domenica 22 Dicembre 2024

“Il vostro messaggio è arrivato”: Gaza ringrazia le proteste studentesche nel mondo

Decine di profughi di Gaza sfollati a Rafah, tra cui molti bambini e ragazzi, hanno organizzato ieri un sit-in di ringraziamento nei confronti delle migliaia di studenti che hanno animato le proteste studentesche pro-Palestina che, nelle ultime settimane, sono andate in scena negli Stati Uniti e in Europa. Nei filmati che sono stati diffusi, si vedono decine di adolescenti, riuniti intorno a tende di fortuna nei pressi di una scuola che ora viene utilizzata come rifugio, mostrare cartelli con scritte di solidarietà all’indirizzo dei manifestanti, la cui azione, settimana dopo settimana, si fa sempre più diffusa e penetrante. Alcuni profughi hanno poi scritto con lo spray sul tessuto delle tende in cui sono costretti a passare i giorni e le notti messaggi di gratitudine indirizzati agli universitari in protesta, chiedendo loro di non demordere.

“Continuate a stare al nostro fianco”, “smettete di uccidere i bambini, restituiteci l’istruzione”, “violare il nostro diritto all’istruzione e alla vita è un crimine di guerra”, “gli studenti stanno morendo”. Sono solo alcune delle tante scritte mostrate sui cartelli nel corso della manifestazione dagli sfollati a Rafah, centro di confine a Sud della Striscia che sta vivendo l’angoscia di una sempre più probabile invasione da parte dell’esercito israeliano. Alcuni sono messaggi di denuncia, altri di gratitudine, come quello che recita “studenti della Columbia University, continuate a sostenerci”. Proprio dall’ateneo newyorkese è infatti partita, una decina di giorni fa, un’ondata di proteste in favore del popolo palestinese che si è espansa a moltissime altre università americane che, negli ultimi giorni, è stata soffocata da una pesante repressione da parte delle forze di polizia, per poi ispirare altre proteste nelle città europee. All’interno dei filmati, circolati sui social network, si vedono persone che scrivono con lo spray messaggi di ringraziamento sul tessuto delle tende. “Grazie, studenti solidali con Gaza. Il vostro messaggio ci ha raggiunto”, recita uno di essi. «Sono messaggi di ringraziamento sulle nostre tende, quelle tende che non ci proteggono dal caldo o dal freddo. Il minimo che possiamo fare è ringraziarli. Non possiamo scrivere questi messaggi di ringraziamento sui muri delle nostre case perché non abbiamo case. Sono state distrutte sopra i nostri bambini, anziani e donne», ha detto Takfeer Abu-Yousuf, uno studente sfollato di Beit Hanoun, città nel nord di Gaza.

A encomiare l’impegno e il coraggio degli studenti che negli USA e in Europa si stanno mobilitando per il popolo di Gaza è stata anche Bisan Owda, giovane giornalista e attivista palestinese, uno dei volti più noti tra quelli che stanno raccontando giorno per giorno le vicende del conflitto Israele-Palestina nella Striscia. «Questi giovani eroi nelle università di tutta l’America e del mondo sono più forti dell’ultima occupazione della storia. E per la prima volta nella nostra vita di palestinesi, sentiamo una voce più forte delle loro voci e del suono dei loro colpi e persino più forte del loro controllo in tutti gli aspetti della nostra vita», ha detto Bisan in un messaggio diramato sui social, sottolineando come siano «i bambini e i giovani a guidare il movimento per una Palestina libera, mettendo in gioco tutto ciò che hanno per chiedere giustizia, la fine del genocidio e una nuova era del mondo, non basata sull’oppressione, lo sfruttamento o il colonialismo». «Sapete qual è la parte migliore? – ha concluso Bisan -. Che le manifestazioni e gli appelli a boicottare le istituzioni accademiche non sono limitati a determinate persone di una certa religione, cultura, colore, razza o magari livello economico. Siamo tutti diversi. Quindi non possiamo più essere accusati di antisemitismo o di essere al servizio di qualche agenda esterna».

I primi a distinguersi per l’intensità delle proteste sono stati gli studenti della Columbia University di New York, accampati da dieci giorni all’interno di tende allestite al campus per protestare contro l’eccidio dei palestinesi e i finanziamenti dell’Amministrazione USA a Israele. Da quel momento, si sono verificati oltre 100 arresti da parte delle forze del’ordine e decine di sospensioni. Negli stessi giorni, hanno intrapreso azioni dimostrative – venendo colpiti da decine di arresti – gli studenti della New York University, a Manhattan, e della Yale University a New Haven, nel Connecticut. La protesta si è rapidamente espansa anche in altri atenei, come l’Università Emory di Atlanta, dove le forze dell’ordine hanno usato taser e gas lacrimogeni contro gli studenti e arrestato anche due docenti, e l’Università del Texas ad Austin, dove le manifestazioni sono state represse dalla polizia in tenuta antisommossa e a cavallo. Tra le altre, sono poi state coinvolte anche le università di Los Angeles, Boston, Harvard e New Haven.

In Europa, le mobilitazioni più significative sono avvenute a Parigi, presso il prestigioso istituto di studi politici Sciences Po, dove nella notte tra giovedì e venerdì circa 50 persone hanno occupato la struttura, bloccando l’ingresso con bidoni dell’immondizia e oggetti di legno e metallo, e a Berlino, dove la polizia ha sgomberato un accampamento di studenti pro-Palestina nei pressi dell’edificio della cancelleria. Nel corso degli scontri, che hanno visto anche la partecipazione di altri universitari arrivati a supporto dei colleghi, sono state arrestate circa 75 persone. La situazione è calda anche a Roma, dove gli studenti dell’università La Sapienza hanno annunciato un’agitazione permanente fino a quando non potranno incontrare la rettrice Antonella Polimeni. «Vogliamo discutere democraticamente con la governance della nostra università nel merito degli accordi di collaborazione con università israeliane e con l’industria militare, e richiedere direttamente e pubblicamente, davanti a tutte, la recisione dei suddetti accordi», hanno dichiarato.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria