Si chiama J0529-4351, dista oltre 12 miliardi di luce dalla Terra, “inghiotte” ogni giorno più massa di quella contenuta nel nostro sole e, secondo gli scienziati che hanno effettuato la ricerca, è il quasar più luminoso mai visto, tanto luminoso da confondere persino gli algoritmi di machine learning, che proprio per questo motivo hanno impiegato anni per riconoscerlo. È il risultato della scoperta avvenuta grazie al Very Large Telescope (VLT) dell’European Southern Observatory (ESO), già inserita in uno studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su Nature Astronomy. Inoltre, il suo disco di accrescimento potrebbe essere il più grande mai osservato: è largo ben 7 anni luce, cioè circa 66.000 miliardi di chilometri, ovvero abbastanza per ricoprire circa 15.000 volte la distanza tra il Sole e Nettuno. «Questo quasar è il luogo più violento che conosciamo nell’universo», ha commentato Christian Wolf, coautore dello studio, professore e ricercatore post-dottorato dell’Australian National University.
I quasar (da “quasi-stellar radio source”, in italiano “radiosorgente quasi stellare”), sono nuclei galattici attivi alimentati da buchi neri supermassicci ed estremamente luminosi. Il termine fu coniato dall’astrofisico Hong-Yee Chiu nel 1964 e, grazie ad osservazioni nello spazio profondo, si ritiene che la loro origine sarebbe riconducibile alle collisioni tra galassie, che spingerebbero i gas verso i nuclei centrali ponendoli a contatto con i buchi neri causando il rilascio di enormi quantità di energia. Nel caso di J0529-4351, si tratta di un buco nero risalente ad almeno 12 miliardi di anni fa con una massa di 17 miliardi di volte quella del Sole ed una luminosità da record: pari a 500.000 miliardi di stelle simili alla nostra, la più alta mai registrata secondo i ricercatori. Il tutto accompagnato da un disco di accrescimento lungo 7 anni luce che continua a rimanere stabile grazie alla quantità da record di materia assorbita: la massa di J0529-4351 cresce di oltre 23.000 miliardi di miliardi di tonnellate ogni secondo, ovvero l’equivalente di circa 4 pianeti come la Terra.
L’oggetto era stato scoperto nel lontano 1980, ma la sua elevata luminosità lo aveva fatto classificare come una stella. Infatti, siccome nessun quasar presentava una luminosità simili, gli algoritmi, che si basano sullo storico dei dati, non hanno mai individuato J0529-4351 come un quasar, scambiandolo invece per un altro corpo celeste non troppo distante. I dubbi sono sorti invece lo scorso anno grazie alle osservazioni eseguite con il telescopio dell’Università Nazionale Australiana e confermati poi dal Very Large Telescope situato nel deserto cileno di Atacama. «È una sorpresa che sia rimasto sconosciuto fino a oggi, quando conosciamo già un milione circa di quasar meno notevoli», ha dichiarato Christopher Onken, astronomo dell’Università Nazionale Australiana.
Inoltre, secondo il comunicato stampa dell’Eastern Southern Observatory, la nuova scoperta sarà un obiettivo perfetto per l’aggiornamento del progetto GRAVITY+ sull’interferometro del Very Large Telescope, ovvero uno strumento che consentirà la cattura di immagini raffiguranti gli oggetti astronomici più “deboli” e remoti dell’Universo affinando al contempo la precisione ad alto contrasto sugli oggetti altamente luminosi. Tuttavia, non c’è solo il miglioramento delle tecnologie tra i motivi che spingono i ricercatori ad effettuare nuove scoperte: «Personalmente, mi piace semplicemente la caccia. Per qualche minuto al giorno mi sento di nuovo un bambino, mentre gioco alla caccia al tesoro, e ora metto sul tavolo tutto quello che ho imparato da allora», ha concluso Christian Wolf.
[di Roberto Demaio]