giovedì 21 Novembre 2024

La Cassazione boccia gli autovelox non omologati: migliaia di multe verso la revoca?

Le multe spiccate per eccesso di velocità che scaturiscono dalle rilevazioni di apparecchi uguali a quelli utilizzati dal Comune di Treviso sulla tangenziale potrebbero essere presto cestinate. La Corte di Cassazione ha infatti recentemente accolto il ricorso di un avvocato della città veneta che, in veste di automobilista, era stato sanzionato per aver viaggiato a 97 km/h in un tratto della strada regionale n.53 in cui il limite si attesta a 90 km/h. Secondo la pronuncia degli ermellini, le apparecchiature in questione – che sono state autorizzate dal ministero delle Infrastrutture – non sarebbero infatti state sottoposte dall’esecutivo a una verifica tecnica più precisa, obbligatoria per la loro corretta omologazione. Tale vulnus legislativo, in assenza di un intervento che lo colmi, potrebbe quindi comportare la revoca delle sanzioni frutto delle rilevazioni degli autovelox ritenuti, almeno per il momento, non in regola.

A “fotografare” l’infrazione dell’avvocato era stato un apparecchio Red & Speed-Evo-L2, approvato ma non omologato. In prima battuta, il legale si era rivolto al giudice di pace e al giudice ordinario. Il Comune di Treviso ha poi fatto ricorso fino alla Corte di Cassazione, che ha messo nero su bianco che “la sentenza impugnata ha operato una distinzione tra i due procedimenti” – ovvero quelli di autorizzazione e omologazione – dal momento che “l’approvazione non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni, mentre l’omologazione autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio”. La sentenza della Suprema Corte spiana dunque la strada agli automobilisti multati, cui ora sarebbe permesso di avanzare ricorso direttamente al giudice di pace, con la forte probabilità che il Comune di Treviso sia chiamato ad annullare multe che hanno fruttato alle casse comunali circa 8 milioni di euro soltanto nel 2023. Infatti, la riforma del codice della strada, all’interno del testo approvato al Senato, aveva parificato le due procedure, ma successivamente lo specifico passaggio è stato rimosso nel provvedimento approvato a Montecitorio. Così, l’unico modo per rendere non impugnabili le multe è quello dell’omologazione. Di cui, però, molti autovelox in Italia non sarebbero forniti: in Veneto, il maggior numero degli apparecchi, come quello della tangenziale di Treviso, sono solo “autorizzati”, ma non “omologati”. L’Amministrazione della città veneta non ha comunque intenzione di spegnere l’autovelox oggetto della contesa: “Preso atto dell’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, fermo restando un maggiore approfondimento delle motivazioni e delle conseguenze del citato provvedimento anche con la ditta che fornisce la strumentazione – è stato scritto in una nota dal Comune di Treviso – si ritiene opportuno mantenere operativi i sistemi di rilevazione della velocità considerato che i termini per l’eventuale notificazione delle sanzioni possono scadere successivamente all’emanazione di ulteriori pronunce giurisprudenziali o auspicabili provvedimenti normativi o regolamentari”. Si aspetta dunque di capire come evolverà la situazione a seconda dei possibili interventi di carattere normativo che potranno vedere la luce nelle prossime settimane.

Le pronunce della Cassazione sono dirimenti per delineare la corretta interpretazione delle leggi e, per questo motivo, i giudici – senza un vero e proprio automatismo – le usano sovente come indirizzo per decidere su casi analoghi. Ciò spinge a ipotizzare molto concretamente come questa sentenza possa avere particolari conseguenze sulle successive pronunce dei giudici di pace, che basandosi sul verdetto degli ermellini potrebbero annullare le sanzioni nei casi in cui gli autovelox non fossero omologati, non soltanto in Veneto. «La decisione della Cassazione espone a ricorso e potenzialmente annullamento gran parte delle violazioni contestate, ponendo in gravi difficoltà, anche di ordine finanziario, i Comuni – ha dichiarato al Corriere del Veneto Carlo Rapicavoli, direttore dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Veneto -. Un’ennesima prova della difficoltà per gli enti locali nel districarsi tra norme poco chiare e circolari interpretative che poi non resistono alle pronunce giurisdizionali. Bisogna rimediare con urgenza». A ogni modo, per presentare regolare ricorso è presente un tempo limite di 60 giorni quando ci si rivolge al Prefetto, mentre se si opta per il giudice di pace i tempi si riducono a 30 giorni.

[di Stefano Baudino]

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