domenica 22 Dicembre 2024

Il reale significato politico delle accuse israeliane all’Agenzia ONU in Palestina (UNRWA)

Venerdì 26 gennaio, a poche ore dall’ordinanza con cui la Corte Internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di implementare una serie di misure affinché vengano impediti atti di genocidio e sia assicurata la tutela della situazione umanitaria della popolazione palestinese all’interno della Striscia di Gaza, sono trapelate nuove accuse secondo cui una dozzina di dipendenti di UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (United Nations Relief and Works agency for Palestinian Refugees in the Near East) avrebbero legami con Hamas e sarebbero stati direttamente coinvolti negli attacchi dello scorso 7 ottobre.

Il dossier israeliano, fornito agli Stati Uniti e reso noto dal New York Times, ha subito scatenato reazioni di sdegno da parte del blocco occidentale e 17 paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito e Germania, hanno annunciato un’immediata sospensione nell’erogazione dei fondi verso l’agenzia istituita per fornire assistenza ai rifugiati palestinesi in seguito all’esodo del 1948 e alla nascita dello stato di Israele (la Nakba o catastrofe del popolo palestinese).

Coerentemente con quanto successo più volte negli scorsi mesi, le accuse mosse da Israele sono state prese per vere da buona parte del blocco occidentale alleato di Tel Aviv, sebbene in più di un’occasione, già prima del 7 ottobre, il governo israeliano abbia dimostrato la tendenza a mistificare gli avvenimenti per consolidare la propria posizione a livello internazionale e offrire al mondo l’immagine di una vittima costretta a usare la forza per difendersi dall’ostilità del mondo arabo e da nuove ondate di antisemitismo.

La scelta di far trapelare il dossier proprio nel giorno dell’attesissima pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia sul caso avviato dal Sud Africa può essere interpretata come un tentativo, ben riuscito, di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale dalla storica ordinanza del Tribunale dell’Aja, avvalendosi del supporto incondizionato degli alleati e della propria capacità di presentarsi come parte lesa nella dicotomia tra forze del bene e forze del male che è stata più volte invocata dalla leadership israeliana negli scorsi mesi.

Inoltre, secondo il portavoce dell’ONU Stephane Dujarric, Israele non avrebbe ancora diffuso con le Nazioni Unite il dossier contenente le prove delle accuse di coinvolgimento dei dipendenti dell’UNRWA. Da parte degli stessi vertici delle Nazioni Unite è subito emersa la massima condanna nei confronti del coinvolgimento di funzionari di UNRWA agli attacchi del 7 ottobre e il direttore dell’agenzia Philippe Lazzarini si è esposto in prima persona definendo “scioccanti” le accuse delle autorità israeliane. Nove dei dipendenti accusati sono già stati licenziati mentre, secondo quanto riportato, due avrebbero perso la vita e uno non sarebbe rintracciabile. In una nota diffusa per mezzo social, Philippe Lazzarini ha rimarcato come la lista dei dipendenti di UNRWA venga puntualmente condivisa con Israele e ha definito «un’ulteriore punizione collettiva» per il popolo di Gaza la scelta di tagliare i finanziamenti.

L’agenzia ha inoltre comunicato che, dovessero effettivamente venire meno i contributi dei Paesi che hanno annunciato i tagli (tra i quali gli Stati Uniti sono il maggiore donatore con oltre 343 milioni di dollari annui), entro fine febbraio sarà costretta a chiudere battenti. Sono anni che UNRWA si trova in situazioni economiche disastrose e già nel corso dell’amministrazione Trump gli Stati Uniti avevano tagliato i fondi all’agenzia compromettendo il lavoro con cui, da quasi 75 anni, fornisce servizi essenziali ai rifugiati palestinesi costretti ad abbandonare le proprie case e che oggi assiste più di 5 milioni di persone tra Territori occupati della Cisgiordania, Gaza, Libano, Siria e Giordania.

Ad oggi sono complessivamente 30.000 gli impiegati di UNRWA, di cui 13.000 solo nella Striscia di Gaza. Nonostante le accuse di Israele, i rapporti tra l’agenzia e Hamas sono tutt’altro che distesi, e in più di un’occasione l’organizzazione islamista è intervenuta con la forza per sospendere attività che considerava contrarie alla propria agenda politica. In un contesto di estrema marginalità e disoccupazione e all’interno di uno dei territori con la maggiore densità abitativa al mondo, tuttavia, è pressoché inevitabile che si vengano a creare sovrapposizioni tra quelle che sono le due principali fonti di lavoro all’interno della Striscia di Gaza.

UNRWA costituisce storicamente un unicum nella galassia delle agenzie e dei fondi delle Nazioni Unite, rappresentando l’unica agenzia dedicata a un gruppo etnico specifico e delimitato. L’esistenza dell’UNRWA, il cui mandato viene rinnovato ciclicamente, rappresenta per i palestinesi la garanzia i della sopravvivenza del diritto al ritorno alle proprie terre sancito dalla risoluzione 194 del 1948. Da anni Bibi Netanyahu chiede la chiusura dell’agenzia proprio perché essa permette la trasmissione dello status di rifugiato da una generazione all’altra, mantenendo di fatto in vita la questione del destino dei rifugiati palestinesi anche per chi non ha subito in prima persona l’esodo del 1948. Qualora dovesse cessare il lavoro dell’UNRWA, i rifugiati palestinesi passerebbero sotto il controllo di UNHCR (l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), il cui mandato mira all’integrazione dei migranti nel paese di destinazione e non al ritorno verso le terre di origine.

Le accuse di Israele, dunque, possono essere viste sia come un tentativo di ricompattare alle proprie spalle il blocco occidentale proprio mentre Tel Aviv, con la pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia, è sottoposta alla massima pressione internazionale, sia come un colpo di mano per sbarazzarsi definitivamente di un’agenzia che, alla luce dell’inesorabile deriva verso l’estrema destra della società civile israeliana, è sempre più vista come un argine ai tentativi di aumentare il controllo nei territori occupati in contravvenzione al diritto internazionale.

Nell’immediato futuro una cessazione delle attività di UNRWA contribuirebbe ad aggravare la catastrofe umanitaria a Gaza e priverebbe i palestinesi di un punto di riferimento essenziale per gli oltre 5 milioni di rifugiati palestinesi sparsi nella regione. Oxfam e altre 19 ONG hanno diffuso nei giorni scorsi un appello a riprendere i finanziamenti parlando di “decisione sconsiderata”.

Quella che si configura come l’ennesima misura punitiva nei confronti del popolo palestinese potrebbe però trasformarsi, sul lungo periodo, nel definitivo accantonamento della questione dei rifugiati palestinesi e del diritto al ritorno sancito dalle risoluzioni ONU. L’impressione è che Israele stia usando gli attacchi del 7 ottobre come pretesto per risolvere le questioni irrisolte che da decenni limitano la libertà di manovra nella regione. Ciò che resta da verificare è come il mondo arabo e il blocco dei non allineati all’agenda imposta da Stati Uniti e Unione Europea reagiranno alla sempre più evidente hybris israeliana.

A quasi due anni dall’invasione russa in Ucraina e con una situazione sempre più esplosiva in Medio Oriente, i continui azzardi di Israele rischiano di accentuare la divisione del pianeta in blocchi in contrapposti. L’iniziativa del Sud Africa ha lanciato un primo segnale della volontà dei paesi del Sud del pianeta di trovare una propria dimensione alternativa rispetto a quella imposta dalle potenze tradizionali. L’appoggio incondizionato a Israele potrebbe portare l’Occidente a inimicarsi definitivamente una porzione di mondo e, forse, a smascherare definitivamente quel velo di ipocrisia che vede Stati Uniti e Unione Europea come paladini della difesa dei diritti umani in contrapposizione alle autocrazie del blocco non atlantista.

[di Lorenzo Giovannetti]

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1 commento

  1. Israele se non si ritira ai confini lei originariamente dati dalla risoluzione del’Onu perderà, questo il mio giudizio professionale quale Cavaliere Teutonico di Gerusalemme dal 1353 quando questa era del Saladino Egiziano, cui mi aspetto tornerà.
    Poco da essere contenti, sarà la meritata fine dell’Occidente per Secoli e colpevoli Germania ed Italia fascisti che invece di dare il diritto di Cittadinanza a tutti gli Ebrei e Samaritani, preferiamo l’invasione dall’Africa di personale privo di qualunque esperienza professionale e civile.
    Se l’Europa porta avanti la propria fine, per quanto le mie deboli capacità, l’aiuterò almeno a raggiungerla rapidamente e in modo poco doloroso, quindi senza nemmeno capirlo, perciò leggete con cura quanto sopra che non verrà più ripetuto.

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