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Gli schieramenti dentro la Chiesa in vista del prossimo Conclave

Con la morte di Papa Francesco si apre un nuovo scenario per la vita della Chiesa, stretta tra l’eredità di un Pontefice popolare, mediatico e decisionista e un futuro tutto da scrivere. Come da protocollo, in seguito alle esequie, il Conclave si riunirà per consegnare un nuovo vescovo a Roma. Se nel corso degli anni Papa Francesco ha fatto sentire la sua autorevole voce contro le guerre e il riarmo e in favore di una certa apertura dell’universo ecclesiastico alla modernità, non è detto che il nuovo Papa – che si troverà a incarnare il volto della Chiesa in un mondo lacerato da guerre e forti incertezze sul versante economico e geopolitico – mantenga la stessa impronta. Numeri alla mano, l’ala “bergogliana” del Conclave è numericamente maggioritaria, ma nessuna previsione può dirsi certa.

I prossimi passi

Il testo principale che disciplina [1] la fase della transizione verso l’elezione del nuovo Pontefice è la costituzione apostolica Universi dominici gregis di Giovanni Paolo II, in cui si legge che, dopo la morte del Papa, devono trascorrere almeno 15 giorni prima dell’inizio del Conclave. Lì siederanno i cardinali elettori, ovvero quelli che hanno meno di 80 anni, gli unici ad avere diritto di voto. Le votazioni devono cominciare obbligatoriamente entro 20 giorni, ergo si prevede che il Conclave possa iniziare nei giorni tra il 6 e l’11 maggio. Secondo una modifica introdotta da Papa Ratzinger, ove tutti i cardinali riuscissero ad arrivare a Roma prima del 6 maggio, i lavori potrebbero anche essere anticipati. Sono in tutto 135 i cardinali elettori. 108 di questi sono stati nominati da Papa Francesco, 22 da Papa Benedetto XVI e cinque da Papa Giovanni Paolo II. L’Europa conta 53 cardinali, l’Asia 23 e l’Africa 18. Ben 71 i Paesi rappresentati, per quello che è stato definito un Conclave “planetario”, la cui frammentazione geografica potrebbe però costituire un ostacolo a un’elezione rapida.

I “bergogliani”

Il fronte rappresentato dai cardinali più vicini a Francesco, molti dei quali da lui stesso nominati, è quello favorevole a una Chiesa sinodale, aperta a un atteggiamento più pastorale che dottrinale, con un’attenzione ai temi ambientali, sociali e migratori. Per quanto concerne il fronte progressista, l’esponente considerato più “a sinistra” del collegio cardinalizio è il 69enne Matteo Maria Zuppi, creato da papa Francesco nel 2019 e presidente della CEI. Conosciuto negli ultimi anni per essere stato inviato in missione in Russia da Papa Francesco al fine di trovare possibili soluzioni per la fine del conflitto russo-ucraino, Zuppi è sostenitore della chiesa sinodale ed è favorevole alla benedizione per le coppie omosessuali e della facoltatività del celibato. Almeno secondo [2] i bookmakers, però, i favoriti dell’ala più vicina a Bergoglio sono Luis Antonio Tagle, cardinale filippino di 67 anni conosciuto come il “Francesco asiatico” per il suo impegno in favore della giustizia sociale e nell’accoglienza verso divorziati, omosessuali e madri single, e Pietro Parolin, segretario di Stato di Stato di Francesco dal 2013. Quest’ultimo, con la sua grande esperienza dal punto di vista diplomatico e l’oliata conoscenza della macchina ecclesiastica, potrebbe essere uno dei candidati di compromesso tra la fazione progressista e quella conservatrice.

Conservatori e outsiders

Tra i candidati “ponte” tra le due ali c’è Peter Turkson, funzionario vaticano ghanese di 76 anni candidato a diventare il primo papa proveniente dall’Africa subsahariana. Turkson ha posto grande enfasi sulle questioni del cambiamento climatico e della giustizia economica, restando al contempo fedele alla dottrina su matrimonio e sacerdozio. Guardando alla fazione più conservatrice spicca il nome del 72enne ungherese Péter Erdő, l’arcivescovo di Esztergom-Budapest, con posizioni rigide su divorzio e immigrazione, ma che può contare su significativi legami con i vescovi dell’Europa orientale e dell’Africa. Il candidato in assoluto più conservatore tra i papabili è Robert Sarah, cardinale 79enne guineano conosciuto per le sue critiche all’immigrazione incontrollata e alla “ideologia gender”, molto vicino a Benedetto XXVI. Attenzione, però, a un profilo che sfugge alle tradizionali classificazioni: quello del francescano bergamasco Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. Giovane (proprio ieri ha compiuto 60 anni, forse troppo pochi per ambire a diventare il nuovo Pontefice), italiano ma impegnato a lungo nel difficile contesto del Medio Oriente. Pizzaballa è il testimone più qualificato dell’attenzione di Francesco per le condizioni dei palestinesi a Gaza. In un video pubblicato [3] dopo la morte di Bergoglio, Pizzaballa ha ricordato che «Gaza è stata un po’ il simbolo di tutto ciò che Francesco faceva, uno dei simboli del suo pontificato». Un fattore che potrebbe forse pesare nelle dinamiche del nuovo Conclave.

Il bivio

Certo è che, piuttosto che una lista di nomi, a scontrarsi sono due diverse prospettive che, dall’epoca della “coabitazione” Bergoglio-Ratzinger, covano in seno alla Chiesa. Da un lato c’è chi vuole procedere sul cammino di Francesco, promuovendo un percorso di apertura verso un mondo che cambia e il “diverso”; dall’altra parte, c’è chi invece – dopo avere imputato a Bergoglio e alla schiera dei suoi sostenitori di avere contribuito a “sciogliere” la Chiesa negli schemi del mondo secolare – mira a una restaurazione dal punto di vista dottrinale, tornando a valorizzare in maniera più dogmatica l’elemento della trascendenza. A ogni modo, nonostante a caratterizzare la fase verso la fumata bianca sarà l’altalena delle quote, è sempre bene ricordare l’eloquente detto: «Chi entra papa al Conclave, ne esce cardinale». Questo appuntamento ha effettivamente tutte le carte in regola per sfociare in un esito inaspettato, per non dire sorprendente.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.