Dopo un anno di trattative, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato il raggiungimento di un’intesa per il trattato sulle pandemie, il quale regolerebbe il piano di azione globale nel caso di una futura crisi sanitaria pandemica di scala mondiale. L’accordo richiederebbe ai Paesi di aumentare la sorveglianza delle minacce di livello pandemico, di condividere i dati su diagnosi, vaccini e farmaci e di rafforzare i sistemi sanitari nazionali. Il documento, giuridicamente vincolante, rafforza la centralità dell’OMS nella gestione delle ipotetiche crisi sanitarie e prevede il trasferimento volontario delle tecnologie e delle scoperte necessarie per la creazione di prodotti sanitari. Il testo verrà discusso in occasione della 68° Assemblea Mondiale della Sanità, che si svolgerà il 19 maggio prossimo. Gli Stati Uniti di Trump, usciti dall’OMS, non saranno parte dell’accordo e non saranno quindi vincolati.
Nel dicembre 2021, al culmine della pandemia di COVID-19, gli Stati membri dell’OMS hanno istituito l’Organismo Negoziale Intergovernativo (INB) per redigere, ai sensi della Costituzione dell’OMS, una convenzione, un accordo o un altro strumento internazionale che rafforzasse la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie. Dopo 13 cicli formali di incontri, l’INB ha finalizzato [1] ieri, a Ginevra (Svizzera), una proposta per il piano pandemico. Se non sorgessero problematiche da dover sbrogliare, il 19 maggio si potrebbe già passare alla votazione. L’OMS ha assicurato che la proposta afferma la sovranità dei Paesi nell’affrontare le questioni di salute pubblica all’interno dei loro confini e che in nessun caso l’Organizzazione potrà imporre agli Stati di intraprendere azioni specifiche – come vietare o accettare viaggiatori, imporre mandati di vaccinazione, misure terapeutiche e diagnostiche o attuare lockdown. Altresì, è evidente, volendo anche prevenire le pandemie, o prenderle sul nascere, con tale accordo si stabilisce un’intelaiatura di un sistema di scala mondiale sempre all’opera.
Secondo quanto riporta [2] Reuters, l’articolo 9 della proposta di trattato pandemico richiede ai governi di stabilire politiche nazionali per le condizioni di accesso negli accordi di ricerca e sviluppo e di garantire che i farmaci, le terapie e i vaccini legati alla pandemia siano accessibili a livello globale. L’articolo 11 invece, seguendo i principi di condivisione ed equità richiamati nell’accordo, riguarda il trasferimento tecnologico, ovvero la condivisione di conoscenze, competenze e capacità di produzione – cosa non avvenuta durante il Covid-19, con i Paesi in via di sviluppo che sono stati tagliati fuori. A questo dovrebbe contribuire il Sistema di Accesso ai Patogeni e Condivisione dei Benefici (PABS), una nuova piattaforma che consente la rapida condivisione tra Stati e aziende farmaceutiche dei dati sui patogeni, consentendo alle seconde di essere costantemente aggiornate sui necessari prodotti da fabbricare nell’ambito di una eventuale pandemia. Sempre secondo il principio di condivisione ed equità, il testo chiede ai produttori di mettere rapidamente a disposizione dell’OMS il 20% di prodotti sanitari utili nel caso di pandemia, inclusa una soglia minima del 10% sotto forma di donazioni. Tutto il resto dovrebbe essere “riservato a prezzi accessibili” all’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite.
Ad essere vincolati a tali programmi sono solamente gli Stati: per i produttori farmaceutici, infatti, tale vincolo non sussiste – compresi per quelli con sede in Paesi al di fuori dell’OMS. Questi vi aderiscono infatti su base volontaria [1], fattore che inficia così il principio di equità e condivisione, salvaguardando invece gli interessi delle aziende. In caso di pandemia, queste potranno infatti decidere quale sia la linea per loro più conveniente da mantenere. Secondo l’accordo, “equità e condivisione” si manifesterebbero anche con la facilitazione del trasferimento del know-how verso i Paesi in via di sviluppo, di tecnologia e licenze, così da incoraggiare una produzione locale e una distribuzione mondiale più equa dei prodotti sanitari. A sostegno di questo viene prevista una Rete globale per una catena di approvvigionamento dei prodotti sanitari – correlati ad una possibile pandemia – tale da garantire un accesso equo, tempestivo e conveniente a tutti i Paesi del mondo.
I negoziatori statunitensi non hanno fatto parte delle discussioni finali di quest’anno, dal momento che il presidente Donald Trump ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dall’Organizzazione. Anche il settore farmaceutico è nella lista di quei settori che Trump vuole tornino a produrre negli Stati Uniti. Fuori dall’OMS, gli Stati Uniti non saranno vincolati dal patto. Le farmaceutiche statunitensi potranno invece decidere di partecipare al programma dell’OMS a seconda della propria convenienza – come previsto per tutte le case farmaceutiche.