Ieri si è tenuto in Belgio uno sciopero nazionale per contestare le politiche del lavoro del governo, costringendo gli aeroporti a tenere a terra tutti i voli programmati. La protesta ha coinvolto l’intero settore dei trasporti, causando interruzioni del servizio su scala nazionale. Alcuni manifestanti hanno inoltre bloccato l’accesso a diversi negozi nella zona commerciale di Bruxelles. I dimostranti contestavano in particolare le misure di austerità dell’esecutivo, soprattutto in materia di pensioni e politiche del lavoro. Secondo i manifestanti, la riforma delle pensioni pianificata dal governo premierebbe infatti chi lavora oltre l’età pensionabile con almeno 35 anni di servizio, penalizzando invece chi va in pensione anticipata senza aver maturato tale requisito.
Lo sciopero ha fatto fermare il Paese per 24 ore, bloccando il settore pubblico e privato e generando gravi interruzioni nei trasporti e nei servizi essenziali. La protesta, organizzata dai sindacati cristiani e socialisti, è stata una risposta ai tagli al bilancio annunciati dal governo di coalizione guidato dal nazionalista fiammingo Bart De Wever, noto come “Arizona” per i colori dei partiti che lo compongono. Le riforme proposte incidono pesantemente su pensioni, sussidi di disoccupazione, servizi pubblici e mercato del lavoro, suscitando un ampio dissenso tra la popolazione. Fin dalle prime ore di lunedì, i lavoratori hanno formato picchetti in tutto il Paese, paralizzando i trasporti: meno della metà degli autobus e tram nelle Fiandre sono entrati in servizio, mentre il traffico ferroviario ha subito drastici rallentamenti. A livello internazionale, l’impatto si è fatto sentire soprattutto nel traffico aereo, con tutti i 244 voli dell’aeroporto di Bruxelles cancellati e lo scalo di Charleroi completamente fermo. Anche Brussels Airlines ha annullato la quasi totalità dei voli, coinvolgendo passeggeri da Germania, Italia e Spagna. L’agitazione ha coinvolto ampi settori dell’economia. Oltre ai trasporti, anche scuole, uffici postali e servizi di raccolta rifiuti sono stati interrotti, mentre i porti di Anversa e Zeebrugge hanno subito rallentamenti nelle operazioni logistiche. Sebbene l’impatto nel settore sanitario e nella grande distribuzione sia stato più limitato, la mobilitazione ha coinvolto anche lavoratori dell’industria, della cultura e del commercio al dettaglio.
I sindacati accusano il governo di aver tradito le promesse elettorali, implementando oltre un miliardo di euro di tagli ai servizi sociali mentre aumentano le spese per la difesa. «In breve: hanno mentito», ha dichiarato la Federazione generale del lavoro del Belgio (FGTB), denunciando le misure che penalizzano soprattutto lavoratori, pensionati e giovani. Un tema ricorrente nei picchetti è stata la sproporzione nell’impatto delle riforme, con i costi dell’austerità scaricati sulle fasce più deboli della popolazione mentre i grandi capitali restano intoccati. Le nuove politiche – evidenziano i sindacati – colpiscono in modo particolare le donne, già sovrarappresentate nei lavori precari e a tempo parziale. Le riforme sulle pensioni rischiano di rendere ancora più difficile per loro maturare i requisiti per un assegno dignitoso, mentre l’allungamento dell’orario di lavoro e la liberalizzazione dei turni notturni potrebbero aggravare il loro carico di stress. Le organizzazioni femministe, come Collecti.ef 8 maars Ghent, hanno partecipato allo sciopero denunciando il divario salariale e le difficoltà di conciliazione tra vita lavorativa e familiare. Un altro nodo cruciale è rappresentato dalle nuove normative sugli straordinari, che potrebbero aumentare la settimana lavorativa fino a 52 ore, minacciando il benessere fisico e mentale dei lavoratori. «Questo ritmo aumenterà il rischio di malattie legate allo stress e indebolirà ulteriormente la nostra rete di sicurezza sociale», ha avvertito la Confederazione dei sindacati cristiani (ACV-CSC).
Le tensioni tra il governo e i lavoratori non sono nuove. Già a febbraio, centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza a Bruxelles contro le politiche dell’esecutivo, in concomitanza con un altro sciopero nazionale. «Oggi il movimento è molto popolare, la gente è stufa. Nessuno vuole lavorare fino a 67 anni per guadagnare meno», ha dichiarato Stefano Scibetta, delegato senior della FGTB. Il Partito dei Lavoratori del Belgio (PTB-PVDA), che ha sostenuto lo sciopero, ha sottolineato come la pressione pubblica abbia già costretto il governo a rivedere alcune proposte. «Abbiamo la sensazione che siano divisi ed esitanti. Più sosteniamo lo sciopero, maggiori saranno le nostre possibilità di bloccare i loro piani di distruzione sociale», ha affermato un rappresentante del partito. I sindacati promettono di non fermarsi qui, annunciando che la battaglia per pensioni dignitose, salari equi e servizi pubblici di qualità è appena iniziata.
Una bella notizia del giorno. Un sindacato cristiano ed uno socialista. Forse un nuovo spettro comincia ad aggirarsi per l’ Europa…