L’olio di palma ora grava meno sulla deforestazione del Pianeta. Lo ha dimostrato l’ultimo report annuale dell’ente no-profit Carbon Disclosure Project (CDP). Il documento, elaborando i dati forniti da 687 aziende, ha fatto il punto su tracciabilità ed impegni per rimuovere la deforestazione dalla catena del valore. L’obiettivo di eliminarla entro il 2020 – è emerso – non è stato raggiunto. Ma le campagne di sensibilizzazione hanno avuto gli effetti sperati. L’industria della palma da olio, complici la pressione mediatica e l’impegno dei cittadini, infatti, è risultato l’unico settore in miglioramento. Male, invece, il business dell’allevamento e delle piantagioni di soia. Il 93% delle aziende nel 2020, comunque, ha attuato almeno una delle misure consigliate per limitare la deforestazione.
Palma da olio, prodotti in legno, allevamento, soia, gomma naturale, cacao e caffè, sono i settori che più di tutti concorrono alla deforestazione globale. Le coltivazioni di palma da olio, in particolare, sono state a lungo considerate la principale causa di disboscamento in tutto il mondo. Le aree più colpite sono il Borneo e l’isola indonesiana di Sumatra. Solo in quest’ultima si stima che oltre 123mila chilometri quadrati di terreno siano dedicate alla coltivazione della palma da olio. Le campagne mediatiche e di pressione che negli ultimi anni hanno investito l’olio di palma, tuttavia, hanno rimodellato le scelte dei cittadini e, di conseguenza, il mercato.