Gli Stati Uniti continuano ad approvare vendite di armi a Israele, lontano da occhi indiscreti. L’ultima, infatti, sarebbe avvenuta circa un mese fa, ma ne è stata diffusa notizia solo a inizio aprile. Secondo un documento visualizzato dall’agenzia di stampa Reuters, gli USA avrebbero autorizzato la vendita di oltre 20.000 fucili d’assalto di fabbricazione statunitense a Israele, nell’ambito di un accordo ritardato dalla precedente amministrazione Biden per timore che le armi potessero essere utilizzate dai coloni israeliani in Cisgiordania. Almeno in teoria, le armi, fucili d’assalto automatici, sarebbero destinate alla dotazione della polizia nazionale, ma il Dipartimento di Stato ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione quando gli è stato chiesto se Israele avesse fornito rassicurazioni sul loro uso. Il totale della transazione sarebbe pari a 24 milioni di dollari, che andrebbero così ad aggiungersi ai miliardi già sbloccati dall’amministrazione Trump.
La vendita dei 20.000 fucili d’assalto a Israele sarebbe avvenuta il 6 marzo, ma è stata resa nota solo venerdì 4 aprile. Il documento visualizzato dall’agenzia di stampa Reuters [1] parla di fucili completamente automatici Colt Carbine calibro 5,56 mm. Questa stessa vendita era stata sospesa dopo che i legislatori democratici avevano sollevato obiezioni e chiesto informazioni su come Israele intendesse utilizzare i fucili. Quando era presidente, infatti, Biden aveva diffuso un memorandum in cui ricordava gli obblighi legali degli USA, che impediscono al Paese di trasferire armi quando è «più probabile di quanto non lo sia» che esse vengano utilizzate per commettere o facilitare il compimento di atti che violano i diritti umanitari. Contrariamente a quanto sostenuto da molti media, non si trattava di un «embargo parziale», tuttavia il documento aveva sortito qualche limitato effetto, bloccando indirettamente alcune vendite, proprio come quella di fucili potenzialmente utilizzabili dai coloni o quella di bombe ad alto impatto distruttivo.
La vendita di marzo si colloca all’interno di una generale accelerazione nella spedizione di armi statunitensi verso lo Stato ebraico. Sin da quando si è insediata, l’amministrazione Trump ha sbloccato vecchie transazioni e approvato nuove vendite per un valore totale di almeno 12 miliardi di dollari. Per quanto dal lato democratico ci sia maggiore contrarietà alla vendita di armi a Israele, il sostegno di cui godono le varie iniziative è quasi sempre bipartisan. Giovedì scorso, il Senato degli Stati Uniti ha respinto a larga maggioranza una proposta avanzata da Bernie Sanders per bloccare 8,8 miliardi di dollari di vendite di armi a Israele, votando separatamente due risoluzioni che hanno ottenuto solo 15 voti contrari su un totale di poco meno di 100 votanti.
Intanto non si fermano le aggressioni israeliane in Palestina. Domenica, dopo che le brigate di Al Qassam, il braccio armato di Hamas, hanno lanciato un bombardamento verso Israele, lo Stato ebraico ha intensificato le proprie operazioni a Gaza. Stamattina, l’aviazione israeliana ha bombardato una tenda che ospitava giornalisti vicino all’ospedale Nasser di Khan Younis, uccidendo almeno 2 persone e ferendone altre 7. Sempre in mattinata, Israele ha bombardato un edificio residenziale a Deir al Balah, nel centro della Striscia. Solo tra ieri e oggi, Israele ha ucciso oltre 50 persone. In totale, dall’escalation del 7 ottobre [2], l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 50.695 persone, anche se il numero totale dei morti potrebbe superare le centinaia di migliaia, come sostenuto da un articolo [3] della rivista scientifica The Lancet e da una lettera [4] di medici volontari nella Striscia. Dalla ripresa delle aggressioni [5] su larga scala del 18 marzo, invece, Israele ha ucciso almeno 1.338 persone.