venerdì 21 Marzo 2025

Turchia, si diffondono le proteste: Erdogan chiude metro e social

Dopo l’arresto del sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, principale rivale politico del presidente Recep Tayyip Erdoğan, in Turchia è scoppiata una ondata di manifestazioni antigovernative, che hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di persone. L’arresto di İmamoğlu è visto dai dimostranti come un nuovo tentativo di eliminare ogni residuo di opposizione politica e sociale nel Paese, facendo leva sulla magistratura. Tra mercoledì 20 e giovedì 21 marzo, a Istanbul, migliaia di persone si sono radunate davanti al municipio, mentre si sono registrati scontri nelle università. In generale, le proteste vanno avanti in tutto il Paese, nonostante il governo abbia vietato per quattro giorni ogni manifestazione politica. Nel tentativo di arginare sul nascere ogni possibile mobilitazione, l’esecutivo turco ha anche limitato l’accesso ai social media e chiuso la metropolitana di Istanbul.

Le proteste in favore di İmamoğlu sono ormai arrivate al secondo giorno consecutivo e non sembrano volersi fermare. Mercoledì, le manifestazioni si sono concentrate a Istanbul, dove l’amministrazione aveva vietato di manifestare e limitato l’accesso alle strade per scongiurare le mobilitazioni. Dopo l’arresto del sindaco, Özgür Özel, il capo del Partito Popolare Repubblicano (CHP), il partito di İmamoğlu, ha lanciato un appello alla mobilitazione, invitando i cittadini a unirsi presso il municipio e davanti alla sede centrale della polizia dove İmamoğlu è detenuto. La polizia ha bloccato l’accesso agli edifici. Le proteste di mercoledì hanno raggiunto le università, le stazioni della metropolitana, la sede del partito di İmamoğlu, e gli stessi luoghi indicati da Özel. All’Università di Istanbul si sono registrati scontri tra manifestanti e polizia, che ha usato lo spray al peperoncino per disperdere la folla.

Giovedì le proteste sono andate avanti. Davanti al municipio di Istanbul, piccoli gruppi di dimostranti si sono scontrati con la polizia mentre cercavano di avvicinarsi a piazza Taksim, che era stata chiusa alla folla. Ad Ankara, la capitale turca, la polizia ha utilizzato idranti per disperdere la folla di studenti radunatasi presso la Middle East Technical University, e analoghe proteste sono state segnalate anche nella città di Smirne (sulla costa egea della Turchia) e ad Adana (nella Turchia meridionale). A partire da ieri, inoltre, le proteste sono andate avanti anche sotto forma di post e contenuti sui social. L’ondata di critiche ha spinto le autorità turche a limitare l’accesso a varie piattaforme di social media, tra cui Facebook, Instagram, Signal, Telegram, TikTok, WhatsApp, X e YouTube, portando, secondo giornali specializzati, a un aumento dell’uso di VPN e metodi alternativi per accedere alle piattaforme soggette a restrizioni. Il ministro degli Interni turco, Ali Yerlikaya, ha poi dichiarato che la polizia ha arrestato 37 persone per aver condiviso post «provocatori» sui social media.

I manifestanti accusano il governo di sfruttare la propria influenza sulla magistratura per mettere a tacere il dissenso nel Paese. Ekrem İmamoğlu, 54 anni, sindaco di Istanbul dal 2019, è stato arrestato mercoledì assieme ad altre 106 persone, con la duplice accusa di corruzione e affiliazione al Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che la Turchia considera un’organizzazione terroristica. Con i suoi mandati da sindaco, İmamoğlu ha acquisito parecchia notorietà, diventando gradualmente il principale politico dell’opposizione turca. Domenica sarebbe dovuto essere confermato candidato alle prossime presidenziali, che si dovrebbero tenere nel 2028. Il raid in casa sua, inoltre, è avvenuto solo due giorni dopo la decisione dell’Università di Istanbul di ritirare a İmamoğlu il diploma di laurea, requisito fondamentale per candidarsi alle elezioni. İmamoğlu, inoltre, è finito più volte al centro di vicende giudiziarie che l’opposizione giudica come tentativi di delegittimazione e di fermare una sua possibile candidatura. La sua stessa elezione a sindaco nel 2019, che mise fine a circa 25 anni di governo dell’AKP, il partito del presidente, fu ripetuta per decisione di Erdoğan.

[di Dario Lucisano]

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti