mercoledì 3 Luglio 2024

Esplosione del gasdotto Snam in Abruzzo: per i giudici nessun colpevole

Il giudice di primo grado del tribunale di Teramo ha assolto i 18 imputati finiti alla sbarra in seguito all’esplosione di un gasdotto della multinazionale Snam Rete Gas verificatasi a Mutignano di Pineto, in provincia di Teramo, il 6 marzo del 2015. Il pubblico ministero Silvia Scamurra aveva chiesto 4 assoluzioni e 14 condanne per complessivi 24 anni di pena, contestando il reato di disastro colposo a tutti gli imputati. Secondo il magistrato, tuttavia, il fatto non sussiste. Nessun colpevole, quindi, per una vera e propria tragedia mancata. L’esplosione del gasdotto, infatti, provocò la distruzione di una casa sita nei pressi della condotta e il danneggiamento di altre abitazioni. Alcune auto finirono in fiamme e l’incendio si propagò nel bosco circostante per un centinaio di metri. Non ci furono vittime, ma sette persone rimasero ferite. Fortunatamente, nell’area non era inoltre presente lo scuolabus su cui quotidianamente viaggiano i ragazzi del borgo, essendo state chiuse le scuole per maltempo. Le motivazioni della sentenza verranno pubblicate entro 90 giorni.

Un fatto estremamente grave che evidenzia, ancora una volta, le falle del sistema giudiziario italiano e i rischi associati alla presenza di infrastrutture per il trasporto dei combustibili fossili. Nonostante la propaganda e le rassicurazioni della stessa Snam, l’evento ha infatti palesato quanto sia incerto il livello di sicurezza degli impianti metaniferi italiani. Ad allarmare, in particolare, vi è la normativa attuale, secondo cui è possibile realizzare metanodotti anche a breve distanza, come 30 metri, dagli edifici e dai luoghi pubblici. Eppure, come ha dimostrato il caso abruzzese, gli effetti dell’esplosione possono coinvolgere zone distanti anche più di cento metri. Senza contare che l’infrastruttura coinvolta nell’incidente è da considerarsi di piccole dimensioni. Se ad esplodere vi fosse un gasdotto più grande le conseguenze potrebbero essere quindi disastrose. Al riguardo, come non menzionare la Linea Adriatica, un metanodotto di 430 chilometri, con una portata più di tre volte maggiore di quella del gasdotto esploso, che sempre Snam vorrebbe realizzare a cavallo tra sei regioni. Un progetto controverso che ha da subito incontrato l’opposizione delle popolazioni locali per diverse ragioni, prima fra tutte il fatto che la società di infrastrutture energetiche vorrebbe realizzarlo in aree classificate ad alto rischio sismico.

Ciononostante, l’opera in questione è stata persino ritenuta di interesse nazionale e il Governo ha già autorizzato due dei tre tratti e si appresta ad autorizzare il terzo. L’opera costerà ben 2 miliardi e 500 milioni di euro e verrà impiegata per la sola esportazione. «Ciò che sorprende maggiormente è l’insistenza della Snam per un’opera anacronistica e del tutto inutile – hanno spiegato qualche mese fa i comitati di cittadini contrari all’infrastruttura – il progetto risale a vent’anni fa, quando si pensava che il consumo di metano in Italia dovesse superare i 100 miliardi di metri cubi. Ma così non è stato. Dopo un picco massimo di 86,3 miliardi di metri cubi nel 2005, è iniziata una irreversibile discesa fino ad arrivare ai giorni nostri a circa 60/62 miliardi di metri cubi, che è l’obiettivo che l’Italia ha stabilito di raggiungere nel 2030. E tutte le previsioni ci dicono che nei prossimi anni i consumi di gas scenderanno ancora». Ma è il disinteresse per la sicurezza pubblica il vero motivo delle proteste. Le aree che il gasdotto attraverserebbe, infatti, sono già state interessate da terremoti, nel 2009, nel 2016 e nel 2017. «Siamo di fronte al una vera e propria follia che va fermata prima che produca danni irreparabili anche all’ambiente, al clima, all’economia», hanno aggiunto i comitati chiedendo la cancellazione non solo della Linea Adriatica, ma anche di tutte le altre infrastrutture energetiche in programma nel settore dei combustibili fossili.

[di Simone Valeri]

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