Tutto parte da una lettera firmata da quasi mille soldati israeliani, tra riservisti in servizio e in pensione dell’aeronautica militare, in cui si chiede la fine della guerra a Gaza. Il documento esorta il governo a interrompere i bombardamenti, sostenendo che questi rispondano ormai a «interessi politici e personali» più che alla sicurezza nazionale. «La continuazione della guerra non avanza nessuno degli obiettivi dichiarati della guerra e porterà alla morte degli ostaggi, dei soldati dell’IDF e dei civili innocenti», si legge nella missiva. Una frattura evidente all’interno dell’esercito di Tel Aviv, che il governo si è affrettato a ricomporre con fermezza. L’IDF ha infatti annunciato l’immediato licenziamento dei firmatari ancora in servizio, decisione sostenuta dal premier Netanyahu, che ha accusato i militari dissidenti di essere pagati da potenze straniere, un’accusa ricorrente nei regimi autoritari per delegittimare l’opposizione. Ma la crepa sembra destinata ad allargarsi, dal momento che questa mattina è giunto il sostegno ai soldati dissidenti da parte di centinaia di riservisti della famigerata Unità 8200, la divisione d’élite dell’esercito israeliano specializzata nella guerra cibernetica.
La lettera è stata redatta da membri in pensione e riservisti attualmente in servizio dell’aeronautica militare israeliana. Il testo non si spinge a proclamare un rifiuto generalizzato di servire l’esercito, ma esorta il governo a dare priorità al rilascio degli ostaggi rispetto alla prosecuzione della guerra a Gaza. Secondo quanto riportato dal quotidiano Times of Israel, il comandante dell’aeronautica Tomer Bar ha incontrato in settimana diversi riservisti e veterani nel tentativo di bloccare la pubblicazione della lettera. Tutti i firmatari, ad eccezione di cinque, hanno sottoscritto con il proprio nome completo. Si stima che circa il 10% dei firmatari siano riservisti attivi. «Solo un accordo può restituire gli ostaggi in sicurezza. La continuazione della guerra non avanza nessuno degli obiettivi dichiarati della guerra e porterà alla morte degli ostaggi, dei soldati dell’IDF e dei civili innocenti», si legge nella missiva.
Nella lettera non si chiede esplicitamente la fine del conflitto né del genocidio in corso, né si fa riferimento alle sofferenze del popolo palestinese. A parte un vago riferimento ai civili, che non è nemmeno chiaro se si riferisca ai palestinesi, ci si concentra sulla salvezza e la liberazione degli ostaggi israeliani, come da mesi chiedono centinaia di migliaia di cittadini. La differenza sostanziale è che, in questo caso, a formulare tale richiesta è una parte dell’esercito, esercitando una pressione ulteriore sul governo. L’esecutivo ha risposto immediatamente promettendo una reazione dura e annunciando licenziamenti. E così è stato. Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, il capo di stato maggiore dell’esercito, Eyal Zamir, ha approvato il licenziamento di comandanti anziani e di circa 1.000 riservisti per aver chiesto la fine della guerra. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, riferisce il Times of Israel, ha definito quella dei firmatari una piccola minoranza finanziata da organizzazioni che mirano a rovesciare il suo governo. Sul suo profilo X ha inoltre espresso pieno sostegno alla decisione del ministro della Difesa, Israel Katz.
Ma la lettera dei riservisti dell’aeronautica potrebbe essere stata solo la prima goccia. Come riporta oggi il Jerusalem Post, centinaia di ufficiali riservisti, soldati in servizio attivo e ufficiali in pensione dell’Unità 8200 hanno firmato una lettera analoga, con l’intenzione di renderla pubblica. «Ci identifichiamo con la grave e preoccupante affermazione che, in questo momento, la guerra serve principalmente interessi politici e personali, non interessi di sicurezza», hanno dichiarato gli ufficiali. Parallelamente, secondo quanto riferisce The New Arab, oltre 150 ex ufficiali navali israeliani hanno aggiunto la loro voce al crescente dissenso, chiedendo la fine immediata degli attacchi a Gaza e sollecitando la protezione dei prigionieri israeliani ancora detenuti nella Striscia, in mezzo a una nuova ondata di bombardamenti. Il governo Netanyahu manterrà la linea dura per spezzare il dissenso o dovrà scendere a compromessi per soddisfare la parte dell’esercito che vuole la fine delle ostilità? Ancora presto per dirlo e, aldilà delle dichiarazioni risolute di Netanyahu, è probabile che molto dipenderà da quante firme si aggiungeranno nei prossimi giorni. Di certo, dopo mesi di manifestazioni da parte della società civile (numerose ma sistematicamente ignorate), è ora parte dell’esercito a esercitare una nuova, e decisamente più forte, pressione sul governo israeliano.
Arrestate Netanyahu, ma questa Corte Internazionale per i reati contro l’Umanità funziona solo contro gli Africani??