In occasione di un processo per direttissima, gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini hanno chiesto di rinviare alla Consulta il DL Sicurezza. La richiesta [1] è avvenuta davanti al tribunale di Milano, e la persona coinvolta nel processo era un ragazzo che non si è fermato a un posto di blocco per poi avere una discussione con le forze dell’ordine. Il reato contestatogli è quello di resistenza a pubblico ufficiale, aggravata proprio da una fattispecie inserita nel DL entrato in vigore lo scorso 12 aprile. Gli avvocati contestano che al decreto manchino le ragioni di “necessaria e straordinaria urgenza” che dovrebbero contraddistinguere i Decreti Legge. In passato, la Consulta aveva considerato costituzionalmente illegittimo un DL proprio perché mancava dei requisiti del “caso di necessità e d’urgenza”. Ora, la giudice del Tribunale di Milano dovrà esaminare la richiesta degli avvocati, e sarà chiamata a sciogliere la riserva il prossimo 26 maggio, per eventualmente passare la palla alla Corte Costituzionale.
Il caso che ha spinto gli avvocati Losco [2] e Straini a rinviare il DL Sicurezza alla Consulta riguarda un ragazzo a cui è contestata la nuova aggravante al reato 337 del codice penale (resistenza a pubblico ufficiale). L’articolo 19 del DL Sicurezza, infatti, vi aggiunge un comma che stabilisce che “se la violenza o minaccia è posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un atto di ufficio, la pena è aumentata fino alla metà”. La sola tentata applicazione della nuova aggravante durante il processo per direttissima ha così aperto alla possibilità di contestare l’intero decreto. Nella richiesta, Losco e Straini contestano le motivazioni che hanno portato il governo a fare ricorso alla misura del decreto legge scavalcando il parlamento. Le ragioni elencate nel preambolo, scrivono gli avvocati, «non fanno altro che riportare il contenuto dei titoli del decreto»: la prima ragione di necessità risulterebbe «semplicemente un copia e incolla del titolo del capo I del decreto», mentre la seconda sarebbe un richiamo al titolo del capo II.
Insomma, secondo gli avvocati Losco e Straini al DL Sicurezza mancano i requisiti di necessità e urgenza che stanno alla base dell’emanazione stessa dei decreti legge. Nella sentenza [3] 171/2007 della Corte Costituzionale, riguardante il decreto legge 29/03/2004, n. 80, i giudici stabilivano che “l’esistenza dei requisiti della straordinarietà del caso di necessità e d’urgenza può essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, in quanto, secondo la nostra Costituzione, l’attribuzione della funzione legislativa al Governo ha carattere derogatorio rispetto all’essenziale attribuzione al Parlamento” della stessa funzione legislativa. La mancanza di tali requisiti, però, “può essere oggetto di scrutinio di costituzionalità, solo quando risulti in modo evidente”; ecco perché, ora, il Tribunale di Milano dovrà stabilire se il caso potrà passare alla Consulta. La stessa sentenza sottolineava che “il difetto dei requisiti del «caso straordinario di necessità e d’urgenza» che legittimano l’emanazione del decreto-legge, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge”: insomma, in assenza dei requisiti di necessità e urgenza un DL può essere considerato costituzionalmente illegittimo perché la nostra carta fondamentale prevede che la funzione legislativa sia affidata al Governo solo in casi eccezionali; il DL emanato in assenza di tali condizioni può dunque venire annullato.
Losco e Straini non sono gli unici a essersi mossi contro il DL Sicurezza. Sin da prima della sua entrata in vigore, l’insieme di leggi è stato oggetto di contestazioni da diverse frange della popolazione, da comitati locali a firme di attivisti per passare anche a specialisti quali avvocati penalisti. Dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il movimento contro l’insieme di leggi non si è fermato, e anche l’ONU [4] si è espresso a riguardo, bocciandolo. Il DL Sicurezza era stato proposto l’anno scorso sotto forma di disegno di legge. Dopo essere stato approvato alla Camera, esso è arrivato al Senato, dove tuttavia è stato costretto a fermarsi prima della sua stessa discussione, a causa di errori formali nella stesura del testo. Di preciso, il governo aveva sbagliato a compilare le clausole finanziarie di alcuni degli articoli del DDL, facendo partire i pagamenti nel 2024, che tuttavia è terminato da ormai quattro mesi. Per velocizzare la sua approvazione, l’esecutivo ha dunque deciso di scrivere un decreto legge che accorpasse le varie norme del DDL, cambiando quelle su cui il Presidente della Repubblica aveva chiesto di intervenire.