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Anche Meta ammette: i social sono pensati per intrattenere e consumare

L’antitrust statunitense ha in corso una causa nei confronti di Meta, contesto che ha permesso alla Federal Trade Commission (FTC) di porre al CEO Mark Zuckerberg tutta una serie di domande le cui risposte hanno validità legale. Dopo più di dieci ore di testimonianze e a seguito della pubblicazione di molteplici email interne, emerge un’immagine delle piattaforme social che nulla ha a che vedere con il concetto di “piazza pubblica” che la stessa Big Tech ha cercato di imporre attraverso le sue propagande commerciali.

Secondo lo stesso Zuckerberg, l’azienda si è progressivamente allontanata dallo scopo sociale di tenere in contatto amici, parenti e comunità per slittare piuttosto verso “l’idea generale di intrattenimento e formazione sul mondo e per scoprire cosa sta succedendo”. Messi da parte i rapporti umani e le comunicazioni interpersonali, Meta ha deciso esplicitamente di privilegiare lo svago e la pubblicità. 

Secondo i documenti portati davanti all’FTC, l’imprenditore aveva notato già nell’aprile del 2022 i limiti del tradizionale modello di “amicizia” di Facebook, il quale, raggiunto il suo naturale plateau, non permetteva significative opportunità di crescita. In quell’occasione, il CEO ha ammesso [1] di preferire i modelli à la Instagram e Twitter, quelli con soluzioni basate sul seguire influencer e personalità pubbliche. “Tutti i moderni social network sono basati sul follow piuttosto che sulla richiesta di amicizia”, aveva scritto Zuckerberg, formulando l’opinione per cui l’atto di aggiungere un’amicizia sui social fosse ormai troppo “pesante” per l’utente medio.

Dopo anni passati a cercare di convincere legislatori e opinione pubblica dell’alto ruolo sociale dei suoi portali, Meta rivede dunque la lettura del suo scopo, così da meglio difendersi dalle accuse mosse dall’antitrust americana. La FTC ritiene infatti che la decisione di Facebook di comprare tra il 2012 e il 2014 Instagram e Whatsapp costituisca una pratica anticompetitiva che ha danneggiato l’industria dei “servizi social network personali”. Approfittando del fatto che la definizione di “social network” sia fumosa, Meta si difende sostenendo che le sue piattaforme non siano più quelle di quindici anni fa, che siano ormai pensate per ogni forma di consumo digitale. Secondo questa premessa, l’esistenza stessa di TikTok e YouTube dimostrerebbe nei fatti l’esistenza di un panorama sano e propenso all’innovazione.

La battaglia dell’antitrust sembra tutta in salita e, soprattutto, si appoggia su fondamenta ormai antiche. L’indagine sull’acquisto da parte di Facebook della concorrenza è stata avviata ai tempi della prima Amministrazione Trump ed è improbabile che, a questo punto, un intervento possa riequilibrare gli scenari industriali o prevenire i problemi del prossimo futuro. Il confronto con l’FTC si dimostra piuttosto utile a raccogliere una visione concreta della direzione assunta dalla Big Tech, la quale sta agendo attivamente per non farsi carico degli oneri civili e penali riguardanti il suo sedicente ruolo all’interno della società.

Lontano dalle proprie campagne pubblicitarie, Meta sta compiendo enormi sforzi di lobby [2] per non essere considerata responsabile della tutela dell’infanzia e della verifica anagrafica dei propri portali, mentre Mark Zuckerberg ha interrotto le donazioni [3]alle scuole materne inclusive che aveva fondato insieme a sua moglie, la pediatra Priscilla Chan, verosimilmente per assecondare le politiche del Presidente Donald Trump.

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Walter Ferri

Giornalista milanese, per L’Indipendente si occupa della stesura di articoli di analisi nel campo della tecnologia, dei diritti informatici, della privacy e dei nuovi media, indagando le implicazioni sociali ed etiche delle nuove tecnologie. È coautore e curatore del libro Sopravvivere nell'era dell'Intelligenza Artificiale.