Io sono la tua ombra, tu colui che mi crea,
Tu mi dai forma e misura e movimento.
Con te soltanto posso alzarmi e sdraiarmi,
Sono la tua creatura, tu la mia forza e volontà.
A te sono appoggiata, nella tua presa,
Come chi incatenato non muove il piede.
A ciò che tu mi fai, io non mi oppongo,
Per la vita e la morte al tuo comando.
Eppure sono tua, e anche tu appartieni alla Tua.
Non mi puoi sfuggire, ti riprenderei,
Non mi puoi cacciare, verrei riscelta.
Finché sole e stelle ti illuminano,
Ai tuoi piedi vedrai, incolume,
La tua amata, nata per te, da te.
Questa poesia oscilla tra l’ombra e l’automa, tra il sogno romantico di un doppio in cui, con timore, ci riconosciamo e verso cui manifestiamo attrazione e il sogno novecentesco che punta verso l’artificio: la duplicazione di una coscienza sfuggente in identità senza contorni, genesi di ogni fantascienza.
L’Ombra, nel senso di Jung, è forza interiore di cui non sappiamo i veri contorni, che non si può cacciare perché è lei che ci ispira a guardarci dentro con la stessa intenzione che ammira ciò che è fuori da noi, come il sole e le stelle. L’ Ombra dunque ci appartiene, è anche linguaggio del nostro Sé, di un amore che si riflette e nello stesso tempo si espande.
Ricarda Huch vive, nella visione artistica, il sogno romantico che ha origine nell’incubo di Frankenstein ma lo trasfigura in una speciale filosofia della natura, dove il mondo esterno è il mondo del non-io, della natura appunto come veste esteriore dello spirito. Ma uno spirito-macchina che non si oppone ai comandi, in un determinismo che sembra aver cancellato tutti i sogni possibili, perché ogni mito viene sovrastato dal destino già segnato.
Il mito delle antiche divinità discende tuttavia nel quotidiano, si fa esperienza: «eravamo su quel ponte,/il mio amore ed io da soli» dice Huch in un’altra poesia.
In gioco è il ‘tu’ della poesia che soltanto in superficie prende vita come entità esterna ma che in realtà sta nella fonte stessa della creazione estetica: tu ed io siamo due facce della stessa medaglia: io, poetessa immaginifica, sto «ai tuoi piedi», sono «la tua amata, nata per te, da te».
Sullo sfondo agisce potente il desiderio, quella “Sehnsucht” di cui canta altrove Ricarda, come tensione verso l’irraggiungibile, lo speciale Eros romantico che unisce immaginario e passione, perdita e piacere.
[di Gian Paolo Caprettini]