lunedì 21 Aprile 2025

Il Ghana caccia le aziende straniere dalle miniere d’oro e avvia la nazionalizzazione

Il Ghana ha cacciato le aziende straniere dal suo mercato dell’oro, ordinando di cessare la compravendita e l’esportazione del metallo prezioso entro la fine di aprile e revocando le licenze di esportazione in vigore fino ad ora, sia alle compagnie straniere che a quelle locali. Contemporaneamente, la nazione maggiore produttrice di oro del continente africano ha istituito un nuovo unico ente statale autorizzato ad acquistare, vendere, certificare e esportare oro artigianale, chiamato GoldBot. Secondo quanto dichiarato dalla nuova autorità statale, gli stranieri e le società estere potranno presentare domanda solo «per acquistare o ritirare oro direttamente dal GoldBod». L’obiettivo è quello di trarre maggiori benefici dalle vendite di oro, mantenere la stabilità della valuta nazionale e contrastare il contrabbando. Come ha spiegato il ministro delle Finanze del Ghana, Cassiel Ato Forson, il precedente «sistema frammentato, non coordinato e non regolamentato ha portato a un diffuso contrabbando di oro e ha privato lo Stato di valuta estera di cui aveva tanto bisogno». Il nuovo ente statale permetterà di abbandonare un sistema in cui sia le compagnie locali che quelle straniere potevano acquistare l’oro senza rispettare le norme approvate.

Nel 2024, le esportazioni di oro della nazione africana sono cresciute del 53,2%, raggiungendo gli 11,64 miliardi di dollari, di cui quasi 5 miliardi provenienti da attività minerarie legali su piccola scala. Inoltre, il valore dell’oro sta rapidamente salendo a causa della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina che ha spinto gli investitori a comprare il metallo prezioso per mettersi al riparo dall’incertezza economica e geopolitica: venerdì scorso, il prezzo del metallo giallo ha superato per la prima volta i 3.200 dollari l’oncia. Una circostanza che permetterà al Ghana di ottenere ulteriori profitti dalla gestione esclusiva del suo mercato dell’oro. Inoltre, il nuovo programma sull’oro del Ghana mira a conseguire la rigida certificazione della London Bullion Market Association, che vieta alle raffinerie di maneggiare oro proveniente da fonti che contribuiscono ad abusi dei diritti umani, conflitti, criminalità o degrado ambientale.

Rispetto alla questione ambientale, già nell’ottobre del 2024 il governo ghanese aveva revocato una legge che consentiva l’estrazione mineraria nelle riserve forestali, dopo le proteste dei cittadini. La norma, risalente al novembre 2022, consentiva l’estrazione nelle riserve forestali e, secondo la popolazione, stava ampliando la pratica del galamsey, consistente nell’estrazione mineraria illegale su piccola scala. I manifestanti, guidati dal gruppo che rappresenta tutti i sindacati del Ghana, avevano quindi minacciato un blocco nazionale e richiesto il ritiro della dibattuta norma, ottenendo rapidamente l’ascolto del governo, guidato fino allo scorso anno da Nana Akufo-Addo, che aveva accolto parte delle richieste. Oggi, nonostante il cambio di governo dopo le elezioni di dicembre, vinte da John Dramani Mahama, la nuova amministrazione continua a mantenere un occhio di riguardo per la questione ambientale.

Sul piano economico e della nazionalizzazione delle risorse, invece, diverse nazioni africane hanno cominciato negli ultimi anni a estromettere dalle loro miniere d’oro le multinazionali straniere per dirottare i profitti a beneficio dello sviluppo nazionale e non di società estere. Nell’agosto del 2024 era stato il Burkina Faso a concludere un accordo del valore di 80 milioni di dollari per nazionalizzare le miniere d’oro di Boungou e Wahgnion, precedentemente appartenenti a una società privata. Lo scorso gennaio, invece, il governo del Mali aveva sequestrato all’azienda di estrazione mineraria Barrick Gold, la seconda più importante al mondo, le scorte del metallo prezioso estratte dal complesso minerario di Loulo-Gounkoto. La società era stata accusata di non aver rispettato i termini di un accordo siglato con il governo, finalizzato a raggiungere una più equa redistribuzione delle ricchezze derivanti dallo sfruttamento delle risorse minerarie del Paese. I Paesi africani si stanno così muovendo sempre di più nella direzione della tutela delle loro ricchezze naturali: nazionalizzare le miniere d’oro significa, infatti, riportare le risorse minerarie e i relativi rendimenti nelle mani dello Stato, garantendo che i profitti derivanti dall’estrazione rimangano nel Paese. Anche il Ghana sembra avere intrapreso questo percorso, in nome della difesa degli interessi nazionali e del benessere della popolazione locale e contro lo sfruttamento selvaggio delle multinazionali straniere. La difesa delle risorse nazionali tramite le nazionalizzazioni rientra in un più ampio contesto di lotta per l’indipendenza e la sovranità che accomuna diversi Paesi africani, soprattutto nell’area del Sahel, per decenni soggiogati dalle politiche imperialiste di diversi Stati occidentali.

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Giorgia Audiello

Laureata in Economia e gestione dei beni culturali presso l'Università Cattolica di Milano. Si occupa principalmente di geopolitica ed economia con particolare attenzione alle dinamiche internazionali e alle relazioni di potere globali.

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