lunedì 7 Aprile 2025

Meta pubblicizza gli insediamenti israeliani illegali (ma censura chi denuncia il genocidio)

Facebook ha consentito, nell’ultimo anno, la pubblicazione di annunci pubblicitari da parte di agenzie immobiliari israeliane che promuovono la vendita di abitazioni in villaggi e località della Cisgiordania occupata. La piattaforma, controllata dalla società Meta fondata e guidata da Mark Zuckerberg, ha ospitato inserzioni relative a immobili situati all’interno di insediamenti considerati illegali secondo il diritto internazionale. Alcuni annunci chiedevano anche la demolizione di edifici palestinesi, comprese scuole, mentre altri sollecitavano donazioni a favore dei soldati israeliani impegnati nelle operazioni militari nella Striscia di Gaza. Secondo diverse segnalazioni, Meta ha quindi permesso la diffusione di contenuti pubblicitari a sostegno di azioni considerate in violazione del diritto internazionale. Allo stesso tempo, la piattaforma ha rimosso contenuti che documentavano tali operazioni, ha oscurato pagine e profili pro-Palestina e ha licenziato alcuni dipendenti che avevano espresso dissenso rispetto a queste scelte.

Facebook ha pubblicato oltre 100 annunci pubblicitari a pagamento che promuovono insediamenti illegali e attività di coloni nella Cisgiordania occupata: è quanto emerge da un’inchiesta pubblicata da Al Jazeera. La maggior parte degli annunci riguarda la vendita di immobili situati nei territori occupati, rivolti ad acquirenti israeliani, statunitensi e britannici. Le inserzioni sono apparse per la prima volta nel marzo 2024 e molte risultano ancora attive. Tra queste, 48 sono state pubblicate dall’agenzia Gabai Real Estate, che promuove abitazioni all’interno degli insediamenti di Ma’ale Adumim e Efrat. Le abitazioni fanno parte di un piano di espansione approvato nello stesso mese dal Comitato di pianificazione superiore israeliano, organo sottoposto al Ministero delle Finanze guidato da Bezalel Smotrich, il quale, dal 2023, non necessita più di approvazioni politiche o militari per l’autorizzazione di nuovi insediamenti.

Tra le pubblicità individuate da Al Jazeera figurano quattro annunci della società immobiliare Ram Aderet, che promuovono la vendita di proprietà nell’insediamento israeliano di Ariel, situato a circa 20 chilometri a est della Linea Verde, nella Cisgiordania occupata. Ram Aderet ha ricevuto finanziamenti dalla Prima Banca Internazionale di Israele, istituto oggetto di una campagna di boicottaggio da parte del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), che accusa la banca di sostenere il sistema degli insediamenti nei territori occupati. Il 12 febbraio 2020, le Nazioni Unite hanno incluso la Prima Banca Internazionale di Israele in una lista di 112 entità coinvolte nel sostegno all’espansione degli insediamenti israeliani. L’inserimento è motivato dalla «fornitura di beni e servizi a sostegno della manutenzione e dell’esistenza degli insediamenti» e dalle «attività bancarie e finanziarie che contribuiscono allo sviluppo, all’espansione o al mantenimento degli insediamenti e delle loro operazioni».

Secondo il diritto internazionale, tutti gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono illegali. Il trasferimento della popolazione civile di una potenza occupante all’interno di territori occupati è classificato come crimine di guerra dallo Statuto di Roma della Corte penale internazionale. Oltre alla promozione di vendite immobiliari, tra gli annunci individuati da Al Jazeera figurano anche richieste di demolizione di abitazioni, scuole e parchi giochi palestinesi, allo scopo di liberare spazio per nuovi insediamenti. Inoltre, al di là della questione insediativa, Meta ha pubblicato annunci pubblicitari destinati alla raccolta fondi per unità militari israeliane impegnate nelle operazioni di sterminio nella Striscia di Gaza.

Interessante notare come, mentre lucrava sulla pubblicazione di annunci che promuovono l’espulsione nei confronti dei palestinesi, Meta ha costantemente censurato i contenuti che denunciano il genocidio ed esprimono sostegno nei confronti della resistenza palestinese. Arrivando al punto di denunciare chi, all’interno della stessa azienda, si opponeva alla censura. Come accaduto a Ferras Hamad, che ha fatto causa a Meta per il suo licenziamento che sostiene sia basato sulla condotta contraria agli algoritmi che oscurano i contenuti che riguardano il massacro subito dal popolo palestinese. Anche in Italia, la censura di Meta ha colpito i contenuti contrari agli interessi di Israele e in favore del popolo palestinese.

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Michele Manfrin

Laureato in Relazioni Internazionali e Sociologia, ha conseguito a Firenze il master Futuro Vegetale: piante, innovazione sociale e progetto. Consigliere e docente della ONG Wambli Gleska, che rappresenta ufficialmente in Italia e in Europa le tribù native americane Lakota Sicangu e Oglala.

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