venerdì 21 Marzo 2025

La norma che legittima l’abuso: i servizi segreti potranno fare reati per “difendere lo Stato”

Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato hanno approvato l’articolo 31 del DDL Sicurezza, una norma che concede poteri straordinari ai servizi segreti italiani, riducendo al minimo i controlli e, come molti critici hanno sottolineato, aprendo la strada a possibili abusi. Questo articolo obbliga le pubbliche amministrazioni, le società pubbliche e persino università e ospedali a fornire ai servizi segreti qualsiasi informazione richiesta, anche in deroga alle leggi sulla privacy. Ancora più significativa appare la legittimazione di reati per il personale dei servizi, che potrà infiltrare e persino dirigere organizzazioni sovversive senza incorrere in conseguenze penali. La misura ha suscitato la dura protesta di numerose frange della società civile, tra cui quella del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei familiari di vittime delle stragi, che ha denunciato come la norma metta potenzialmente in pericolo le libertà e diritti fondamentali dei cittadini.

L’art. 31 del DDL Sicurezza modifica la legge del 2007 sulla riforma dei servizi segreti, ampliando le prerogative dell’AISE (sicurezza esterna) e dell’AISI (sicurezza interna). La norma obbliga le pubbliche amministrazioni, le aziende partecipate e chi eroga servizi di pubblica utilità a collaborare con i servizi segreti senza possibilità di rifiuto. Questo significa che scuole, ospedali, università e perfino procure dovranno fornire dati personali senza limiti chiari. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) potrà inoltre stipulare convenzioni con enti privati e pubblici per definire modalità di collaborazione e gestione delle informazioni. L’aspetto più critico della norma è la possibilità di aggirare i vincoli della riservatezza: le informazioni potranno essere comunicate «in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza». In pratica, i servizi segreti potranno ottenere dati sensibili senza limiti e senza alcuna tutela per la privacy dei cittadini.

Altro punto assai controverso dell’articolo 31 è la sua disposizione sulle «condotte scriminabili», ovvero azioni che normalmente sarebbero reati, ma che per gli agenti dei servizi segreti non saranno punibili. Il provvedimento introduce infatti modifiche significative all’attività dei servizi segreti, consentendo agli operatori di AISI e AISE non solo di infiltrarsi in organizzazioni illegali, ma persino di guidarle. Secondo il dossier del Servizio Studi del Senato, il provvedimento legittima reati come la direzione o l’organizzazione di associazioni terroristiche, la detenzione di materiale con finalità di terrorismo, la fabbricazione e detenzione di esplosivi. Inoltre, rende permanenti disposizioni introdotte nel 2015, autorizzando gli agenti a compiere azioni che altrimenti sarebbero reati, in nome della sicurezza nazionale. Tra queste, l’addestramento a scopi terroristici, il finanziamento di attività sovversive e l’istigazione alla violenza. Le preoccupazioni sono amplificate dai precedenti storici delle stragi italiane, dagli anni ’60 agli attentati mafiosi del 1992-93, in cui apparati deviati dello Stato hanno avuto un ruolo nei depistaggi e persino nel concepimento e nell’organizzazione degli attentati.

A muoversi compatti contro l’art. 31 del DDL Sicurezza sono stati i membri del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei familiari di vittime delle stragi, che hanno subito manifestato il loro “disappunto” per la mancata audizione del coordinamento, prima della votazione del DDL, alla Camera dei deputati. In un comunicato diramato lo scorso 5 marzo, il Coordinamento aveva chiesto formalmente di poter essere audito dalle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali «per un confronto che consenta di poter riportare entro parametri costituzionalmente accettabili il contenuto dei mandati operativi che detto DDL, e in particolare il suo art. 31, intenderebbe delineare». La sola risposta arrivata, però, «dice che sono trascorsi i termini e non è più possibile essere ricevuti in audizione, di mandare una memoria scritta», ha spiegato a L’Indipendente Salvatore Borsellino, componente del Coordinamento, che ha annunciato una protesta contro l’approvazione del provvedimento. «Gli ampi margini operativi che verrebbero concessi a ruoli istituzionali dello Stato quali gli stessi Servizi Segreti, per l’ampiezza dei mandati a loro conferiti, si presterebbero, grazie anche alle immunità concesse, a una potenziale gestione “non consona”, per non dire pericolosa, e che potrebbe mettere a rischio diritti costituzionali nonché le stesse libertà e diritti fondamentali dei cittadini – ha scritto il coordinamento nella nota –. Tra le righe di questa legge si intravedono ampi spazi di movimento per possibili depistaggi e dannose omissioni, laddove da parte degli agenti operanti si fosse ispirati e guidati, con il rischio di interferenze anche di “agenti esterni”, da interessi in contrasto con quelli cui si ispira la nostra Costituzione e quelle sue leggi emesse a garanzia di uno Stato democratico».

Sulla medesima scia si è posto l’avvocato ed ex magistrato Antonio Ingroia, che a L’Indipendente ha evidenziato i profili «palesemente autoritari» del DDL Sicurezza, che, oltre a introdurre nuovi reati e inasprire le pene «mettendo a rischio i diritti costituzionali di riunione e libera manifestazione del pensiero», con il pretesto di garantire la sicurezza nazionale, «conferisce poteri straordinari e immunità molto ampie ai Servizi Segreti, il tutto sottratto al controllo parlamentare del Copasir e al controllo di legalità della magistratura». Ingroia aggiunge che a far suonare il campanello d’allarme sui potenziali rischi di tale misura sono proprio i passaggi fondamentali della storia della nostra Repubblica, «condizionata dallo stragismo politico-mafioso e terroristico-eversivo», che spiega come «sovente le deviazioni degli apparati istituzionali» abbiano «segnato trame criminali torbide e insanguinato il percorso per l’attuazione della Costituzione, ancora oggi incompiuto».

[di Stefano Baudino]

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