Il telescopio James Webb continua ad effettuare scoperte mozzafiato: dopo stelle di neutroni dentro a supernove, pianeti che hanno diviso in due la comunità scientifica e nane brune che sfidano gli attuali modelli astronomici, questa volta è toccato ad un record. È stata infatti appena scoperta la coppia più distante di buchi neri super massicci in fusione mai rivelata nella storia dell’esplorazione spaziale. Si trovano a 13 miliardi di anni luce dalla Terra e quando sono nati, quindi, l’universo aveva appena 730 milioni di anni e si trovava ancora nel suo “periodo giovanile”. «Sono due buchi neri davvero enormi», talmente grandi – spiegano i ricercatori – che serviranno ulteriori analisi per indagare come abbiano fatto ad inghiottire così tanta materia in poco tempo. «I nostri risultati suggeriscono che la fusione è un percorso importante attraverso il quale i buchi neri possono crescere rapidamente, anche all’alba cosmica», ha spiegato Hannah Übler, ricercatrice del Kavli Institute for Cosmology e coautrice della ricerca, che è stata sottoposta a revisione paritaria e pubblicata su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
I due buchi neri appartengono ad un sistema denominato ZS7, distano circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra e quindi, oltre ad essere i più distanti mai osservati in questo stato, sono anche i meno recenti. Ciascuno è circa 50 milioni di volte più massiccio del Sole e 10 volte più massiccio del mostro galattico presente al centro della Via Lattea, ovvero Sagittarius A*. Per la scoperta – spiegano i ricercatori – è risultato fondamentale utilizzare il telescopio James Webb di NASA, ESA e CSA, che ha rilevato alcune caratteristiche spettrografiche distintive altrimenti inosservabili dalla Terra. «Abbiamo trovato prove dell’esistenza di gas molto denso con movimenti rapidi in prossimità del buco nero, nonché di gas caldo e altamente ionizzato illuminato dalla radiazione energetica tipicamente prodotta dai buchi neri nei loro episodi di accrescimento. Grazie alla nitidezza senza precedenti delle sue capacità di imaging, Webb ha anche permesso al nostro team di separare spazialmente i due buchi neri», ha dichiarato Hannah Übler, ricercatrice del Kavli Institute for Cosmology e coautrice della ricerca, che ha aggiunto: «I nostri risultati suggeriscono che la fusione è un percorso importante attraverso il quale i buchi neri possono crescere rapidamente, anche all’alba cosmica. Insieme ad altre scoperte di Webb di buchi neri massicci e attivi nell’Universo lontano, i nostri risultati mostrano anche che i buchi neri massicci hanno modellato l’evoluzione delle galassie fin dall’inizio».
Gli scienziati hanno aggiunto poi che una volta che i due buchi neri si fonderanno completamente, il fenomeno genererà onde gravitazionali, ovvero increspature invisibili nel tessuto dello spaziotempo. Eventi simili – spiega l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) – saranno rilevabili con la prossima generazione di osservatori di onde gravitazionali come la prossima missione Laser Interferometer Space Antenna (LISA), che sarà il primo osservatorio spaziale dedicato allo studio delle onde gravitazionali: «I risultati di Webb ci dicono che i sistemi più leggeri rilevabili da LISA dovrebbero essere molto più frequenti di quanto si pensasse in precedenza. Molto probabilmente ci costringerà ad adattare i nostri modelli per i tassi LISA in questo intervallo di massa. Questa è solo la punta dell’iceberg», ha affermato Nora Luetzgendorf, scienziata a capo del progetto LISA dell’ESA. Infine, al team è stato assegnato un nuovo programma di osservazioni col James Webb che studierà la relazione tra i buchi neri massicci e le galassie che li ospitano nel primo miliardo di anni. Tale missione potrebbe determinare la velocità con cui avveniva la fusione di buchi neri all’alba dell’universo e valuterà il ruolo della fusione nella crescita iniziale dei buchi neri e la velocità con cui le rispettive onde gravitazionali vengono prodotte.
[di Roberto Demaio]