Le occupazioni studentesche tornano protagoniste nelle scuole italiane. Ieri, lunedì 25 marzo, al liceo Leonardo da Vinci di Milano, gli studenti hanno inscenato una protesta contro la creazione di un gruppo di lavoro che limiterebbe la diffusione di volantini e l’affissione di striscioni e contro il rifiuto di tre assemblee su transfemminismo, violenza di genere e migranti. Mentre i professori sono rimasti all’esterno, circa 400 ragazzi si sono introdotti nella struttura per pernottarvi, dando il via alla terza occupazione liceale dell’anno nella città meneghina. A Bologna, invece, dopo l’occupazione degli ultimi giorni del liceo Minghetti, la protesta si è spostata al Copernico. Partita con fumogeni e una bandiera palestinese, l’occupazione è stata lanciata in solidarietà con i ragazzi del Minghetti, denunciati per i danni che avrebbero causato alla struttura. Gli studenti bolognesi, inoltre, hanno già organizzato diverse attività e incontri per parlare di transfemminismo, ambiente e Palestina, e criticano le politiche scolastiche del ministro Valditara e lo stato di abbandono in cui versano le infrastrutture scolastiche.
L’occupazione presso il liceo Leonardo da Vinci di Milano durerà tutta la settimana e prevede l’interruzione delle attività didattiche fino a sabato. Continueranno invece a svolgersi regolarmente le attività amministrative e saranno comunque condotti i test Invalsi. La mobilitazione è scattata alla notizia che la scuola avrebbe avuto l’intenzione di istituire un gruppo di supporto per vietare la diffusione di volantini e l’affissione di striscioni nell’istituto. Gli studenti, inoltre, denunciano di avere «subito una censura»: il Consiglio d’Istituto, infatti, ha bocciato l’organizzazione di tre assemblee che «trattavano temi fondamentali come il transfemminismo, la violenza di genere e la tutela dei migranti», sostenendo che mancasse un contraddittorio; «ma ci chiediamo: chi dovrebbe rappresentare la controparte in un dibattito sulla violenza di genere?». L’occupazione nasce dunque «in segno di protesta contro le limitazioni alla libertà di espressione», contro cui gli studenti chiedono «la creazione di un regolamento concordato con la dirigenza per garantire la libertà di espressione nel rispetto della legge» e «l’istituzione di un sistema anonimo per segnalare criticità didattiche e comportamentali dei docenti». Oltre a ciò, gli studenti propongono l’organizzazione di assemblee mensili su temi di attualità ed educazione civica e un piano di intervento strutturale con la Città metropolitana di Milano per migliorare le condizioni dell’edificio scolastico.
Come quella milanese, anche la protesta bolognese presso il liceo Copernico denuncia la fatiscenza delle infrastrutture scolastiche del Paese. Venerdì 16 febbraio, nello stesso istituto, una ragazza era rimasta ferita dal crollo di un lavandino a cui si era appoggiata, riportando diverse lesioni e venendo trasportata al Pronto Soccorso. In generale, la mobilitazione si è sviluppata all’insegna del contrasto alle politiche scolastiche del ministro Valditara, giudicate, da una parte, repressive, e, dall’altra, poco attente alle esigenze delle istituzioni pubbliche. I ragazzi e le ragazze del Copernico contestano un modello di educazione che rafforzerebbe politiche xenofobe, razziste, nazionaliste e patriarcali, e propongono «una scuola diversa, fondata sul rispetto, sull’inclusività e sulla partecipazione attiva degli studenti». Aperte le critiche alle riforme repressive del governo Meloni e ai programmi di spesa militare, e frontale il sostegno alla causa palestinese; oggi stesso è previsto un incontro con i Giovani Palestinesi.
Gli studenti del Copernico hanno inscenato la loro protesta anche in solidarietà ai colleghi del Minghetti, che hanno occupato la settimana scorsa, finendo, di tutta risposta, denunciati dalla scuola. Il dirigente dell’istituto contesta il picchetto degli alunni, nonché danni alla serratura della presidenza e a un cancello. È in corso la valutazione dei danni. Al Minghetti la protesta è stata lanciata contro il piano “ReArm Europe” e il taglio alla spesa destinata alle scuole, contestando inoltre il cosiddetto DDL Sicurezza, l’alternanza scuola-lavoro (oggi PCTO) e il «modello di scuola repressivo ed autoritario» promosso da Valditara.
Anche l’occupazione del Minghetti ha mostrato solidarietà alla causa palestinese. Nel corso di tutto il 2024, contro il genocidio, si era mobilitata un’ampia frangia degli studenti italiani, dai liceali di Roma agli universitari di gran parte degli atenei del Paese. In generale, l’anno scorso è stato caratterizzato da un ritorno delle lotte studentesche sulla scena politica, che hanno promosso un approccio intersezionale, connettendo i vari temi relativi a inclusività, guerra e repressione. Lungi dal “buttare tutto nel calderone”, come spesso gli è stato denunciato, gli studenti intendevano superare quel ragionamento a compartimenti stagni che porta avanti singole rivendicazioni, cercando piuttosto le cause alla radice dei temi a loro cari e mostrandone i reciproci legami.
[di Dario Lucisano]