giovedì 24 Aprile 2025

Gaza: l’ONU e tre Paesi UE contro il blocco degli aiuti umanitari di Israele

Da oltre cinquanta giorni, migliaia di camion carichi di cibo, acqua e medicine restano bloccati al confine di Gaza. Dall’altra parte, oltre due milioni di civili – la maggior parte donne e bambini – affrontano una situazione drammatica, tra ospedali al collasso, panifici chiusi e scorte alimentari praticamente azzerate. Mentre la fame dilaga, cresce la pressione internazionale contro Israele: Francia, Regno Unito e Germania, con una dichiarazione unitaria, hanno denunciato apertamente il blocco, mentre l’ONU parla espressamente di una «punizione collettiva». Il Commissario generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, non ha usato mezzi termini, parlando di Gaza come di «una terra di disperazione», in cui gli aiuti umanitari «vengono usati come merce di scambio e arma di guerra».

Nella loro dichiarazione congiunta del 23 aprile 2025, i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito (il cosiddetto E3) hanno lanciato un appello diretto al governo Tel Aviv: «Israele blocca l’ingresso a Gaza degli aiuti umanitari da oltre 50 giorni. I prodotti di prima necessità sono esauriti o lo saranno presto. I civili palestinesi, tra cui un milione di bambini, sono esposti a un grave rischio di carestia, epidemie e morte. Questa situazione deve cessare». I tre Paesi chiedono il «ripristino del rapido e libero accesso degli aiuti umanitari a Gaza» e definiscono «intollerabile» la decisione israeliana di bloccare gli ingressi. In particolare, condannano le parole del ministro israeliano degli Esteri Israel Katz, che ha recentemente dichiarato che l’invio di aiuti dipenderà dal rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas. «La fornitura di aiuti umanitari non deve mai essere strumentalizzata a fini politici», ammoniscono i tre ministri, «e il territorio palestinese non può essere ridimensionato né subire alcuna modifica demografica forzata». Sul campo, la situazione è tragica. Secondo le Nazioni Unite, sono rimasti solo 250 pacchi alimentari disponibili in tutta Gaza. L’UNRWA ha denunciato che «la farina è finita, i panifici stanno chiudendo, gli ospedali sono al collasso senza carburante né medicine e i prezzi dei beni di prima necessità sono aumentati vertiginosamente». Sul piano politico, Francia, Regno Unito e Germania rilanciano il processo diplomatico: «Esortiamo tutte le parti a raggiungere un cessate il fuoco, che è essenziale. Continuiamo a chiedere ad Hamas di liberare immediatamente tutti gli ostaggi ancora detenuti, che stanno subendo terribili sofferenze». Ma ricordano anche che «il personale umanitario deve poter fornire assistenza a chi ne ha più bisogno, indipendentemente dalle parti in conflitto e in conformità con i principi umanitari».

Il Ministero della Salute di Gaza ha sottolineato il prezzo «pericoloso e catastrofico» per le donne e i bambini che soffrono di malnutrizione, molti dei quali non hanno cibo adeguato, acqua potabile e latte in polvere. Dall’inizio del blocco, circa 3.000 camion carichi di aiuti salvavita, preparati dall’UNRWA, sono fermi al valico di Rafah. Philippe Lazzarini parla apertamente di una strategia calcolata: «La fame si sta diffondendo e aggravando, in modo deliberato e provocato dall’uomo». E aggiunge: «Due milioni di persone, in maggioranza donne e bambini, stanno subendo punizioni collettive». A peggiorare il quadro, ci sono gli attacchi israeliani contro operatori umanitari. I governi di Parigi, Berlino e Londra hanno condannato esplicitamente gli «attacchi delle forze armate israeliane contro il personale, le infrastrutture, gli impianti e le attrezzature sanitarie delle organizzazioni umanitarie». Hanno ribadito che «Israele deve fare molto di più per proteggere i civili, le infrastrutture e gli operatori umanitari», chiedendo il ripristino dei «meccanismi di risoluzione dei conflitti» e la libera circolazione del personale umanitario nella Striscia. Nonostante tutto, l’UNRWA continua a operare sul territorio. Otto centri sanitari e 39 punti medici sono ancora attivi e gestiscono circa 15mila visite al giorno. Si raccolgono rifiuti, si fornisce acqua potabile, si avviano campagne di donazioni di sangue per sostenere gli ospedali. Ma senza carburante e medicine, anche questi sforzi rischiano di diventare inutili.

A metà aprile, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha delineato un programma «chiaro e inequivocabile» delle forze di Tel Aviv su Gaza, imperniato su alcuni punti fondamentali: occupare in maniera permanente la Striscia e bloccare tutti gli aiuti umanitari alla popolazione, proseguendo nel mentre con bombardamenti ininterrotti. Negli scorsi giorni, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite ha avvertito che il sistema di aiuti umanitari è sull’orlo del collasso e la carestia incombe. In quello che è da mesi un teatro degli orrori, dove l’acqua è un miraggio e i generatori rimangono spenti, due milioni di persone sono infatti ridotte a ostaggi affamati, privi di medicine e protezione. Nel frattempo, non si ferma l’ondata dei bombardamenti israeliani, sempre più distruttivi. In sole 24 ore, sono stati uccisi almeno 50 palestinesi. Stamane, gli aerei israeliani hanno bombardato il mercato di Jabalia, nel nord di Gaza, uccidendo almeno sette persone.

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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