lunedì 7 Aprile 2025

Il video che prova come la strage di medici da parte di Israele sia stata deliberata

Al contrario da quanto dichiarato in precedenza dall’esercito israeliano, i militari di Tel Aviv avrebbero deliberatamente aperto il fuoco su un convoglio umanitario composto da medici e vigili del fuoco regolarmente contrassegnati e con le luci di emergenza accese. A inchiodare le tesi diramate in precedenza dai portavoce israeliani – secondo cui i veicoli attaccati viaggiavano “in modo sospetto” e “a fari spenti” – è un video trovato sul cellulare di una delle vittime, le quali sono state sepolte dopo l’accaduto in una fossa comune a fine marzo. La registrazione, della durata di sette minuti e confermata dalla stampa americana, è stata presentata dalla Mezzaluna Rossa Palestinese in una conferenza stampa delle Nazioni Unite e mostra chiaramente come il convoglio sia stato attaccato deliberatamente nonostante stesse agendo in conformità alla regolamentazione, per l’ennesimo crimine di guerra israeliano compiuto in Palestina. Si tratta dell’attacco «più mortale a livello globale contro operatori umanitari appartenenti all’organizzazione dal 2017», ha commentato Dylan Winder, rappresentante della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa presso le Nazioni Unite, definendo il tutto «un oltraggio».

La vicenda, dettagliata proprio dalla Mezzaluna Rossa Palestinese, risale al 23 marzo scorso. Mentre le forze israeliane avanzavano sulla città di Rafah, a sud di Gaza, prima dell’alba di domenica scorsa, un’ambulanza è partita per evacuare i civili feriti dai bombardamenti israeliani, ma il suo equipaggio è stato colpito lungo la strada. Diverse altre ambulanze e un camion dei pompieri, quindi, si sono diretti sul posto nelle ore successive per soccorrerli insieme ad un veicolo delle Nazioni Unite, arrivando a un totale di diciassette persone. Poi il silenzio.

Dopo ben cinque giorni di negoziato con l’esercito israeliano per concordare un passaggio sicuro per cercare le persone scomparse, la squadra di recupero ha trovato 15 morti – otto membri dell’equipaggio dell’ambulanza della Mezzaluna Rossa e paramedici, sei soccorritori della difesa civile e un dipendente delle Nazioni Unite -con la maggior parte dei loro corpi gettati in una fossa comune. Da lì, è partito un reciproco scambio di accuse: da una parte le organizzazioni umanitarie hanno accusato Israele di aver «ucciso operatori umanitari che non avrebbero mai dovuto essere attaccati», mentre dall’altra l’esercito di Tel Aviv, tramite il tenente colonnello e portavoce militare Nadav Shosani, ha riferito che «nove delle persone uccise erano militanti palestinesi» e che «le forze israeliane» non avrebbero «attaccato casualmente» un’ambulanza, ma che diversi veicoli «sono stati identificati mentre avanzavano in modo sospetto» senza fari o segnali di emergenza verso le truppe israeliane, costringendoli a sparare.

Tuttavia, ad inchiodare tali affermazioni è stato un video pubblicato a circa due settimane di distanza in una conferenza stampa delle Nazioni Unite dalla Mezzaluna Rossa Palestinese, il quale mostra che quanto accaduto sarebbe in realtà l’opposto: gli operatori umanitari erano facilmente riconoscibili e avevano le luci di emergenza accese quando sono stati attaccati all’improvviso dall’esercito israeliano, che ha sparato senza sosta per oltre 5 minuti consecutivi. La registrazione è stata confermata anche dal New York Times, che ha verificato la posizione e la tempistica del video confermandone l’autenticità con immagini satellitari. Nebal Farsakh, portavoce della Mezzaluna Rossa Palestinese, ha dichiarato che il paramedico che ha realizzato il video e che si sente pregare e chiedere aiuto per circa 7 minuti è stato ritrovato nella fossa comune con un proiettile in testa, aggiungendo che il suo nome non è stato ancora reso noto perché i parenti che vivono a Gaza sono preoccupati per le ritorsioni israeliane. «I loro corpi sono stati presi di mira da una distanza molto ravvicinata», ha dichiarato il dottor Younis Al-Khatib Khatib, presidente della Mezzaluna Rossa Palestinese, aggiungendo che Israele non ha fornito informazioni su dove si trovassero i medici scomparsi per giorni: «Sapevano esattamente dove si trovavano perché li hanno uccisi. I loro colleghi erano in agonia, le loro famiglie erano in agonia. Ci hanno tenuto per otto giorni al buio».

Dylan Winder ha affermato che a livello globale non accadeva nulla di simile dal 2017 e ciò, unito al fatto che il medico legale Ahmad Dhair esaminando i corpi ha dichiarato che quattro dei cinque operatori umanitari analizzati sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco multipli, tra cui ferite alla testa, al busto e alle articolazioni, rende tutt’altro che incerto ipotizzare che quanto accaduto possa rappresentare l’ennesimo crimine di guerra. Il diritto internazionale, infatti, come le Convenzioni di Ginevra e i Protocolli Aggiuntivi, stabilisce chiaramente che il personale medico «deve essere rispettato e protetto in ogni circostanza», in particolare se chiaramente identificabile attraverso abbigliamento adeguato e segnali distintivi come luci di emergenza.

Il video, così come le altre testimonianze raccolte negli anni, rivela il vero volto delle Forze di difesa israeliane (IDF) che nei giorni scorsi avevano dichiarato l’intenzione di voler avviare un’indagine sull’accaduto. Tuttavia, visti i precedenti, le aspettative non potevano essere particolarmente elevate.

[di Roberto Demaio]

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Roberto Demaio

Laureato alla facoltà di Matematica pura ed applicata dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Autore del libro-inchiesta Covid. Diamo i numeri?. Per L’Indipendente si occupa principalmente di scienza, ambiente e tecnologia.

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