2023, Internet Archive aveva dovuto risolvere con un accordo amichevole una causa omologa portata avanti dal mondo editoriale. I dettagli finanziari della faccenda non sono mai stati resi pubblici, tuttavia i carteggi rivelano che l’organizzazione abbia dovuto coprire “sostanzialmente” tutti i costi di cui si sono fatti carico i gruppi editoriali. All’epoca, si era però stimato che l’azione legale sarebbe potuta costare fino a 19 milioni di dollari, una cifra che, affidandosi ai dati raccolti da ProPublica, rappresentava circa la metà del budget 2019 della non-profit.

Lo scontro tra etichette discografiche e Internet Archive sta sviluppando un dibattito pubblico estremamente divisivo, con preoccupazioni che si estendono ben oltre al solo campo musicale. L’eventuale scomparsa di IA farebbe naufragare il progetto di archiviazione di internet, un servizio estremamente utile che aiuta a frenare l’avanzata del link rot, ovvero il decadimento e la scomparsa delle pagine oggi presenti sul web. Un problema suscita forse scarso interesse nel grande pubblico, ma che preoccupa storici, ricercatori e giornalisti.

Secondo il Pew Research Center, risulta ormai irreperibile il 38% delle web page pubblicate prima del 2013, il 23% dei contenuti giornalisti presenti online contengono link che si sono corrotti e il 54% dei rimandi di Wikipedia portano a portali che non esistono più. Con la progressiva digitalizzazione della parola scritta, la distruzione di questi contenuti rischia di logorare la percezione e lo studio della storia recente, creando un vuoto le cui ripercussioni future sono difficili da stimare.

[di Walter Ferri]

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