venerdì 25 Aprile 2025

WEF, Schwab indagato si dimette: subentra l’ex CEO di Nestlé che voleva privatizzare l’acqua

«Con l’ingresso nel mio 88esimo anno, ho deciso di dimettermi dalla carica di presidente e di membro del Consiglio di amministrazione, con effetto immediato». È la fine di un’era. Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, ha annunciato ufficialmente le sue dimissioni, con effetto immediato. Al suo posto subentrerà Peter Brabeck-Letmathe, ex direttore di Nestlé, famoso per aver sostenuto che l’acqua non sia un bene pubblico, ma che vada privatizzata. La decisione di Schwab è stata comunicata al Consiglio di fondazione nel corso di una riunione straordinaria e resa pubblica attraverso una nota ufficiale del WEF. Una mossa simbolica, certo, ma anche altamente strategica, dopo l’ennesimo scandalo che sta travolgendo in questi giorni il Forum di Davos.

L’uscita di scena del Grande Vecchio avviene, infatti, nella polvere sollevata da ben due inchieste. Lo scorso anno, infatti, il Wall Street Journal aveva svelato casi di discriminazione, mobbing e abusi. Sotto la supervisione decennale di Schwab, il Forum avrebbe fatto proliferare un ambiente di lavoro tossico, ostile alle donne e alle persone afroamericane. Dopo aver risposto a una richiesta di commento da parte del Wall Street Journal, Schwab aveva deciso di lasciare la presidenza del World Economic Forum restando solo nel board.

Le indagini in corso

Ora si scopre che il World Economic Forum ha aperto un’indagine formale su Schwab, dopo aver ricevuto una lettera anonima contenente gravi accuse di natura finanziaria ed etica a carico suo e della moglie, Hilde. Il documento, inviato la scorsa settimana al Consiglio di amministrazione del Forum, denuncia un uso improprio delle risorse dell’organizzazione e una governance opaca. Le accuse parlano di prelievi di contante effettuati da dipendenti su richiesta diretta di Schwab, utilizzo di fondi del Forum per massaggi privati in hotel e viaggi di lusso camuffati da missioni ufficiali da parte della moglie. In particolare, Hilde Schwab, ex dipendente del Forum, avrebbe organizzato riunioni di facciata per giustificare viaggi personali spesati con fondi dell’organizzazione.

Schwab ha inizialmente tentato di derubricare le accuse, definendole infondate e annunciando l’intenzione di querelare gli autori della lettera e chiunque contribuisca a diffondere queste informazioni. Tuttavia, dopo una riunione straordinaria del consiglio tenutasi a Pasqua, ha deciso di rassegnare le dimissioni con effetto immediato dalla carica di presidente.

Alla notizia delle sue dimissioni, sui social qualcuno ha festeggiato: il “pifferaio di Davos” si ritira, e con lui – sperano in molti – anche il discusso progetto del Great Reset, lanciato nel 2020 nel pieno della pandemia. Con il Grande Reset, ci troviamo dinanzi a un progetto che aspira a traghettare la popolazione globale verso una “rinascita”, attraverso l’istituzione di un “nuovo ordine” tecnologico, automatizzato, “green”, in cui nessuno avrà privacy né possiederà nulla, ma sarà “felice” (citando Ida Auken). Uno scenario distopico che prevede la creazione di una “algocrazia” in cui ogni aspetto della nostra vita rischierà di essere predisposto, controllato, automatizzato e sorvegliato da un occhio ben più crudele e spietato di quello del Grande Fratello orwelliano.

La chiusura di un capitolo?

Il World Economic Forum è molto più di Schwab. È una rete globale di potere che intreccia multinazionali, banche centrali, governi, fondazioni, università e media. Il suo obiettivo? Riprogettare la governance mondiale, superando i modelli basati sulla piccola e media impresa nazionale. Una visione tecnocratica, pianificata, centralizzata che strizza l’occhio alla tesi del saggio commissionato dalla Trilaterale, La crisi della democrazia, e mira ad automatizzare la società e ad avviare quella quarta rivoluzione industriale tanto cara proprio a Schwab. Su questo, il fondatore del WEF è molto chiaro nel descrivere nel suo La quarta rivoluzione industriale uno stravolgimento globale della nostra società in una direzione post-umana che «combina diverse tecnologie, dando luogo a cambi di paradigma senza precedenti».

In foto: Il neo-presidente ad interim del World Economic Forum ed ex presidente e amministratore delegato del gruppo Nestlé, Peter Brabeck-Letmathe

A succedere a Schwab, ad interim, è un nome non meno controverso: Peter Brabeck-Letmathe, già presidente della Nestlé. Austriaco, classe 1944, è noto per le sue posizioni radicali sull’ambiente, la tecnologia e i diritti fondamentali. Tra queste, una delle più discusse: l’idea che l’acqua non sia un diritto umano, ma un bene da pagare. Nel documentario del 2005 We Feed the World, parlando di acqua, ha affermato: «La questione è se privatizzare la normale fornitura idrica per la popolazione. E ci sono due opinioni diverse sulla questione. Un’opinione, che ritengo estrema, è rappresentata dalle ONG, che insistono nel dichiarare l’acqua un diritto pubblico. Ciò significa che, in quanto essere umano, dovresti avere diritto all’acqua. Questa è una soluzione estrema. L’altra visione sostiene che l’acqua è un alimento come qualsiasi altro e, come qualsiasi altro alimento, dovrebbe avere un valore di mercato». Ha poi aggiunto: «Personalmente, credo sia meglio dare un valore a un alimento in modo che tutti siano consapevoli del suo prezzo, e poi adottare misure specifiche per la parte della popolazione che non ha accesso a quest’acqua». Un punto di vista coerente con gli interessi di Nestlé, che controlla brand come Sanpellegrino, Vera e Panna. Ma anche una visione che suscita allarme: l’idea che l’accesso a un bene essenziale come l’acqua possa diventare oggetto di speculazione finanziaria.

A seguito delle polemiche scaturite per le sue dichiarazioni, Brabeck-Letmathe si è giustificato dichiarando di credere che l’acqua sia effettivamente un diritto umano e che le sue parole erano state estrapolate dal contesto del documentario.

Non è tutto: Brabeck è un supporter della quarta rivoluzione industriale, investitore in Moderna, sostenitore degli OGM e direttore della GESDA, un ente svizzero che promuove tecnologie emergenti come l’mRNA per “il progresso dell’umanità”.

Insomma, cambia il volto, ma non la direzione. Il WEF si conferma una delle centrali di pensiero e influenza più potenti del mondo, con un’agenda che punta dritto verso una governance globale tecnocratica. Il fatto che Schwab si faccia da parte, schiacciato sotto il peso degli scandali, non significa che l’era del Great Reset sia finita. Al contrario: potrebbe solo aver trovato nuovi interpreti, nuovi frontman altrettanto autorevoli.

Non è detto che Peter Brabeck-Letmathe rimanga a lungo presidente del WEF, ma è già chiaro che chiunque siederà in quel ruolo, non si distanzierà affatto da tali posizioni. Nel grande teatro globale, i protagonisti cambiano. Ma il copione resta lo stesso.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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