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Come sono andate realmente le cose durante gli “scontri” al corteo per Gaza

Sabato 12 aprile, a Milano, si è tenuta la manifestazione nazionale [1] per la Palestina. A meta quasi raggiunta, la situazione è degenerata in una carica della polizia che ha portato all’arresto di 7 persone, che sono tornate a casa con denunce per resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, oltre che con fogli di via. Degli “scontri” si è parlato tanto, come tanto si è parlato delle scritte sui muri e delle vetrine danneggiate, ignorando completamente il fatto che andava realmente riportato: dopo oltre un anno di continue mobilitazioni, decine di migliaia di persone si sono trovate nuovamente a manifestare contro un genocidio che sta avvenendo sotto gli occhi del mondo, con il beneplacito del governo italiano. Gli stessi “scontri” che hanno monopolizzato i titoli di giornale, inoltre, sono stati raccontati in maniera faziosa e parziale. Noi de L’Indipendente eravamo presenti, e dopo esserci presi qualche manganellata possiamo raccontare cos’è successo davvero.

Le cariche della polizia sono iniziate dopo una lunga marcia pacifica, all’imbocco di Piazza Baiamonti. La fine della via che si immette nel piazzale è una strada a un’unica carreggiata attraversata su entrambe le corsie da binari del tram. Sulla sinistra risulta chiusa dagli edifici e sulla destra inizia ad aprirsi al piazzale. Poco più avanti, è presente un’isola di traffico che apre la piazza anche a sinistra. Le forze dell’ordine erano schierate sul lato destro del piazzale e, dopo l’isola di traffico, a sinistra. Subito dopo avere imboccato la Piazza, ho notato che le forze dell’ordine stavano preparandosi alla carica. Mi sono così messo a debita distanza, sul lato sinistro del piazzale, per osservare cosa succedesse. Quando l’isola di traffico è stata raggiunta da uno striscione attribuito ai soliti non meglio identificati “gruppi antagonisti”, dietro cui si trovavano solo persone intente a camminare, la polizia ha chiuso a uncino il corteo, spaccandolo a metà e caricando i manifestanti. Le forze dell’ordine hanno provato ad arrestare arbitrariamente alcuni dei presenti, sventolando gli sfollagente alla cieca. Nel frattempo, il cordone parallelo a quello che ha iniziato le cariche ha iniziato a spingere i manifestanti con gli scudi, e colpito la gente, me compreso, con calci e manganellate.

Dopo le cariche, la polizia ha chiuso in una morsa i manifestanti e si è creata una situazione caotica che vedeva da una parte schierate le forze dell’ordine e dall’altra la maggior parte dei manifestanti. A quel punto, la polizia ha iniziato a prelevare in maniera arbitraria e violenta alcuni dei presenti. Osservando questa scena, sono intervenuto in soccorso di un ragazzo accerchiato da sei agenti intenti a malmenarlo. L’assoluta casualità con cui sono state raccattate le persone da portare in Questura risulta evidente dal fatto che anche io sono stato fermato, e che sono riuscito a “liberarmi” solo spiegando la mia posizione e affermando di essere finito in mezzo alla ressa per assicurarmi che nessuno si facesse male. Quelli che i giornali di tutta Italia hanno definito “scontri” non sono stati altro che cariche ingiustificate e premeditate delle forze dell’ordine, portate avanti al solo fine di dividere il corteo in “buoni” e “cattivi” e arrestare alcuni manifestanti per la loro presunta sigla di appartenenza. Un’azione tanto pensata, quanto male eseguita, considerando la totale inefficienza nel fermare i presenti. Essa, tuttavia, arriva giusto all’indomani dell’entrata in vigore del DL Sicurezza, giustificandone agli occhi del pubblico l’insieme di misure repressive e liberticide.

Se questa narrazione del DL e dei fatti di sabato è possibile è anche grazie ai titoli di giornale che piuttosto che parlare del vero scopo della manifestazione hanno preferito isolare qualche caso di imbrattamento non attribuibile a nessuno e demonizzare i manifestanti scaricando su di loro le responsabilità delle violenze della polizia. Sabato si manifestava per denunciare i soprusi israeliani e il coinvolgimento delle istituzioni italiane nel genocidio del popolo palestinese. Tra le persone a cui la piazza del 12 aprile intendeva dare voce, c’erano anche gli oltre 210 giornalisti uccisi mentre facevano il loro lavoro. Questo non si limita a fungere da spettatore terzo delle violenze, ma significa svolgere un ruolo cruciale nella difesa dei diritti delle persone che quelle violenze le subiscono. Se (su scala minore) gli operatori dei media presenti in Piazza Baiamonti avessero fatto quello che fanno quotidianamente i giornalisti palestinesi e avessero sfruttato la loro posizione di oggettivo privilegio per evitare che la situazione degenerasse, probabilmente oggi i giornali parlerebbero di Palestina e di non di scritte sui muri.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.