Il primo ministro israeliano Netanyahu ha chiarito le condizioni israeliane per fermare il genocidio a Gaza: ottenere il controllo della Striscia e implementare il piano di deportazione di Trump. L’annuncio è arrivato in occasione della riunione dell’esecutivo israeliano di domenica 30 marzo, in cui il primo ministro ha discusso delle «menzogne» che si direbbero riguardo a Israele e ai suoi rapporti con Hamas. Il giorno seguente è arrivata la proposta israeliana, che prevede in prima battuta l’instaurazione di una tregua temporanea durante la quale fare rientrare la metà degli ostaggi vivi ancora presenti nella Striscia. Nel frattempo, i bombardamenti non si sono fermati. Dalla ripresa delle aggressioni militari, Israele ha ucciso più di 1.000 persone. Solo negli ultimi due giorni l’esercito israeliano ha ucciso 80 persone, e sono stati trovati i corpi di 15 operatori umanitari e sanitari. Le IDF, inoltre, hanno diffuso ordini di evacuazione in quasi tutta la città di Rafah, nel sud della Striscia, sfollando decine di migliaia di persone.
La proposta israeliana ad Hamas è arrivata ieri ed è stata spiegata al quotidiano israeliano Jerusalem Post da un funzionario anonimo. Il piano sarebbe quello di instaurare una tregua temporanea di 40 giorni, in cui fare rientrare 10 degli ostaggi israeliani ancora vivi e l’ostaggio israelo-statunitense Edan Alexander. Il quadro proposto richiederebbe inoltre ad Hamas di fornire informazioni complete sulle condizioni degli ostaggi rimasti. Durante i 40 giorni di tregua si discuterebbe di come arrivare a una completa cessazione delle ostilità che, in ogni caso, passerebbe dall’istituzione di una zona cuscinetto all’interno della Striscia di Gaza, la smilitarizzazione della zona, la gestione della sicurezza a Israele e l’espulsione dei membri di Hamas. Proprio sulle condizioni israeliane per una tregua finale, Netanyahu è stato piuttosto limpido: «Hamas deporrà le armi. Ai suoi leader sarà permesso di andarsene. Ci occuperemo della sicurezza generale nella Striscia di Gaza e consentiremo la realizzazione del piano Trump per la migrazione volontaria», ha spiegato. «Questo è il piano. Non lo nascondiamo e siamo pronti a discuterne in qualsiasi momento».
La proposta di “pace” israeliana è arrivata due giorni dopo l’annuncio che Hamas aveva accettato un piano che contemplava, a detta dell’agenzia di stampa Associated Press, la liberazione di 5 ostaggi vivi, tra cui Edan Alexander, e l’instaurazione di una tregua di 50 giorni in cui fare entrare aiuti umanitari nella Striscia. Mentre si discute della tregua, come sottolineato dallo stesso Netanyahu, Israele non ha smesso di bombardare e ha, anzi, alzato il tiro nelle violenze come parte di una strategia di pressione per spingere Hamas ad accettare le sue condizioni. Ieri, il numero di persone uccise dalla rottura definitiva della tregua ha superato i 1.000 individui. Solo ieri, Israele ha ucciso 27 persone e sono stati rinvenuti i corpi di 15 operatori umanitari e sanitari appartenenti all’ONU, alla protezione civile e alla Mezzaluna Rossa Palestinese nell’area di Rafah, sepolti in una fossa comune con le luci di emergenza della loro ambulanza. Sempre ieri mattina, il portavoce delle IDF in lingua araba, Avicahy Adraee, ha diramato un ordine di evacuazione per buona parte del governatorato di Rafah, costringendo circa 140.000 persone ad abbandonare i propri rifugi per dirigersi a nord. «Come se la morte, le malattie, la distruzione e la fame non bastassero ai palestinesi di Gaza» scrive Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente, «le persone vengono trattate come flipper e i loro destini e le loro vite vengono costantemente influenzati da ordini militari».
Non ci sono più parole per esprimere lo sdegno di ciò che sta accadendo nel territorio Palestinese, nel silenzio omertoso dei media occidentali, con l’appoggio di tutte le grandi potenze mondiali e l’accettazione da parte degli stati arabi. Vergogna assoluta.