lunedì 31 Marzo 2025

Altri tre Comuni italiani sono stati sciolti per mafia

Su proposta del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il Consiglio dei Ministri ha deliberato ieri lo scioglimento dei consigli comunali di Tremestieri Etneo (Catania), San Luca (Reggio Calabria) e Poggiomarino (Napoli), «in considerazione degli accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata». Pochi giorni fa era arrivata la condanna dell’ex sindaco di Tremestieri Etneo Santi Rando a otto anni per voto di scambio politico-mafioso nelle amministrative 2015. San Luca, già sciolto per mafia altre due volte in 25 anni, aveva visto l’assenza di candidati alle elezioni comunali di giugno 2023. A Poggiomarino, lo scorso ottobre era stato arrestato, tra gli altri, l’allora sindaco Maurizio Falanga, che avrebbe preso parte a un patto politico-mafioso. Uno spaccato che non fa che rendere evidente come – in particolare nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso – la criminalità organizzata continui a tenere in scacco grosse porzioni del territorio, influendo pesantemente sul suo scacchiere politico e amministrativo.

Nello specifico, il Comune di Tremestieri Etneo è stato sciolto per mafia dopo la condanna appena rimediata in primo grado, col rito abbreviato, dall’ex sindaco Santi Rando per voto di scambio. Insieme a lui è stato condannato a sette anni e due mesi Pietro Alfio Cosentino, accusato di concorso esterno e voto di scambio-politico mafioso e inquadrato dai pm come il collegamento tra politica e Cosa Nostra. È cognato del boss Vito Romeo, cui sono stati inflitti sei anni. Condannato anche Francesco Santapaola, cugino di secondo grado dello storico capomafia Nitto. Tra le altre condanne, spiccano anche quelle stabilite per i carabinieri Antonio Battiato e Antonio Cunsolo (quattro anni e quattro mesi di reclusione per ciascuno). A San Luca, comune sciolto per mafia per ben tre volte dal 2000 ad oggi, la situazione si è mostrata in tutta la sua criticità quando, alle elezioni del giugno 2024, nessuno si presentò come candidato sindaco. Lo scioglimento del consiglio comunale sarebbe motivato da presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’amministrazione locale, con le indagini della commissione d’accesso agli atti che avrebbero evidenziato come il potere della criminalità organizzata abbia compromesso il buon andamento dell’azione dell’amministrazione comunale del sindaco uscente Bruno Bartolo. Quest’ultimo, eletto nel 2019 dopo una fase in cui il Comune era stato commissariato ancora per mafia, aveva deciso di non riproporre la sua candidatura, negando però che vi fosse stata alcuna pressione o condizionamento da parte della ‘ndrangheta. La notizia dello scioglimento per infiltrazioni di Poggiomarino è invece arrivata proprio mentre andava in scena l’udienza del processo che vede alla sbarra l’ex sindaco del comune napoletano, Maurizio Falanga, per i suoi presunti legami con la Camorra. Insieme a lui sono imputati il suo vice Luigi Belcuore e l’imprenditore Franco Carillo, ritenuto l’intermediario del patto politico-mafioso con il boss Rosario Giugliano, che si sarebbe giocato sulla promessa di affidamenti di appalti pubblici in cambio di sostegno elettorale. L’inchiesta della Dda che ha poi portato all’apertura del processo è nata dalle dichiarazioni di un ex boss pentito, che ha parlato agli inquirenti degli intrecci mafia-politica dietro alla competizione elettorale.

Secondo i dati più recenti, fino alla fine del 2024 sono stati 386 i consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose (25 dei quali annullati a seguito di ricorso), cui ovviamente vanno aggiunti gli ultimi scioglimenti. A questi occorre inoltre sommare quelli di 7 aziende ospedaliere, cinque in Calabria e due in Campania. Tracciando un bilancio all’interno di un articolato dossier, nel novembre del 2023 Avviso Pubblico aveva rilevato come le infiltrazioni nei Comuni, «lungi dal costituire un dato episodico», rappresentano un «dispositivo strutturale dei clan», capaci di ottenere «occasioni strategiche di radicamento territoriale e di arricchimento». In particolare, l’associazione aveva evidenziato che, sebbene «non manchino pressioni, minacce e intimidazioni sulle amministrazioni o durante il delicato momento delle campagne elettorali», la strategia privilegiata dai clan «è quella utilitaristica», che li spinge «a sfruttare ogni varco e ogni relazione possibile, anche con l’imprenditoria». Proprio per questo motivo, nonostante fino a oggi il 95% degli scioglimenti si concentri in quattro regioni del Sud – Calabria, Campania, Sicilia e Puglia – risultano ormai in crescita esponenziale anche gli scioglimenti di Enti Locali nel territorio del Nord e del Centro Italia, il cui retroterra economico si presenta estremamente funzionale agli investimenti illegali delle mafie.

[di Stefano Baudino]

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