In questi giorni si è diffusa la notizia di un gruppo di ricercatori tedeschi dell’Istituto Max Planck, guidati dal fisico Thomas Vilgis, i quali avrebbero trovato finalmente il modo di produrre il foie gras (letteralmente “fegato grasso”) senza impiegare pratiche crudeli di alimentazione forzata nei confronti di oche e anatre, volatili da cui attualmente si ricava questo prodotto. La “scoperta” prevede che il fegato di oche e anatre nutrite normalmente venga mescolato al fegato e al grasso prelevati dagli stessi uccelli e trattato con gli enzimi lipasi, ottenendo così – con un processo controllato in laboratorio – un prodotto quasi del tutto identico, per consistenza e sapore, al foie gras tradizionale. Gli esiti di questo esperimento chimico sono stati pubblicati sulla rivista Physics of Fluids dai ricercatori dell’Istituto Max Planck.
In realtà, al di là dei facili trionfalismi a cui ha fatto subito eco la stampa mainstream, in questa “scoperta” non sembra esserci assolutamente nulla di etico. La realtà è che, semplicemente, si passerebbe dall’attuale sfruttamento crudele di oche e anatre ad un’altra forma di produzione altrettanto poco etica, basata ancora sullo sfruttamento di questi volatili. Vediamo meglio come stanno le cose.
La produzione attuale del foie gras

Il metodo attuale per produrre foie gras è basato sull’alimentazione forzata di oche e anatre attraverso lunghi tubi a pompa idraulica o pneumatica, che vengono inseriti nella bocca e fino allo stomaco degli animali, per poi spruzzare a pressione una poltiglia di cibo grasso molto calorico (gavage, in francese, la patria del foie gras, o force-feeding in lingua inglese). Gli uccelli sono ingozzati due volte al giorno. Questo è il metodo industriale attualmente in uso per la produzione del patè di foie gras. La Francia è il primo produttore e consumatore al mondo, seguita da Belgio, Spagna, Bulgaria, Ungheria. Va detto che molti altri Stati hanno vietato la produzione di foie gras con questi metodi: l’Italia è uno di questi (il divieto da noi esiste dal 2007).
Attraverso questa modalità di alimentazione forzata e crudele si induce forzosamente negli animali una malattia del fegato, la steatosi epatica. Dopo lo shock dell’ingozzamento, gli animali sono soggetti a diarrea e a convulsioni; il funzionamento del fegato è compromesso, l’animale soffre e non riesce a regolare la temperatura del corpo; le dimensioni del fegato superano di 10 volte quelle di uno normale, rendendo così difficile la respirazione e doloroso ogni movimento. Le sacche polmonari sono compresse, il centro di gravità dell’animale spostato. Il rapporto del 1998 del Comitato Scientifico Veterinario istituito dalla Commissione europea menziona dei tassi di mortalità anche da 10 a 20 volte più elevati per gli animali ingozzati rispetto a quelli allevati senza ingozzamento.
Il “metodo etico” del futuro
Ora analizziamo con franchezza e obiettività il nuovo metodo “etico”. Leggendo direttamente le parole dei ricercatori dal loro studio intitolato Patè di foie gras senza ingozzamento si afferma che «un modo efficace per evitare l’alimentazione forzata e la gavage è quello di utilizzare i fegati degli animali macellati e il loro grasso naturale sottocutaneo fuso e trasformarli in un prodotto simile al paté di foie gras senza l’aggiunta di proteine, emulsionanti o grassi provenienti da altre fonti. Il risultato principale di questo studio è stata la produzione di successo di paté di fegato d’anatra puro».
In pratica, ciò che gli scienziati dicono è che, per produrre patè di fegato cruelty free, bisognerà direttamente procedere ad ammazzare le oche e le anatre – chiaramente, continuando ad allevarle in maniera intensiva, per soddisfare le esigenze della produzione industriale, continuando a sfruttare in maniera insensata gli animali. Il comportamento naturale degli animali sarebbe infatti quello di migrare, nella stagione autunnale, per migliaia di chilometri, alimentandosi spontaneamente in base alle esigenze e accumulando riserve di energia. Questo sarebbe possibile anche nel caso in cui gli animali venissero allevati in stabilimenti allìaperto, senza capannoni. Invece, secondo la logica capitalista che tutto sfrutta, per produrre foie gras “etico” bisogna insistere con l’allevamento industriale, confinando gli animali in strutture chiuse e ridurre i loro spazi di libertà.