La crescita delle montagne potrebbe non essere solo uno spettacolo della geologia, ma anche un motore diretto dell’evoluzione della vita sulla Terra: è quanto emerge dal lavoro dettagliato in un nuovo studio condotto da un team di ricercatori guidato da scienziati dell’Università dell’Indiana, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science. Secondo i risultati ottenuti utilizzando modelli informatici avanzati, la fauna si evolverebbe in risposta ai cambiamenti di paesaggio e, in particolare, alla creazione di nuove montagne, le quali favoriscono la nascita di nuove specie, in particolare tra piccoli mammiferi e roditori. Si tratta di uno studio che, secondo gli autori, rafforza il legame tra geologia e biologia evolutiva, suggerendo che i paesaggi non siano semplici sfondi, ma partecipino attivamente alla formazione della biodiversità. «Lo studio evidenzia anche come i cambiamenti geologici in corso potrebbero continuare a influenzare la biodiversità in futuro», ha commentato il coautore Eyal Marder, aggiungendo che comprendere il ruolo della geologia potrebbe aiutare a prevedere e proteggere la biodiversità minacciata dai cambiamenti climatici.
Per decenni, i biologi hanno osservato che le montagne ospitano una varietà di specie sorprendente, ma le cause di questa ricchezza restavano incerte: non era chiaro se la biodiversità montana derivasse da processi evolutivi legati al paesaggio o da altri fattori ecologici. Lo studio appena pubblicato ha deciso di affrontare direttamente questa domanda, mostrando che l’innalzamento delle montagne crea nuovi habitat e isola geograficamente le popolazioni, favorendo la speciazione, cioè la nascita di nuove specie. Per analizzare questo fenomeno gli autori si sono serviti di Adascape, un modello informatico che simula l’evoluzione delle specie in risposta ai cambiamenti del territorio. Oltre ad Adascape, sono stati sviluppati nuovi software per creare un mondo virtuale in cui osservare come le specie si differenziano nel corso di milioni di anni, mentre le montagne si formano e modificano il paesaggio.
Nelle simulazioni, il team ha fatto iniziare l’esperimento da un paesaggio piatto, abitato da un’unica specie di roditori, e poi, con l’innalzamento delle montagne virtuali, ha notato che gli animali si sono spostati, adattati e infine differenziati in categorie distinte. Le simulazioni hanno rivelato che, con l’innalzamento delle montagne, le specie si adattano a nuove altitudini e si isolano geograficamente, stimolando l’emergerne di nuove attraverso un processo noto come speciazione allopatrica, spiegano i coautori. Le analisi, poi, hanno confrontato la biodiversità nelle aree montane e nelle pianure adiacenti, dove i reperti fossili sono meglio conservati. Secondo i risultati ottenuti, molte specie originatesi in montagna si sarebbero poi diffuse verso altitudini inferiori, contribuendo a spiegare alcuni picchi di biodiversità effettivamente osservati nei fossili, come quelli risalenti a circa 15 milioni di anni fa negli Stati Uniti occidentali. Secondo gli autori, infine, si tratta di evidenze che potrebbero persino aiutare i conservazionisti a individuare le categorie più vulnerabili ai cambiamenti ambientali, e a guidare strategie per la protezione della biodiversità montana. Lo studio «offre un nuovo modo di studiare gli effetti a lungo termine dei cambiamenti ambientali. Studi futuri potrebbero integrare prove fossili e dati genetici per convalidare ulteriormente questi modelli e perfezionare le previsioni su come le specie si evolvono in risposta ai cambiamenti paesaggistici», concludono i coautori.