Con la proclamazione di cinque giorni di lutto nazionale per la morte di papa Francesco, indetto dall’esecutivo Meloni dal 22 al 26 aprile, molti sindaci hanno colto l’invito governativo alla “sobrietà” per cancellare o ridimensionare le celebrazioni per l’80° anniversario del 25 aprile. Da nord a sud, Comuni di ogni colore politico hanno annunciato rinvii, annullamenti e restrizioni: cortei sospesi, musica bandita, manifestazioni ridotte all’osso. Quel senso di rispetto che il governo invoca si trasforma così in un terreno di scontro politico, risvegliando antiche tensioni – che oggi più che mai sembrano lontane dal potersi sopire – sulla natura stessa della Festa della Liberazione.
Eppure, a leggerlo bene, il decreto che ha formalizzato il lutto nazionale non impone lo stop alle commemorazioni: bandiere a mezz’asta e astensione da impegni sociali (eccetto le raccolte di beneficenza) sono le uniche prescrizioni. Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ha precisato che «tutte le cerimonie sono consentite naturalmente, tenuto conto del contesto e quindi con la sobrietà che la circostanza impone a ciascuno». Eppure, il richiamo alla «sobrietà» è stato subito interpretato come un utile escamotage per evitare manifestazioni che in molti Comuni conservatori – e non solo – non hanno mai visto di buon occhio. A Benevento il sindaco Clemente Mastella ha disposto la chiusura dei teatri e il divieto di musica all’aperto per la sera del 25 aprile, andando oltre le indicazioni ministeriali. Nel Bresciano, Ono San Pietro e Cividate Camuno hanno annullato i cortei, mentre a Domodossola la decisione ha attirato le critiche di Pd, Avs, M5S, Italia Viva e Volt. A Romano di Lombardia (Bergamo), il presidente del consiglio comunale ha vietato «brani musicali, inni e canti ad eccezione del Silenzio e dell’Attenti», inclusa “Bella ciao”, scatenando l’ira dell’ANPI locale e le critiche del gruppo regionale del PD. In molti casi, le tensioni erano esplose già prima del lutto. A Trieste la giunta aveva negato il patrocinio alla Festa della Liberazione organizzata dal Comitato 25 aprile; a Lissone l’amministrazione di centrodestra aveva rifiutato all’ANPI il permesso di esporre un drappo commemorativo.
A Legnano è stato annullato il concerto della band Punkreas. Anche Cesena ha cancellato il concerto del 24 aprile: in una nota Sinistra italiana Cesena ha osservato che «la proclamazione del lutto nazionale non impone necessariamente l’annullamento di eventi pubblici» e che «sospendere una celebrazione pubblica della Resistenza, anche in testimonianza di un lutto condiviso, significa mettere in secondo piano la memoria collettiva e i valori fondativi della nostra democrazia». A Ponte San Nicolò (Padova) il sindaco Gabriele De Boni, espressione di centrosinistra, ha annullato l’intero programma del 25 aprile, mantenendo solo «la messa in suffragio dei caduti e il momento commemorativo al monumento ai caduti». De Boni ha spiegato in una nota: «Le celebrazioni che avevamo preparato non potranno aver luogo così come pensate in quanto è stato istituto il lutto nazionale che impone ‘sobrietà’. Non entro nel merito della scelta del Governo, è una scelta di chi decide e come tale va rispettata, ma ancora una volta lascia agli amministratori locali la discrezionalità di come attuarla. Con i colleghi Sindaci ci stiamo confrontando e c’è tanto smarrimento. C’è chi dice nessun discorso, chi dice nessuna parata, chi dice niente in assoluto, chi dice che si faccia tutto… Per quanto mi riguarda credo sia doveroso onorare i caduti e celebrare l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo».
A Mogliano Veneto i consiglieri di minoranza hanno denunciato di «aver ricevuto dalla segreteria del Sindaco una comunicazione che annuncia modifiche al programma delle celebrazioni per l’ottantesimo anniversario della Liberazione, a seguito del lutto nazionale proclamato per la morte di Papa Francesco». I consiglieri spiegano che «nel messaggio si specifica che non si terranno ‘canti, musiche o celebrazioni solenni’» e «verrà cancellato il tradizionale corteo lungo via Pia e Piazza Duca d’Aosta». Aggiungono inoltre che «questa decisione segue la rimozione dei pannelli informativi dedicati alle donne della Resistenza, come ogni anno esposti sulla facciata del municipio» e di avere appreso del «tentativo da parte della Giunta di escludere anche l’intervento della presidente della sezione locale dell’ANPI». A Cinisello Balsamo la CGIL ha denunciato che il sindaco ha sospeso il comizio ANPI, ridotto la lunghezza del corteo e invitato i partiti a non esporre bandiere. A Cagliari il corteo è confermato, ma senza banda comunale. Persino gli Archivi di Stato hanno rinviato o annullato tutte le iniziative fino al 26 aprile, dopo una circolare interna.
Le opposizioni politiche hanno parlato di «attacco alla memoria». Angelo Bonelli (Avs) ha dichiarato che «il 25 aprile non è una festa in discoteca o un happy hour, ma il giorno della Liberazione dal nazifascismo». Gli ha fatto eco l’altro leader del partito, Nicola Fratoianni, che ha accusato il governo di mostrare «ancora una volta un’allergia alla Liberazione» e di considerare «inaccettabile» l’utilizzo della morte di papa Francesco per «sminuire il significato del 25 aprile». Il Partito Democratico, pur aderendo al lutto, ha chiesto «di sospendere e rinviare tutte le iniziative programmate» solo fino a oggi, non per il 25 aprile.