mercoledì 19 Marzo 2025

Gaza: il genocidio ricomincia con un massacro, l’Occidente non dice nulla

«Israele combatterà e vincerà. Riporteremo a casa la nostra gente e distruggeremo Hamas. Non ci arrenderemo finché non raggiungeremo tutti questi obiettivi vitali». Così Benjamin Netanyahu chiude il suo messaggio alla nazione, rilasciato ieri sera dopo un’intensa giornata di bombardamenti sulla Striscia di Gaza che hanno ucciso oltre 400 persone. Tra ieri e oggi, l’esercito israeliano ha colpito tutti i governatorati della Striscia, e l’intenzione sembra quella di non fermarsi. Netanyahu ha infatti detto che l’attacco di ieri costituisce «solo un inizio» e che da ora in avanti tutti i negoziati per una tregua andranno avanti «sotto il fuoco», rilanciando la mobilitazione terrestre. Nel frattempo, l’impunità verso i crimini israeliani continua a regnare sovrana: gli Stati Uniti offrono il loro più incrollabile appoggio a Israele, mentre ONU e Unione Europea rilasciano le loro rituali condanne a Tel Aviv, come al solito, senza muovere realmente un dito.

I bombardamenti israeliani sono stati lanciati nella notte tra martedì e mercoledì 18 marzo, e sono andati avanti tutto il giorno. Nel corso di ieri e oggi sono stati attaccati tutti i governatorati: oggi, nella notte, a Rafah, nel sud della Striscia, sono state uccise almeno due persone che si trovavano presso una tenda per sfollati; nelle stesse ore, a Khan Younis analoghi attacchi hanno ucciso almeno quattro persone; a Deir al-Balah, nel centro, è stato ucciso un operatore umanitario, e altri cinque sono rimasti feriti in seguito a un attacco presso il quartier generale dell’ONU. Ucciso anche un civile presso il campo di Nuseirat, e pieno l’ospedale dei martiri di Al-Aqsa, uno dei maggiori della Striscia. Secondo i giornalisti dell’emittente Al Jazeera presenti sul campo, alcuni dei residenti starebbero preferendo non lasciare le proprie case perché non hanno «posto dove andare» né «più niente da perdere». Gaza City è stata colpita in diverse aree e quartieri, così come il governatorato di Nord Gaza, che in questo momento si trova sotto colpi di artiglieria; Israele si sta inoltre muovendo per prendere il controllo del corridoio di Netzarim, che divide il governatorato settentrionale dal resto della Striscia. In generale, dalla mattina di oggi, Israele ha ucciso 29 persone; da ieri, invece, si contano 436 morti, di cui 183 bambini. La situazione umanitaria, inoltre, resta emergenziale, con la fornitura di aiuti bloccata da settimane e le reti elettrica e idrica interrotte da giorni. A ora, circa l’85% delle strutture idriche e igienico-sanitarie di Gaza risultano contaminate o danneggiate.

L’annuncio della ripresa dei combattimenti è stato accolto con gioia dall’estrema destra israeliana di Ben Gvir, che ha deciso di rientrare nella coalizione di governo. Netanyahu, oggetto di pressioni politiche sin dalla firma degli accordi di gennaio, ha accolto a braccia aperte l’ex alleato di governo, e oggi il suo ufficio ha annunciato ufficialmente il suo rientro (e quello di altri esponenti di estrema destra) nell’esecutivo. Hamas, intanto, ha condannato le azioni israeliane e chiesto il supporto di tutte le «persone libere» del mondo, lanciando un appello alla mobilitazione globale. Il movimento palestinese, comunque, ha tenuto aperta la porta per proseguire con i negoziati, pur sottolineando che, almeno in teoria, degli accordi erano già stati raggiunti. Gli alleati e i Paesi vicini alla Palestina, oltre a supportare l’organizzazione e condannare le azioni israeliane, hanno risposto attivamente: gli Houthi, recentemente attaccati dagli Stati Uniti, hanno rilanciato le loro attività contro Israele, e l’Egitto ha annunciato che si mobiliterà per presentare il prima possibile un piano per la pace.

Dal resto del mondo, sono arrivate nella migliore delle ipotesi solo parole. Gli USA hanno rimarcato il loro supporto a Israele, sottolineando di essere stati consultati prima degli attacchi di ieri. L’Unione Europea, per voce dell’Alta Rappresentante per gli Affari Esteri Kaja Kallas, ha condannato gli attacchi israeliani in una fumosa dichiarazione che chiede ad Hamas di rilasciare gli ostaggi immediatamente, strizzando l’occhio alla interpretazione di Netanyahu per cui la rottura degli accordi sarebbe stata causata dall’organizzazione palestinese. Nel corso di questi due mesi di cessate il fuoco, Israele non ha mai cessato gli attacchi, e ha ritardato i colloqui per l’implementazione della seconda fase, che prevedeva di continuare gli scambi di ostaggi e prigionieri sullo sfondo di una cessazione permanente delle ostilità e del ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia. Al suo posto, fiancheggiata dagli USA, ha proposto un semplice prolungamento della tregua temporanea.

[di Dario Lucisano]

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