Il giornalista Gabriele Carchidi, direttore del portale Iacchitè, nel pomeriggio di sabato scorso è stato fermato e brutalmente bloccato dalla polizia a Cosenza. Un video riprende la violenta aggressione: gli agenti lo strattonano, lo gettano a terra e lo immobilizzano con le ginocchia su gambe e schiena, per poi ammanettarlo. «Ho avuto paura, troppa gente è morta così», ha dichiarato il giornalista ripercorrendo l’accaduto. Fermato per un controllo documenti, Carchidi ritiene che l’episodio sia legato alle sue inchieste sugli abusi della polizia locale. Portato in Questura, è stato fotosegnalato e denunciato per resistenza. Una volta arrivato a destinazione, uno degli agenti, a detta del giornalista, si sarebbe fatto scappare le parole: «Tu sei un diffamatore». Carchidi ha sporto formale denuncia contro i poliziotti coinvolti nel’episodio.
Il giornalista, che sabato si stava recando al campo scuola del CONI per fare jogging, è stato fermato da una pattuglia e invitato a esibire i documenti. Alla richiesta di spiegazioni, gli agenti avrebbero evitato di rispondere, insistendo sulla necessità dell’identificazione. A fronte del suo rifiuto, la situazione è degenerata: «Mi hanno messo subito le mani addosso e spinto contro l’auto di servizio, mentre un’altra agente chiamava rinforzi: io non mi sono opposto», racconta a L’Indipendente Carchidi. Nell’arco di pochi secondi, un’altra volante è sopraggiunta a sirene spiegate e il giornalista è stato atterrato e ammanettato. Il video, ripreso da un testimone, mostra tre agenti impegnati a immobilizzare Carchidi, con uno di loro che gli preme un ginocchio sulla schiena. Dopo essere stato caricato in auto, è stato condotto in Questura, dove è stato sottoposto a fotosegnalamento, perquisito e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. «Un agente mi ha apostrofato come “diffamatore”, chiaro segnale che sapevano benissimo chi io fossi e che probabilmente questo fermo non è stato affatto casuale», afferma Carchidi, noto per le sue inchieste su presunti illeciti compiuti dai membri della polizia locale e sulle spaccature interne alla Questura.
Il giornalista ha parlato dell’accaduto come di un abuso di potere da parte della polizia, provvedendo nella giornata di ieri a sporgere formale denuncia nella caserma dei carabinieri “Paolo Grippo” di Cosenza contro quattro agenti di polizia. «Insieme all’avvocato Nicola Mondelli, in particolare, abbiamo chiesto ai carabinieri di verificare il contenuto delle immagini delle telecamere di sorveglianza ubicate in piazza Donato ‘Denis’ Bergamini», ha scritto sul suo blog Carchidi, il quale ha aggiunto che guardando le immagini, «ognuno potrà capire che io non ho mai messo le mani addosso a nessuno dei quattro agenti invasati e dunque non ho mai commesso il reato di resistenza a pubblico ufficiale».
Dal canto suo, la Questura di Cosenza ha difeso l’operato degli agenti, sostenendo che il giornalista abbia assunto «un atteggiamento ostile e rifiutato di declinare le proprie generalità», rendendo necessaria «l’applicazione delle standardizzate procedure di contenimento». In realtà, ha fatto notare Carchidi, secondo la Corte di Cassazione «la condotta di divincolarsi per sottrarsi ad un controllo delle Forze dell’Ordine, senza l’utilizzo della violenza direttamente contro il Pubblico Ufficiale, non integra il reato di resistenza previsto dall’art. 337 cp (Cass. n. 6604/2022)». A ogni modo, a supporto dell’operato degli agenti è intervenuto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha dichiarato: «C’è stato un comunicato stampa fatto dalla Questura che ha dato spiegazione e giustificazione, nel rispetto di quelli che sono i protocolli in relazione alle circostanze in cui si verificano certi episodi». Alla domanda se nel caso specifico vi sia stata una sproporzione in merito all’uso della forza, il ministro ha detto di non avere «motivo di ritenere che ci sia qualcosa di diverso» dalla versione data dalla Questura.
[di Stefano Baudino]
«un atteggiamento ostile e rifiutato di declinare le proprie generalità»
E quindi gli sbirri possono sbatterti a terra e malmenarti? Pezzi di merda sono, il caso è chiuso.
Stato nazista e butale contro la povera gente, sono agli sgoccioli
Sono 4 Mesi che aspetto che la Questura faccia l’immane lavoro di inserire il mio nome nel database e dopo la risposta positiva, metta il visto sul mio Porto d’armi e Licenza di Caccia, immagino quanto abbia lavorato a controllare il comportamento dei Poliziotti.