mercoledì 16 Aprile 2025

Trump toglie i fondi ad Harvard perché rifiuta di allinearsi su dissenso e diritti

Il Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti d’America ha tagliato i fondi all’Università di Harvard dopo che l’ateneo si è rifiutato di modificare le proprie politiche sui diritti degli studenti e l’autonomia dell’istituzione. A dare il via libera è stata la task force contro l’antisemitismo, che ieri, lunedì 14 aprile, ha rilasciato un comunicato in cui annuncia il congelamento di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni pluriennali e di 60 milioni di dollari in contratti pluriennali con l’Università. A scatenare le frizioni è stata anche la richiesta di istituire una commissione esterna in linea con le politiche federali per «indagare» su tutti gli «atti di antisemitismo» verificatisi nell’istituto dal 7 ottobre 2023 a oggi, con la quale il rettore avrebbe dovuto collaborare fornendo informazioni personali sugli individui accusati. Tra le richieste, anche quella di rafforzare la governance di ateneo, centralizzandone i poteri, rispettando le linee governative e riducendo lo spazio di manovra a studenti, docenti e dipartimenti.

La richiesta di cambiare le politiche di ateneo è pervenuta al rettore dell’Università, Alan Michael Garber, lo scorso 11 aprile. Nella lettera, inoltrata dal Dipartimento dell’Istruzione, l’amministrazione statunitense avanza diverse richieste all’ateneo, minacciando di tagliare i finanziamenti federali. La prima è quella di attuare riforme alla governance e alla leadership dell’Università, nell’ottica di una forte centralizzazione. Il governo statunitense chiede ad Harvard di ridurre il potere di docenti di ruolo e non, studenti, facoltà, e ricercatori impegnati in cause attiviste, contrastando il decentramento dell’istituzione a favore dell’applicazione delle «modifiche indicate nella presente lettera», che si collocano in piena continuità con le politiche federali. Tra di esse, infatti, viene inclusa la cancellazione dei programmi di diversità e inclusione in ogni forma, anche per quanto riguarda le limitazioni al linguaggio d’odio.

A tal proposito, il Dipartimento dell’Istruzione chiede di attuare riforme delle ammissioni e delle assunzioni basate sul merito, «dimostrandole attraverso cambiamenti strutturali e del personale». Tutti i dati relativi alle assunzioni e alle ammissioni, si legge nella lettera, «saranno condivisi con il governo federale e sottoposti a un audit completo da parte del governo federale durante il periodo di attuazione delle riforme, che durerà almeno fino alla fine del 2028». Stesso destino per le procedure di ammissione degli studenti internazionali. Il Dipartimento impone infine ad Harvard un drastico cambio nelle politiche studentesche, che va dal rafforzamento dei poteri della polizia d’ateneo e dall’eliminazione dei suoi vincoli operativi per consentirle di agire con maggiore prontezza, al monitoraggio dei gruppi studenteschi, fino al bando e all’espulsione di sigle e studenti coinvolti nelle mobilitazioni a favore dei diritti dei palestinesi. A tal proposito, avanza all’Università la richiesta di collaborare con una commissione esterna approvata dal governo per denunciare i casi di «antisemitismo», che verrebbero valutati dalla commissione stessa.

Le richieste dell’amministrazione Trump sono semplici: eliminare ogni forma di dissenso interno all’Università, adottare una profonda ristrutturazione dell’ateneo in linea con le politiche federali e ridurre l’autonomia dell’istituto, ponendolo sotto costante controllo da parte del governo. Il tutto, prendendo specificamente di mira le politiche di inclusione e l’attivismo per la Palestina. La risposta di Harvard è stata chiara: «L’Università non rinuncerà alla propria indipendenza né rinuncerà ai propri diritti costituzionali». Dopo aver ribadito il proprio impegno contro ogni forma di discriminazione, Harvard ha ricordato che non c’è alcun bisogno di implementare le misure contro l’antisemitismo, già revisionate l’anno scorso. Ha poi affermato che le richieste del governo si collocano in aperta violazione del Primo Emendamento degli USA, quello sulle libertà di cui la federazione si fa garante, tra cui, «come riconosciuto dalla Corte Suprema», l’autonomia delle università dal governo. Harvard, si legge nella lettera, «rimane aperta al dialogo su ciò che l’Università ha fatto e intende fare per migliorare l’esperienza di ogni membro della sua comunità». Tuttavia, continua, «non è disposta ad accettare richieste che vadano oltre l’autorità legittima di questa o di qualsiasi altra amministrazione».

L’attacco all’Università di Harvard non è il primo che viene lanciato dall’amministrazione Trump. Recentemente, il governo ha infatti tagliato i fondi anche alla Columbia University, giustificandolo con l’accusa rivolta all’Università di non aver contrastato adeguatamente episodi di antisemitismo all’interno del campus. Per tale motivo, è stato anche ordinato l’arresto di uno studente Mahmoud Khalil, identificato come il leader del movimento studentesco a sostegno della Palestina.

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Dario Lucisano

Laureato con lode in Scienze Filosofiche presso l’Università di Milano, collabora come redattore per L’Indipendente dal 2024.

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