Nei giorni scorsi, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, si è recato in visita presso il rigassificatore di Ravenna insieme al presidente dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale. Nel corso della visita, non si è persa occasione per sottolineare quanto l’infrastruttura costituisca una «sicurezza» per l’Italia, permettendo di aumentare la capacità di accumulo di gas e diversificare le fonti di approvvigionamento energetico – ora non più russo, ma americano. Tuttavia, mentre da un lato non vi è certezza che il GNL qui rigassificato rimanga in Italia (potrebbe essere venduto in Europa al miglior offerente), i costi ambientali dell’opera sono imponenti: per denunciarlo, i comitati ambientalisti hanno indetto una grande manifestazione di protesta per il prossimo sabato 12 aprile.
Una piattaforma con una capacità annua di 5 miliardi di metri cubi di gas, che viene estratto dall’altra parte del mondo, poi liquefatto, trasportato per migliaia di chilometri via mare e infine riconvertito nell’impianto appena costruito al largo delle coste ravennati, per essere immesso nella rete Snam, a disposizione del miglior offerente, italiano o estero che sia. Sul pontile della struttura, uno striscione recita a grandi lettere: «Per un futuro sostenibile». Questo è il rigassificatore di Ravenna, il grande impianto realizzato in fretta e furia nel 2022, dopo che l’Italia ha chiuso i rubinetti del gas russo a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Un progetto approvato in tempi record – appena 120 giorni per le autorizzazioni – e che ora è pronto ad avviare ufficialmente la produzione. La prima nave carica di gas, la Flex Artemis, è arrivata lo scorso 4 aprile dagli Stati Uniti con un carico di GNL americano. «Ora lo stiamo usando per calibrare gli strumenti» – spiega Elio Ruggeri di FSRU Italia, la società che gestisce il rigassificatore per conto di Snam – «ma tra pochi giorni saremo pienamente operativi».
È per questo che martedì si è svolta la visita del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, che, accompagnato dall’amministratore delegato di Snam e dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, si è concesso una gita in barca per osservare da vicino la grande struttura di cemento e acciaio destinata – secondo i promotori – a salvare l’Italia dalla crisi energetica: «Con questa grande nave il Paese è in sicurezza» ha affermato il ministro una volta sceso dalla barca, rallegrandosi del fatto che l’Italia torni così a raggiungere i 28 miliardi di metri cubi annui di capacità di accumulo di gas, lo stesso livello che aveva prima della guerra in Ucraina.
«Con l’avvio del terminale di Ravenna continuiamo a diversificare le nostre fonti di approvvigionamento, migliorando la resilienza del sistema energetico italiano» ha dichiarato l’AD di Snam, Stefano Venier. «Sicurezza degli approvvigionamenti, economicità dei costi, sostenibilità ambientale ma anche sociale» – ha aggiunto imperativamente De Pascale. «Sostenibilità, sicurezza, diversificazione, resilienza». Parole d’ordine che tornano ciclicamente ogni volta che si parla di una struttura che, al di là dei proclami, di sostenibile ha ben poco.
La crisi con la Russia poteva rappresentare un’occasione per dirigere il Paese verso nuove strade nel soddisfacimento del fabbisogno energetico, potenziando ad esempio lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Si è invece deciso di investire ancora di più in un sistema che ci mantiene dipendenti dal gas: non più russo, ma americano, con costi più elevati e un impatto ambientale maggiore rispetto a quello dei metanodotti. Il tutto alla modica cifra di 1 miliardo di euro. Come se non bastasse, il gas rigassificato non resterà necessariamente in Italia: una volta introdotto nella rete nazionale, potrà essere indirizzato anche verso altri Paesi del Nord Europa, a seconda di chi si aggiudicherà le navi di GNL all’asta. È anche per questo che proprio a Ravenna, sabato, si terrà una manifestazione nazionale di protesta contro le fonti fossili, intitolata Usciamo dalla camera a gas.

«Qui siamo invasi dall’economia fossile» – spiega a L’Indipendente Pippo Tadolini, coordinatore del comitato Per il clima, fuori dal fossile – «A Ravenna non c’è solo il rigassificatore, ma anche in costruzione un grande tratto del gasdotto della Linea Adriatica, la proposta di ampliare le trivellazioni e il progetto, in fase sperimentale, dello stoccaggio in mare della CO₂. Insomma, siamo diventati una zona di sacrificio per gli interessi del settore oil & gas».
Proprio a Ravenna si è tenuto, dall’8 al 10 aprile, OMC Med Energy, il vertice del settore estrattivo del Mediterraneo: «Un luogo dove si parla in maniera roboante di transizione ecologica, sostenibilità e decarbonizzazione, ma da cui si esce sempre con un rafforzamento dei progetti fossili e un aumento dei profitti del settore» osserva Tadolini. L’evento è stato inaugurato martedì mattina proprio dal ministro Pichetto Fratin, che ha illustrato il suo mix energetico per l’Italia, inserendovi un po’ di tutto: eolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermico e persino nucleare. Subito dopo, però, si è recato a rendere omaggio alla nuova cattedrale del gas fossile.
«Noi abbiamo organizzato un vero e proprio controconvegno – continua Tadolini – con appuntamenti per tutta la settimana, fino ad arrivare alla manifestazione di sabato, con la quale chiediamo che si inizi finalmente a delineare una road map per l’uscita dalle fonti fossili, verso un modello realmente sostenibile. Il trend del consumo di gas metano è in costante diminuzione, mentre qui si continua a investire sulle fonti fossili, togliendo al contempo i sussidi alle energie alternative».
Proprio parlando di energie alternative: a poca distanza dal rigassificatore, sempre al largo delle coste ravennati, dovrebbe sorgere Agnes, un grande parco eolico in grado di produrre energia pulita per mezzo milione di persone. Se ne parla da anni, ma il progetto è ancora bloccato da permessi, bandi, aste e iter autorizzativi lunghissimi. «Per autorizzare il rigassificatore ci hanno messo 120 giorni» – conclude Tadolini, con amara ironia – «ce ne vogliono di più per aprire un chiosco di piadine».