venerdì 21 Marzo 2025

La maratona dei saharawi per l’indipendenza

La terra secca sotto i piedi, il vento caldo e la sabbia del deserto dipingono i quarantadue chilometri che separano il punto di partenza, il campo profughi di El Aaiun, dalla meta, il campo profughi di Smara. Dal 2001, atlete e atleti di tutto il mondo si riuniscono nei territori del Sahara Occidentale per partecipare alla Sahara Marathon, una competizione podistica unica nel suo genere, nata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla resistenza del popolo saharawi.

Ideata dal podista Jeb Carney, questa corsa richiama ogni anno migliaia di partecipanti, creando un contesto sociale di profonda armonia con il territorio e i suoi abitanti. Nei giorni della competizione, infatti, i corridori vivono a stretto contatto con la popolazione locale, che si occupa dell’ospitalità, mentre l’organizzazione della gara è gestita dalla Segreteria di Stato dello Sport della Repubblica Democratica Araba Saharawi (RDAS), con il supporto di volontari provenienti da tutto il mondo. 

L’evento, che si svolge nell’ultima settimana di febbraio, fa da cornice all’anniversario più sentito per il popolo saharawi: l’indipendenza, dichiarata il 27 febbraio 1976 dal Fronte Polisario, il movimento politico e militare che lotta per l’autodeterminazione del Sahara Occidentale. Correre nel deserto, tuttavia, non è semplice. La temperatura media in questo periodo dell’anno si aggira intorno ai venticinque gradi centigradi, e le strutture ricettive per gli atleti non sono certo paragonabili a quelle dei circuiti professionali.

«La Sahara Marathon non cerca la presenza di sportivi d’élite», ha spiegato uno dei promotori della corsa, David Muñoz Avia, ai microfoni di Conversamos sobre el Sahara, «perché anche per loro è difficile, visto che spesso coincide con le competizioni ufficiali». Nonostante ciò, negli anni diversi atleti professionisti e personaggi dello spettacolo hanno preso parte alla gara, tra cui il maratoneta italiano Giorgio Calcaterra e, nel 2018, l’attore Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo.

Iniziata come una semplice maratona, con la partecipazione di un centinaio di atleti internazionali e nessun corridore locale, la competizione si è ampliata nel tempo, accogliendo diverse categorie di gara. Oltre alla maratona classica, infatti, si può scegliere di correre la mezza maratona, la 10 km o la 5 km. A queste si aggiunge una corsa per bambini, pensata per promuovere lo sport tra i giovani saharawi e raccogliere fondi per aiuti umanitari. 

Mentre chilometro dopo chilometro le scarpe si riempiono di sabbia e il traguardo si avvicina, lo scenario che avvolge la competizione rimane quello di un conflitto irrisolto da oltre quarant’anni. La solidarietà e l’attenzione mediatica sono fondamentali per un popolo confinato in un deserto che da troppo tempo chiama “casa”.

«L’obiettivo iniziale della Sahara Marathon era raccogliere aiuti attraverso lo sport, riconoscendone l’importanza per lo sviluppo personale dei giovani» spiega David Muñoz Avia. Grazie ai finanziamenti derivanti dal progetto, le ragazze e i ragazzi saharawi possono avvicinarsi allo sport, in un contesto dove la pratica sportiva è ostacolata da un territorio ostile sia agli spostamenti sia all’attività fisica in sé. «Questo contributo ha aperto numerose opportunità per i giovani, favorendo la nascita di competizioni di calcio e pallavolo, incentivando lo sport femminile e permettendo la costruzione di strutture dedicate alla pratica sportiva».

La maratona, che dal 2001 non ha mai saltato un’edizione, nemmeno durante le restrizioni pandemiche del 2021, si svolge quest’anno sullo sfondo di una situazione politica rimasta pressoché immutata. Tra i membri dell’ONU e della NATO, è la Spagna a portare il maggior peso: formalmente responsabile di aver abbandonato un territorio coloniale all’aggressione del confinante Marocco, continua ad adottare una politica ambigua e, per questo, subdola. Gli interessi commerciali della Comunità Europea con Rabat rappresentano l’ago della bilancia di un’attività controversa. Tra i vari accordi, ad esempio, si distingue lo sfruttamento delle risorse ittiche saharawi da parte dell’industria della pesca marocchina, dichiarato illegale dal Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea, così come il mercato delle tratte aeree operate da compagnie multinazionali come Ryanair, che collegano la Spagna a Dakhla, città del Sahara Occidentale trasformata dalla monarchia marocchina in una meta turistica marittima.

A denunciare questa operazione di marketing, che in realtà nasconde un’occupazione illegale, è stata Tesh Sidi, deputata saharawi del partito Sumar e Más Madrid nel Congresso spagnolo. «Mi sono preparata tutto l’anno per la Sahara Marathon, ma purtroppo non ho potuto partecipare per impegni di lavoro» racconta. «Questo progetto può contribuire a richiamare l’attenzione sul Sahara, anche se, a mio parere, sarebbe utile organizzarne altre anche in Spagna, coinvolgendo i vari club di running». Anche quest’anno migliaia di partecipanti sono partiti dall’accampamento di El Aaiun, che condivide il nome con l’omonima città nei territori occupati del Sahara Occidentale. Migliaia di atleti hanno corso per sostenere la resistenza di una causa sempre più spesso dimenticata, nell’attesa che, un giorno, la gara possa essere disputata nei territori occupati, che i saharawi continuano a chiamare «casa». 

[di Armando Negro]

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