martedì 25 Marzo 2025

Turchia, continuano le proteste contro Erdogan: oltre mille arresti

Non si placano a Istanbul le proteste popolari iniziate in seguito all’arresto del sindaco e oppositore di Erdoğan, Ekrem İmamoğlu. La polizia continua a rispondere con la repressione: secondo quanto dichiarato dal ministero della Difesa, sono 1.133 i fermati per «attività illegali» tra il 19 e il 23 marzo. Intanto, il governo ha inondato le piattaforme social con richieste di blocco per centinaia di account, nel tentativo di arginare la diffusione della protesta. La polizia sta inoltre impiegando sistematicamente spray al peperoncino, gas lacrimogeni e camion blindati con idranti per disperdere la folla radunata a Istanbul e in altre grandi città del Paese. I manifestanti contestano l’arresto del sindaco, giudicato come un nuovo tentativo di eliminare ogni residuo di opposizione politica e sociale nel Paese, facendo leva sulla magistratura.

İmamoğlu è stato arrestato all’alba di mercoledì 19 marzo, con la duplice accusa di corruzione e favoreggiamento al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che la Turchia considera un’organizzazione terroristica. Da allora, le proteste in Turchia si sono progressivamente allargate. Domenica 23 marzo, il Tribunale penale di Istanbul ha confermato l’arresto di İmamoğlu nell’ambito dell’indagine per corruzione. Lo stesso giorno si sono tenute le primarie del Partito Popolare Repubblicano (CHP), di cui İmamoğlu fa parte e per cui risultava l’unico candidato alla corsa per le presidenziali del 2028; secondo le prime stime, si sono presentati ai seggi più di 15 milioni di persone. Con il grande risultato delle primarie e la decisione del Tribunale penale, le proteste, che stavano già vivendo un’ampia partecipazione, si sono ulteriormente intensificate. Mentre le mobilitazioni continuavano, il presidente turco Erdoğan ha accusato i partiti di opposizione di aver provocato un «movimento di violenza», definendo le manifestazioni «malvage» e chiedendo la loro cessazione.

La stessa domenica, decine di migliaia di persone sono scese in strada, raggiungendo 55 delle 81 province del Paese, e la tensione è sfociata in scontri con la polizia. A Istanbul, le forze dell’ordine in tenuta antisommossa hanno caricato i manifestanti con scudi e manganelli, impiegando anche gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma. Sempre a Istanbul, un sit-in di protesta ha bloccato il traffico su entrambi i lati del ponte di Galata, mentre, parallelamente, nella capitale Ankara i dimostranti si sono fermati davanti ai camion che trasportavano idranti, chiedendo alla polizia di lasciarli marciare in pace. In generale, l’esecutivo ha promosso un approccio repressivo nei confronti dei manifestanti, arrestando migliaia di persone, tra cui otto giornalisti e fotoreporter, e avviando indagini contro gli oppositori politici attivi sui social. Precedentemente, il governo aveva vietato per quattro giorni ogni manifestazione politica, bloccato strade, infrastrutture e metropolitane a Istanbul, e limitato l’accesso ai social media.

İmamoğlu è stato eletto due volte sindaco di Istanbul, la prima nel 2019 e la seconda l’anno scorso. Con l’elezione del 2019, che si dovette ripetere per decisione di Erdoğan, İmamoğlu mise fine a circa 25 anni di governo dell’AKP, il partito del presidente. Con i suoi mandati da sindaco, ha acquisito grande notorietà, diventando gradualmente il principale politico dell’opposizione turca. Il raid in casa sua, che ha raggiunto uffici e abitazioni in tutto il Paese, fermando altre 100 persone, ha fatto seguito di soli due giorni alla decisione dell’Università di Istanbul di ritirare a İmamoğlu il diploma di laurea, requisito fondamentale per candidarsi alle elezioni. İmamoğlu, inoltre, è finito più volte al centro di vicende giudiziarie che l’opposizione giudica come tentativi di delegittimazione e di ostacolare una sua possibile candidatura.

[di Dario Lucisano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria