giovedì 21 Novembre 2024

Suicidi e continue rivolte: nei CPR esplode la protesta contro i “lager di Stato”

Aveva 22 anni Sylle Ousama, il giovane guineano ritrovato impiccato domenica 4 febbraio nel Centro di Permanenza e Rimpatrio di Ponte Galeria, a Roma. Si tratta all’incirca del 40esimo morto di CPR secondo la rete Mai più Lager – no ai CPR. Sylle è vittima anche del nuovo decreto Cutro – la legge che ha preso il nome da una strage in mare e voluta per aumentare la repressione contro i migranti in arrivo – che ha visto aumentare il tempo massimo di detenzione amministrativa dei migranti all’interno di questi Centri da 3 a 18 mesi. Per il momento, l’unico risultato è stato quello di aver scatenato un’ondata di proteste e rivolte nei CPR di tutta Italia (definiti dagli attivisti “lager di Stato”), con incendi e tentativi di evasioni, oltre che una disperazione diffusa che sfocia molto spesso nell’autolesionismo. Si tratta di un segnale forte del disagio delle persone trattenute all’interno di tali strutture e del fallimento di tale sistema di gestione dei migranti, eppure il ministro Piantedosi, così come l’intero governo Meloni, vorrebbe costruire un CPR per Regione, per velocizzare e aumentare così i rimpatri.

Sylle era arrivato in Italia per aiutare la sua famiglia e i suoi fratellini più piccoli; rinchiuso dal 13 ottobre, si era visto prorogare la detenzione amministrativa qualche giorno fa. Non ce l’ha fatta. Ha lasciato un messaggio scritto su un muro, probabilmente con un mozzicone di sigaretta: «Se un giorno dovessi morire, vorrei che il mio corpo fosse portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta. I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre, non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace». La sua unica colpa era di essere arrivato in Italia in maniera irregolare, come molte persone di quella parte di mondo sono costrette a fare. Il ritrovamento del corpo del giovane da parte degli altri reclusi ha fatto scoppiare una forte protesta nel centro: lanci di oggetti e pietre contro il personale della struttura, fuoco a materassi, con il tentativo di sfondare la porta di un’uscita e di bruciare una macchina della polizia. Carabinieri e militari hanno risposto con un fitto lancio di lacrimogeni e con l’arresto successivo di 14 persone. Ancora una volta, alla disperazione e alla richiesta di trattamenti più umani si è risposto con una violenta repressione da parte delle forze dell’ordine. La struttura, gestita da Ors Italia Srl (società che ha gestito in passato anche i CPR di Torino e Macomer) recludeva 99 persone. «Non c’è bisogno di aspettare le indagini per poter dire che luoghi come Ponte Galeria sono totalmente disumani. Non c’era bisogno di aspettare la morte di un giovane ragazzo per dire che questi posti vanno chiusi», afferma la garante dei detenuti di Roma, Valentina Calderone in un post.

La scritta lasciata sul muro da Sylle Ousama

Quella di Ponte Galeria è solo l’ultima di una lunga serie di proteste esplose nelle ultime settimane nei CPR di tutta Italia. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, nel Centro di Gradisca d’Isonzo, una decina di reclusi ha divelto alcune sbarre della struttura riuscendo a salire sul tetto, nel tentativo di un’evasione collettiva. Un tunisino di 34 anni è caduto cercando di raggiungere la recinzione esterna con un salto; è stato poi ricoverato all’ospedale per commozione cerebrale, frattura al femore e alcune costole incrinate. Nel mentre, un altro gruppo di reclusi aveva dato fuoco a un cumulo di immondizia, quasi subito spento dagli agenti. Il CPR di Gradisca aveva fatto notizia anche per le ultime forti proteste scoppiate a dicembre. Nel gennaio 2024 sono già due gli episodi di fuga che si sono verificati, e sei persone sono riuscite ad evadere. Il migrante tunisino rimasto ferito arrivava dal CPR di Milo-Trapani, reso inagibile da una forte rivolta esplosa lunedì 22 gennaio. I posti al suo interno sono passati da 104 a 40 dopo un’accesa protesta risalente al marzo dello scorso anno. A settembre invece, un incendio doloso aveva permesso la fuga di 40 migranti. Nel centro erano presenti circa 150 reclusi; sembra che ora la struttura sia inagibile al 90% e dovrebbe essere chiusa in attesa di lavori di ristrutturazione. La rivolta è stata repressa con idranti, lacrimogeni e manganelli e con l’arresto successivo di tre persone, identificate tramite le videocamere. Molte sono state rilasciate, altre deportate; altre ancora, sono state trasferite in altri CPR. È stato il caso di Syalla Ousama, morto domenica nel CPR di Roma, e dell’uomo tunisino ora ricoverato in ospedale dopo la tentata evasione.

Decine di persone sono state spostate nel CPR di Pian del Lago, a Caltanissetta, dove sembra sia scoppiata un’altra rivolta nella notte tra venerdì e sabato 27 gennaio. Nel silenzio più totale. «Non ce la facciamo più, ci picchiano non mangiamo, non abbiamo un bagno adeguato, viviamo come animali e nessuno si prende cura di noi»: questa la testimonianza di uno dei reclusi in un video verificato da Altreconomia. Le proteste che si sono susseguite nelle ultime settimane hanno reso inagibili due delle tre sezioni della struttura, gestita dalla società Albatros 1973 dall’anno scorso, con una capienza che si sarebbe ridotta dai 92 posti ordinari ai circa 60 attuali. Nonostante i continui appelli di associazioni per i diritti umani, collettivi, e famigliari degi immigranti reclusi, nonostante la chiara disumanità di questi luoghi detentivi, il governo sembra deciso a puntare molto sulla detenzione amministrativa, e sta cercando le strutture dove far nascere nuovi CPR, oltre che esportare questo modello anche in Albania.

Intanto, è chiaro a tutti che finora l’unico metodo efficace per arrivare alla chiusura di questi luoghi disumani sono state le rivolte da parte dei reclusi, che rendendo inagibili parti – o intere – strutture hanno permesso di ridurre la capienza dei CPR in tutta Italia.

[di Monica Cillerai]

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2 Commenti

  1. E tutto questo a spese dei contribuenti!!! Una domanda vi ricordate quando emigravano gli italiani come erano trattati? E in un paese non lontano da noi!!! Da testimonianze dirette non balle. E oggi abbiamo sacrificato sanità, pensioni, infrastrutture, in nome dell’accoglienza di persone sicuramente bisognose che stanno ingrassando a dismisura la criminalità organizzata, ma di questo guai a parlarne, tutti a difendere l’indifendibile di una situazione gestita male e portata avanti peggio. Chiedo a tutti i sostenitori di queste ideologie di fornire le soluzioni al malcostume della pretesa dell’ assistenza gratuita da resort a 5 stelle e poi protestano se non la ricevono e non si degnano nemmeno di pulirsi la sporcizia che producono. Poi ce li ritroviamo fuori da ogni esercizio commerciale dove la gente lavora anche duramente a chiedere l’elemosina, o a spacciare in ogni dove e quei pochi che lavorano sfruttati e maltrattati dagli stessi connazionali, ma ovviamente questo non fa notizia.

  2. le condizioni di vita all’interno dei CPR portano a suicidi, proteste, e tentativi di fuga. E il governo ne vuole istituire uno per ogni regione, aumentandone dunque la numerosità. ma fare questo vuole dire fomentare criminalità e odio ed è molto pericoloso, per tutti. Manca una strategia del governo efficace. Totalmente fallimentare l’Europa su questo argomento, come purtroppo, su molti altri.

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